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Mancate elezioni San Luca. Si aprirà anche qui il teatrino della politica-spettacolo?

  •   Mimmo Musolino
Rosario Sergi Rosario Sergi

Chi sarà e da dove verrà il/la nuovo/a messia, che importerà la Democrazia a San Luca e ne salverà l’onore costituzionale e l’ansia di libertà dei compaesani di Corrado Alvaro? Avendo, San Luca, acquisito il non positivo primato di essere il solo Comune (nei quali si vota il 6 giugno) a non avere presentato nessuna lista!

Con tutto il rispetto delle opinioni, certamente più autorevoli, di chi vive la realtà locale, credo di poter immaginare che la corsa a candidato/a sindaco di San Luca (fino ad adesso non quotata neanche alla pari dai bookmakers) subirà fin dai prossimi giorni una notevole impennata nell’immenso emisfero delle scommesse clandestine.

Ormai è diventata una moda, inaugurata qualche anno fa a Roccaforte del Greco, (anche lì con la candidatura di un giovane “rriggitano” dell’estrema destra, (chiaramente fallita per mancanza di quorum) e che ha trovato il culmine nell’Affaire Platì. Ma anche in quest’ultimo paese, il tentativo di una giovane ppieddina “rriggitana” è morto (addirittura) prima di nascere. C’è però da aggiungere che Platì, il 6 giugno, avrà sicuramente il suo sindaco essendosi presentati due candidati, “pratioti doc”: Ilaria Mittiga e Rosario Sergi.

Ad onore del vero, e per onestà intellettuale, chi scrive di cose pubbliche (è non è certo un pentimento per le cose dette e scritte che confermo alla lettera fin nelle virgole) è giusto si chieda: senza l’intervento nella politica-amministrativa platiese di Anna Rita Leonardi, oggi a Platì si sarebbe aperto, dopo tanti anni e lo scorrere di fiumi di inchiostro, la campagna elettorale per dare un sindaco ed una amministrazione comunale al paese aspromontano?

É da ricordare (anche se è un caso anomalo) che a San Procopio (RC), un paesino di 537 abitanti, arrivò un “esportatore di democrazia” proveniente sempre dalla città capoluogo di provincia: l’assessore provinciale alla cultura, Eduardo Lamberti Castronuovo; e non so quanto altri esempi si possano fare.

Considerando che a Roccaforte del Greco le elezioni successive si svolsero regolarmente con l’elezione del sindaco “roccaforticiano” – purosangue di nascita -Mimmo Penna (“U paisi è di paisani”), per correttezza morale si deve affermare che tale metodo di importazione di democrazia (anche se criticabile) ha poi consentito a tali comuni l’elezione dei sindaci e del Consiglio comunale.

C’è anche da dire che nella grandissima parte dei Comuni, finita la gestione commissariale per effetto dello scioglimento per presunta mafiosità, di liste se ne sono presentate, ed anche tante, senza alcun bisogno di volenterosi, “eroici”, esportatori di democrazia e portatori di onesta, trasparente ed efficiente amministrazione.

Ma quali sono i motivi profondi per i quali, in alcuni paesi, non si presentano le liste per le elezioni amministrative?

È solo colpa della legge che causa gli scioglimenti dei Consigli comunali per presunte infiltrazioni mafiose?

Certo questa legge ha delle profonde lacune non solo di ordine normativo, politico e sociologico ma anche di equità in quanto è spesso applicata seguendo dei pregiudizi che offendono non tanto i politicanti locali ma soprattutto i cittadini.

Perché detta legge offende e non rispetta il principio di equità?

“La legge è uguale per tutti” recita (o recitava?) una scritta nelle aule di giustizia; se è così perché questa l’articolo 143 del Tuel (Testo unico degli enti locali) si aplicca solo piccoli Comuni (ad eccezione di Reggio Calabria) che sono l’anello debole e meno rappresentativo (per popolazione) del sistema delle assemblee elettive?

Perché non è stata allargata ai Governi, ai due rami del Parlamento (Camera dei Deputati e Senato), alle Regioni e alle ex-amministrazioni provinciali?

Eppure in queste istituzioni (compreso i Governi, addirittura con dei capi di governo, ministri e sottosegretari coinvolti) ma soprattutto in Parlamento e nelle Regioni (non solo in Calabria ma anche nelle opulente Lombardia, Lazio, Liguria, Campania ecc.) non sono mancati eminenti personaggi politici sospettati, inquisiti, processati e condannati per mafia, camorra, ‘ndrangheta, corona unita, e per ogni altro genere di gravissimi delitti e reati e non solo contro la pubblica amministrazione.

Altro che il “sospetto” di infiltrazioni mafiose!

La risposta alla mia domanda iniziale, oggi, è molto difficile da trovare. Ma già oltre mezzo secolo addietro (nell’anno 1959) la espose chiara e forte (ironia del destino) proprio un “santulucotu”, il più illustre dei “santulucoti” e dei calabresi: Corrado Alvaro in uno dei suoi scritti, “Ultimo Diario”, forse tra quelli meno studiati e conosciuti. Un’affermazione che è stata, ed è tutt’ora, sulla bocca di tutti anche di quelli che non recepiscono il minimo significato politico, sociale e morale: «La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile».

Mi pare inoppugnabile, per quanto in narrativa affermato, che il fatto più serio e profondo per cui i cittadini rifiutano sdegnati la partecipazione alla vita politica sia il senso di fiele, del disgusto e della disaffezione alla stessa vita politica e amministrativa, oltre che la certezza che tutto sia inutile… falso ed ipocrita.

Purtroppo tanti anni di storia, tragedie e povertà vissute sulla propria pelle, sono severe, ma sacrosante testimonianze, del loro senso di solitudine e di abbandono e quindi del rifiuto di politiche, anche locali, pilotate a piacimento e al servizio di lobby e potentati.

Siccome i calabresi hanno sì la testa dura ma anche un cuore molle e nobile, a volte basta un semplice “input”, un incoraggiamento per farli ritornare a vivere, credere e sperare; d’altronde si dice che la speranza è l’ultima a morire.


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