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  •   Mimmo Musolino
Mala sanitas. Quando, a uccidere tuo figlio, è tuo fratello…

Ormai non si riesce più a discernere tra finzione e fantasia da film horror e drammatica, nefasta e crudele realtà. La mamma è la traviata “Lorenza” (il nome è di fantasia per ossequio alla privacy) ed i fatti (indagine “Mala Sanitas”) si presume siano avvenuti nella più grande e prestigiosa struttura sanitaria di Reggio Calabria e provincia, ed una delle più grandi – se non la più grande in assoluto – della Calabria. Sono riportati su tutti gli organi di stampa, scritta e parlata, sui social network e, manco a dirlo, soprattutto sui grandi giornali del Nord (se non altro per diffusione e tiratura) con dovizia di particolari e commenti al cianuro-arsenico, come avviene sempre per la cronaca di avvenimenti di mostruosità inaudita che infangano, e ne distruggono, l’immagine e la credibilità della nostra società reggina, calabrese e meridionale e delle nostre strutture socio-sanitarie.

Ciò perché in maniera alquanto casuale, collegata ad altro tipo di indagine, pare sia emersa una tragica realtà presso il reparto di Ginecologia, e reparti assimilati, degli ospedali Riuniti di Reggio Calabria (reparti che si riteneva essere di grande affidabilità sanitaria): una serie di mostruosità sanitarie che avrebbero come vittime giovani mamme e neonati, chi mutilato in permanenza (le mamme, negli organi di riproduzione) e chi nato con gravissime e permanenti patologie dovute ad interventi sanitari errati e maldestri o, addirittura, mai-nato, in ossequio ad aberranti logiche e di errate diagnosi pre-parto (ma anche se fossero state giuste chi può avere il diritto di sopprimere una vita che sta per nascere, anche se non completamente sana, ed addirittura senza il consenso della mamma e del padre?).

Anche se non è il caso di fare dietrologia credo che le ragioni profonde del verificarsi di certe incredibili situazioni vadano ricercate a ritroso nel tempo (anche nel breve tempo…), da quando lo studio della medicina e l’impegno del medico (per grandissima fortuna nell’eccezione il possibile circoscritta) non è più una missione ma un mestiere come un altro atto ad imprimere prestigio sociale e fare “affari”, e pertanto possono risultare perfettamente inutili e demagogiche le dichiarazioni del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, sul caso Reggio se non supportate da decisioni urgenti, serie e concrete da parte del governo per un consistente rafforzamento ed una monitorata qualificazione della sanità calabrese.

E purtroppo, il fatto che più è stato messo in risalto e che di più ha scosso le coscienze, è quello relativo a qualche medico che sarebbe assurto a patrone e signore della vita e della morte di un innocente, ed avrebbe favorito clinicamente l’aborto della propria sorella la quale, probabilmente, aveva scelto quella struttura sanitaria per partorire perché si sentiva più sicura e protetta per la presenza del fratello.

Credo non sia possibile immaginare (“Lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno” Giacomo Leopardi, 19-20 agosto 1828) quello che è passato nella testa e nel cuore della povera ed afflitta “Lorenza” quando è venuta a conoscenza della possibile verità, credo che ella sia morta almeno tre volte: come donna, come mamma e come sorella (sangue del suo sangue).           

La speranza è che la “signora” Giustizia, sempre, e soprattutto in questo caso, possa essere veloce e più “giusta” possibile, e che la verità possa trionfare in modo che la struttura sanitaria pubblica, offesa e delegittimata anche nelle sue più profonde funzioni medico-sanitarie e nei valori umani, possa al più presto riacquistare la fiducia degli ammalati, bisognosi di avere assistenza e certezze per la propria salute e per quella dei propri figli.


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