Riflessioni. La primavera dei luoghi tristi
- Vittoria Scalia
Anche quest’anno i papaveri sono venuti a trovare questi luoghi. Luoghi che Italo Svevo direbbe che la gente li ha resi tristi. Primule, violette e margherite ci vengono a salutare con l’allegria della primavera. Qualcuno si arrampica sui muri delle case abbandonate impegnandosi a portare un po’ di vita e di colore. Qualcun altro spunta tra vecchie macerie ammucchiate da tempo. I miei nonni mi raccontano sempre che una volta Bovalino era bellissima. Loro erano giovani e pieni di sogni, vivevano nell’entroterra e quando scendevano a Bovalino gli piaceva così tanto che, trentacinque anni fa, decisero di trasferirsi qui per sempre.
Mi raccontano di una fila interminabile di oleandri rosa che accompagnavano la strada dell’ingresso nel paese e di musica, balli e risate che ogni sera provenivano da quello che una volta era un prestigioso Hotel. Arrivavano persone da tutte le parti. I marciapiedi erano puliti e nessun angolo veniva trascurato. Persino gli abitanti si premuravano di curare l’aspetto estetico del paese mantenendo le zone adiacenti alle loro abitazioni ordinate e accoglienti.
Mio nonno si alzava tutte le mattine felice di andare a lavorare e mia nonna dice che persino l’aria che respiravano pareva diversa. La Calabria voleva rinascere, insieme ai sogni di tanti calabresi che come i miei nonni lavoravano e cercavano di renderla migliore. Oggi quella Calabria non c’è più, è diventata una terra bruciata, viene abbandonata da tutti perché sporca e senza lavoro. Se ne vanno in tanti e non ritornano. Ma c’è chi gli resta fedele come questi fiori che tornano ogni primavera.
C’è chi non spreca il tempo a lamentarsi di quant’è brutta e sporca questa terra, né si ostina a trovare qualcuno a cui dare la colpa. Come i fiori che s’impegnano soltanto a portare bellezza e profumo, così sono gli abitanti che qui restano, vivono e amano.