La riflessione. «El Caribe sia l'araba fenice melitese»
- Mario Alberti
La sostenuta reazione della società civile melitese all’indegno atto perpetrato nei confronti dell’amico Silvestro Palumbo, da tutti conosciuto come Sile, giovane imprenditore, è stata decisa e meritoria.
L’apertura di un conto corrente bancario, la disponibilità a ripulire l’area, il sostegno pubblico nei social, mettendoci la faccia, non è cosa di tutti i giorni.
Al di là del vigliacco gesto, anche se è veramente difficile andare al di là, la reazione commuove, inorgoglisce e traccia la strada.
E da ciò occorre ripartire.
Molti giovani hanno toccato per mano a cosa può arrivare questa indegna sub cultura, indubbiamente mafiosa, di arrogante prevaricazione e che tende a schiacciare ogni forma di rinascita della nostra terra.
Le mani degli imbecilli, che qualche notte fa hanno tenuto il cerino in mano, sono state armate senza ombra di dubbio da questa subcultura.
Mi diviene difficile chiamarla cultura.
La cultura è un’altra cosa, e non va confusa con la più inequivocabile bestialità.
Il messaggio che si vuol far passare è violento, e soprattutto virulento.
Nulla senza di noi, nulla sopra di noi. Nulla che non sappiamo. Nulla che non approviamo.
Ad essere aggredito è il concetto di libertà nella sua ampia eccezione.
Nel mentre mi confortano le reazioni dei giovani, sento ancora permanere, soprattutto nella mia generazione, forte il convincimento che nulla potrà cambiare.
Ma è veramente così?
Può una masnada di imbecilli sovrastare una moltitudine di onesti?
Si, se questi non reagiscono.
Si se questi si girano dall’altra parte, o meglio tendono ad ignorare il fenomeno.
O generalizzare.
Tutto è mafia, nulla è mafia.
A Melito, come scrissi di getto sui social, vi è gente di merda, perdonatemi il termine crudo e forte. Ma non è un paese di merda!
Ed i giovani di Melito lo hanno dimostrato.
Se vi sono gli imbecilli piromani, e non vi è alcun dubbio, vi sono centinaia di giovani che, mettendoci la faccia, non hanno esitato a condannare e schierarsi apertamente, manifestando il loro sdegno con veemenza e chiarezza.
Non è poco in un contesto che a tutt’oggi, a citare la parola “ ndrangheta”, alcuni abbassano la voce.
Mi sembra di sentire, o vedere, alcuni lettori che contestano il fatto che ogni cosa che accade nel paese è figlia della ndrangheta.
Ma, scusate, un gesto simile, può essere stato partorito da altro se non da quella aberrante sub cultura mafiosa che pervade e schiaccia il nostro territorio?
Nulla fuori di me e senza di me. Altro non credo.
Allora ripartiamo dai giovani della rete. Da Giulia, Alessia, Federico, Letizia, e tanti altri che hanno condannato apertamente, ed a voce alta, il gesto, piangendo con Sile alla vista delle ceneri del Caribe.
Da quelle lacrime sorgerà la rivolta.
Sia il Caribe l’Araba Fenice melitese.
E siano i giovani la certezza, la forza e la speranza che disarma la mano degli imbecilli.
Di certo, dopo l’indegno rogo, nulla sarà come prima.