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La riflessione. Creonte, Polinice e i platiesi

  •   Pasquale Catanzariti
La riflessione. Creonte, Polinice e i platiesi

Qualche settimana fa è andata in scena a Platì, con qualche variante rispetto all’originale, la rappresentazione della tragedia greca: Antigone di Sofocle.

Polinice (reo di Stato) muore di malasanità e mala detenzione nel carcere di Vibo; Creonte (Stato) si sente in colpa per questa morte e teme manifestazioni e contestazioni contro la sua figura durante i funerali e pertanto ordina che questi vengano svolti in forma privata e che la salma non entri in chiesa; Antigone (Chiesa) nella persona del parroco di Platì, padre Giuseppe obbedisce a Creonte ma ricorre contro la decisione asserendo: Non Giove a me lanciò simile bando, né la Giustizia, che dimora insieme coi demoni d'Averno, onde altre leggi  furono imposte agli uomini; e i tuoi bandi io non credei che tanta forza avessero da far sì che le leggi dei Celesti, non scritte, ed incrollabili, potesse soverchiare un mortale: ché non adesso furono sancite, o ieri: eterne vivono; e nessuno conosce il giorno in cui nacquero. E violarle e renderne ragione ai Numi, non potevo io, per timore d'alcun superbo. Che io dovessi morire, ben lo sapevo, e come no?, pur senza l'annuncio tuo. Ma se prima del tempo morrò, guadagno questo io lo considero:per chi vive, com'io vivo, fra tante pene, un guadagno non sarà la morte? Per me, dunque, affrontar tale destino, doglia è da nulla. Ma se l'uomo nato da mia madre avessi abbandonato, salma insepolta, allora sì, mi sarei accorata: del resto non m'accoro. Tu dirai che da folle io mi comporto; ma forse di follia m'accusa un folle.»;

risponde Creonte: “chi le leggi tracotante viola,e vuole ordini imporre a chi governa, mai non sarà che lode abbia da me. Ma chi dai cittadini eletto fu, nelle minime cose e nelle giuste obbedito esser deve ed in ogni altra.  Male maggiore invece non esiste della mancanza d'ordine: per questa vanno in rovina le città, disperse vanno le case, le schiere alleate fuggono infrante dalla pugna. Invece, la disciplina dà vittoria, e salva ai più la vita. Non lo potrete seppellire, neppure se volessero l'aquile di Giove le sue carni predar, recarle innanzi al trono del gran Dio: neppure allora, per evitar tanta sozzura, il corpo io seppellire lascerò”. Anche il coro (giornalisti e social-giustizialisti) attacca Antigone accusandolo di connivenza con il reo di Stato, Antigone è votata al martirio per sua stessa definizione ma non può sopportare di essere accostata ai rei di Stato e a questo punto abbassa il capo e ammette il suo errore; compie inoltre, una serie di atti volti a dimostrare non solo la sua completa estraneità, ma altresì di essere in prima linea nella lotta alla malapianta. La tragedia si conclude con il parroco e i suoi parrocchiani abbandonati a se stessi ed esposti al pubblico ludibrio del giustizialismo, che li inonda di insulti attraverso tutti i mezzi di comunicazione.

Sono finiti i tempi in cui lo Stato e la chiesa si facevano promotori della costituzione di cooperative agricole per contrastare la presenza della ndrangheta creando opportunità di lavoro; quelle realtà costituite oltre vent’anni fa, e altre nate successivamente sulla stessa onda, producono ancora piccoli frutti che ogni mattina attraversano l’Italia a raggiungere il trentino e testimoniare che la repressione è la strada da seguire, ma soltanto se unita al tentativo di dare un’alternativa di lavoro può rendere visibilmente sconveniente oltre che sbagliata la scelta di delinquere. Allora, di fronte alla richiesta di certificazione antimafia della cooperativa del vescovo, l’allora presidente della commissione parlamentare antimafia intervenendo sulla questione disse che: “non rischiare è più rischioso che rischiare”, dando di fatto il via libera al prefetto a trovare la giusta procedura amministrativa per la consegna del certificato.

Tanto tempo è passato da quel giorno; oggi Platì è accerchiata dallo Stato, dalla Chiesa e dai media che, salvo rare eccezioni, come un sol uomo assestano colpi terribili conto un territorio e i suoi abitanti. I platiesi, non sapendo e non avendo i mezzi per utilizzare il diritto di replica, danno sfogo alla storica diffidenza verso i giornalisti insultando verbalmente e pesantemente i giornalisti venuti a fare i loro reportage, che a quel punto sono felici di avere trovato lo spunto e la conferma per scrivere quello che già si erano pensati prima di partire da casa. Non è vero che lo Stato non entra a Platì; lo Stato è presente a Platì come o forse più che in ogni altra parte d’Italia; di sicuro con queste premesse non entrerà mai nel cuore dei platiesi.      

Passerà il tempo, caleranno i riflettori, Stato e Chiesa torneranno a Platì senza il coro, e, dal pulpito della ormai famigerata sala parrocchiale troveranno le giuste parole a contrastare il qualunquismo esasperato oggi serpeggiante tra i platiesi; parleranno di sviluppo, di misericordia, di contrasto al dissesto idrogeologico e di speranza. E i platiesi ci crederanno ancora, o faranno finta, perché se è vero che le parole non servono a niente se non supportate dai fatti, è pur vero che la speranza oltre ad essere l’ultima a morire, aiuta a non morire.


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