Più balie per tutti. Calabria in affido, dai Comuni alla cultura
- Redazione
Datato, questo si potrebbe dire di Antonio Albanese che per anni ci ha torturato con “più pilu pe tutti” un tormentone conosciuto un po’ dappertutto, lo stereotipo col quale si identifica il politico calabrese moderno. Perché il politico calabrese è molto più concreto e parecchio più avanti rispetto a quel motto. U pilu è stato messo in cantina da diverso tempo e la politica nostrana si è convertita a una nuova massima, “più tate per tutti”. Intelligentemente, la politica, conoscendo i limiti del popolo che governa, ha pensato bene di assecondarne la tendenza. Si cercano tate da qualche tempo, e non quelle formose e floride balie di una volta che aggiungevano linfa ad aridi seni materni. Le moderne tutrici assistono un popolo immaturo, bisognoso di cure materne per crescere e prosperare. Così in ogni campo si assumono nutrici. Se vuoi far teatro ti prenderà per mano Albertazzi, aspiri a far cinema? Ecco Curti. Per la musica c’è RTL. Dipingi? Sarà Sgarbi a tenerti a battesimo e sdoganare le tue opere. Serve un pediatra? Lo portiamo subito dal Gemelli.
E dove non arriva la politica locale ci pensano le istituzioni, avete infiltrati mafiosi? Subito fatto, che di terne commissariali le prefetture sono piene. Qualunque sia l’aspirazione o l’esigenza dei calabresi ci sarà un cuore straniero o prefettizio a pompare sangue, che anche quello di Ringhio Gattuso, ai tempi, era buono in quanto milanista, e non calabrese, avesse militato nella Reggina l’avrebbero portato al massimo alla sagra del cinghiale di Staiti. Altro che pilu. A Firenze i Bronzi facevano milioni di visitatori? Da noi cercano ancora casa, e allora? Magari ce li rimandiamo.
Mattia Preti da noi piangeva di solitudine? Ecco fatto un biglietto per Torino e un posto alla reggia di Venaria. Da noi non viene nessuno a vedere i nostri capolavori? E noi che siamo furbi li mandiamo altrove, facendo incassare gli altri che però si devono far carico di badare alle cose nostre. E sull'amministrazione locale fioccano le terne commissariali che noi non siamo in grado di autodeterminarci scegliendo sempre dei birichini. E sulla giustizia ci siamo fatti sicinializzare per un quadriennio i cui frutti dureranno, buoni o cattivi giudicatelo voi. E ora Cafiero De RahoT deciderà se ci sono esperienze nostrane valide, tenendole e richiamandole, i napoletanizzerà la procura. Tutori, balie, tate, case dategli il nome che volete, ma la Calabria del futuro sarà questa. Una terra in affido.
Fernando Sagado