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Reggio Calabria e Vibo Valentia, terre di commissari

  •   Francesco Iriti
Reggio Calabria e Vibo Valentia, terre di commissari

Qual é il ruolo delle commissioni prefettizie nei comuni della Calabria? In molti si chiedono circa l’utilità degli esperti mandati dal Governo nazionale per intervenire nelle zone (e non sono poche) in cui “dall’alto” si è agito per sciogliere le amministrazioni comunali. Vari i motivi che hanno portato a queste drastiche decisioni che vedono la nostra Regione mantenere un primato che sembra irraggiungibile. In molti casi l’intervento delle amministrazioni vigenti ha trovato la sua conclusione in seguito ad operazioni delle forze dell’ordine che hanno portato in carcere rappresentanti del governo del paese in questione mentre, molte altre volte, sono state evidenziate “infiltrazioni mafiose” e l’impossibilità da parte dei rappresentanti comunali, scelti dai cittadini in seguito al voto alle urne, di poter continuare il proprio mandato.

Non mancano, naturalmente, i casi in cui è venuta meno la maggioranza dei numeri con il conseguente e naturale scioglimento del consiglio comunale. Una situazione, tuttavia, paradossale se si va a comparare quanto accade oggi in Calabria con altre Regioni italiane, dove la situazione e le evidenze del malaffare si sono addentrate nei palazzi governativi. Non è mistero, rapportandosi alla realtà, che il Governo centrale agisca “facilmente” per quanto riguarda i piccoli comuni calabresi mentre, in altre situazioni, attende l’esito delle indagini degli organi competenti come avvenuto recentemente con “Mafia Capitale” in quel di Roma.

Le province di Reggio Calabria e di Vibo Valentia, infatti, rimangono quelle più “colpite” dal fenomeno di scioglimento, e restituiscono un quadro desolante. Un quadro che getta ulteriore fango su un territorio ricco di bellezze, ma sempre bistrattato dai media e dalle decisioni nazionali. Alla luce di tutte queste considerazioni, tante di carattere puramente statistico ma purtroppo veritiero, in molti si saranno fermati a riflettere per cercare di carpire i motivi che hanno fatto della Calabria terreno di “conquista” per le figure dei commissari prefettizi, chiamati a riportare l’ordine nei territori colpiti dalla scure della ‘ndrangheta.

Tuttavia, non sempre quanto ordinato dal Ministero dell’Interno ha rispecchiato la realtà. Infatti tali decisioni sono spesso state ribaltate, a posteriori, da ricorsi presentati al Tar o da operazioni di arresti che hanno sconfessato l’operato del Governo centrale. L’esempio emblematico ha riguardato l’area grecanica dove, sul finire del 2014, si è registrata l’operazione denominata “Ultima Spiaggia” che ha coinvolto circa un centinaio di soggetti, tra persone finite in carcere e persone indagate. La maggior parte degli arresti ha interessato individui operanti a San Lorenzo e Bagaladi, due piccoli comuni pre-aspromontani in provincia di Reggio Calabria, che contano complessivamente circa 4000 abitanti.

Un dato allarmante, come evidenziato anche dal Procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, durante la conferenza stampa in seguito all’operazione. Una situazione non indifferente che ha visto ancora una volta i cittadini impotenti di fronte allo Stato: dopo gli accertamenti del caso, infatti, è stato appurato che entrambe le amministrazioni comunali non avevano subito infiltrazioni mafiose e che potevano continuare il loro operato in modo trasparente. Recente la sentenza del Tar che ha dato ragione al ricorso presentato dall’allora sindaco Federico Curatola e dalla sua amministrazione di Bagaladi avverso lo scioglimento deciso dal Consiglio dei Ministri nel 2012. Nel frattempo il paese è stato guidato dai commissari fino alla scadenza naturale negando, di fatto, ad un’amministrazione giovane di poter operare per il bene del proprio paese.

Nel frattempo si è ritornati alle urne con la vittoria del primo cittadino Monorchio che é stato eletto nei mesi scorsi e che ha preso in mano le redini del Comune. A San Lorenzo, invece, la commissione d’accesso, inviata per svolgere il proprio lavoro di verifica, non aveva trovato elementi utili per lo scioglimento. Tuttavia, dopo alcuni giorni dalla positiva notizia che arrivava da Roma e che restituiva lustro e dignità al territorio laurentino, arrivavano le dimissioni del sindaco Pasquale Sapone e della maggioranza a seguito di varie vicissitudini interne anche se, in quel fatidico momento, l’ex primo cittadino deteneva ancora la maggioranza dei numeri e rifiutava la ricerca di “ritorno” dei “dissidenti”.

Il commissario prefettizio, quindi, dott. Fabio, veniva chiamato a guidare il Comune anche dopo le recenti elezioni dove, però, nonostante i proclami arrivati da più parti, non si presentava alcuna lista di aspiranti amministratori. Spazio, quindi, al prolungamento, ancora in atto, della gestione commissariale. E adesso? É arrivata l’operazione “Ultima Spiaggia” nella quale si attesta il contrario e si comprende come le due amministrazioni, risultate trasparenti secondo le commissioni esaminatrici, avrebbero svolto il proprio compito al servizio dei cittadini nonostante le difficoltà che sono state evidenziate nell’ordinanza.

Chi comprende qualcosa? Qual é il ruolo dello Stato in tutto questo?

Sicuramente, come sottolineato dallo stesso procuratore aggiunto Nicola Gratteri, «Così com’è la norma sullo scioglimento degli enti locali non va bene. Bisognerebbe avere il potere di azzerare completamente l’apparato burocratico. Se una famiglia di ‘ndrangheta è potente decide anche chi sono i tecnici comunali. Anche se si sostituisce il potere politico, rimane sempre la longa manus della ‘ndrangheta su quel Comune. Bisogna avere il coraggio di ampliare il potere dei commissari altrimenti avremo sempre risultati a metà».

Da queste parole, quindi, si desume che si sono resi necessari infiniti scioglimenti di consigli comunali e centinaia di arresti per comprendere come la legge di scioglimento degli enti locali vada riformulata. D’altronde c’è sempre tempo per agire.


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