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Ritorno al Sud. Dialoghi e pensieri per un nuovo futuro nella Locride

  •   Redazione
Da sx a dx: Enzo Siviero, Antonella Italiano, Cosimo Sframeli Da sx a dx: Enzo Siviero, Antonella Italiano, Cosimo Sframeli

di Enzo Siviero*

*Ingegnere, Architetto, Rettore ECampus

Prologo

Antonella Italiano ad Africo in Aspromonte. Un contatto inusuale foriero di inattesi sviluppi

Cara Antonella, da studentessa di ingegneria del nostro Ateneo, mi hai chiesto (in modo poco ortodosso ma proprio per questo assai intrigante...), la tesi di Laurea triennale da sviluppare con il progetto di un ponte “a banda tesa” , come rivisitazione in chiave moderna del “ponte tibetano” , nel tuo paese in Aspromonte. Mi hai scritto così d’impulso un paio di mail che mi hanno profondamente colpito. Era chiaro che mi avevi studiato in modo molto approfondito, descrivendomi piuttosto bene, pur non avendomi mai incontrato. Mai mi era successo in quasi mezzo secolo di vita accademica. Ne voglio qui riportare alcuni brani assai significativi.

Ecco il primo:

Africo, giovedì 18 aprile 2019

Buongiorno Professore,

Ho seguito le sue interviste e i suoi interventi sui giornali; leggerla e sentirla parlare di strutture come fossero opere animate, antropiche, mi ha aiutata a riprendere lo studio di argomenti scientifici, che sembravano estremamente distanti dalle mie passioni. Per chi non ha occhio tecnico, negli edifici, non è immediato discernere le scelte funzionali da quelle estetiche; mentre quando lei parla di ponti definendoli “strutture nude” i concetti della scienza e della tecnica delle costruzione sembrano quasi materializzarsi.

Ho letto anche la lettera che ha scritto a papa Francesco, e del suo sogno di costruire ponti per abbattere le barriere umane. Le scrivo soprattutto per questo.

Il mio giornale, che per molti anni è stato distribuito in formato cartaceo in tutta la provincia di Reggio Calabria, parla di Aspromonte. L’Aspromonte nero, quello dei sequestri. L’Aspromonte soffocato dal triangolo di Africo, Polsi, Platì. L’Aspromonte meraviglioso del sole e dei paesaggi mozzafiato, della lingua greca che ancora resiste, dei palmenti di 2000 anni fa che arrivano a 1600 metri di altezza, dei paesi abbandonati, oggi sede di escursioni, incontri e scelti come set cinematografici.

Un lavoro che inizia con il romanzo  Anime Nere, libro che poi divenne il film, pluripremiato ai David di Donatello, diretto da Francesco Munzi.

Il film fu girato a Casalinuovo, frazione di Africo antica, la montagna inaccessibile raccontata molti anni prima dall’antropologo Umberto Zanotti Bianco e, in modo magistrale, dal premio Campiello Saverio Strati.

Storicamente gli africesi furono costretti, con l’alluvione che nel ‘51 segnò le sorti di molti paesi montani dell’Aspromonte orientale, ad abbandonare il vecchio abitato e furono smembrati da un giorno all’altro tra i Comuni di Bova, Bianco (dove oggi sorge Africo nuovo) e Reggio Calabria.

La strada per collegare la marina al paese montano dove avevano lasciato tutto (gli averi,  le greggi, le case, le abitudini e il cuore) non fu mai costruita; anche se in realtà la distanza che in linea d’aria intercorre tra la vecchia e la nuova Africo è di circa 18 chilometri. Oggi, come allora, per raggiungere il vecchio abitato è necessario fare un percorso che richiede quasi due ore di auto.

La strada era – in realtà - una richiesta di molto precedente alla famosa alluvione: fu lo stesso Zanotti Bianco a fare i primi sopralluoghi per farla costruire. La strada cento anni fa significava poter raggiungere il medico, la marina, la civiltà; gli africesi vivevano infatti in condizioni terribili, così come furono immortalati nel libro “Tra la perduta gente”.

Questa storia di proteste popolari per la strada alla marina è stata ricostruita (anche se liberamente romanzata) dal regista Mimmo Calopresti nel film “Aspromonte, terra degli ultimi” che parteciperà al Festival di Cannes questa primavera e che è stato girato ad Africo antica tra ottobre e novembre 2018. Su Lineaverde del 21 aprile ci sarà uno speciale sui paesi abbandonati dell’Aspromonte orientale, con particolare attenzione per Africo e con un intervento del regista Calopresti.

Negli anni Quaranta, l’allora minorenne Saverio Strati percorreva a piedi  la  mulattiera che dal monte Perre portava ad Africo antica, la difficoltà era l’attraversamento dell’Aposcipo soprattutto nei mesi di piena (la fiumara che qualche chilometro più avanti, fino alla foce, prende il nome di La Verde). Quello che poi sarebbe divenuto il più grande narratore calabrese, lavorava da piccolo come muratore e si recava ad Africo antica per la costruzione delle case di Campusa, una piccola frazione del borgo sorta per spostare gli abitanti in quella giudicata da Zanotti Bianco come area geologicamente più sicura.

Troppo tardi. Ci fu l’alluvione, poi l’esodo, l’impossibilità di colmare le distanze a causa della mancanza di strade, l’incapacità per gli aspromontani di condividere i costumi della marina, l’insofferenza che divenne violenza; ndrangheta ed anime nere.

Quello che resta di Africo oggi è un popolo disadattato che cerca ancora le sue radici nel borgo montano, ma da cui vive estremamente distante.

Eppure il paese porta ancora indelebili i segni di queste storie, di questi passaggi. Spettacolare è la sequenza di strutture che sono rimaste testardamente aggrappate alla montagna, oggi meta di moltissimi visitatori: il quartiere Campusa; l'asilo e le scuole elementari di Zanotti Bianco; la caserma e il genio civile immortalate ne "La Teda" di Strati; le antiche case di Africo con al centro la piazza e la chiesa di San Nicola Pontefice; il cimitero; Casalinuovo di Africo; il santuario di San Leo e le piccole edicole.

A maggio di ogni anno, nel santuario basiliano che sorge sui resti del monastero dell’Annunziata fatto erigere da San Leo, si recano decine e decine di fedeli per il classico pellegrinaggio. I fedeli, quando l’Aposcipo lo consente, percorrono la strada che dal monte Perre scende giù nella fiumara, risalendo su per la mulatteria che porta al santuario, quindi ad Africo, Campusa, Casalinuovo.

La mia idea è la progettazione di un ponte a nastro teso che colleghi i due versanti - passando su per l’Aposcipo. Africo, infatti, nonostante la parziale inaccessibilità, resta una meta molto ambita per studiosi, scrittori ed escursionisti. Dal 2013 sono stati girati diversi film, il Parco d’Aspromonte ha fatto costruire sul versante opposto rispetto all’Aposcipo, dove scorre un suo affluente, un piccolo ponte tibetano per collegare Africo a Casalinuovo. Africo, avendo un rifugio con molti posti letto gestito da un’associazione di ragazzi designati dal Parco, ospita ogni anno studenti delle facoltà di Ingegneria, Agraria, Architettura e numerose Accademie. A giugno ad esempio arriveranno circa trenta studenti dell’Università di Firenze, mentre a luglio si terrà il secondo appuntamento di “Gente in Aspromonte” la tre giorni organizzata dalla Regione Calabria che porta ad Africo scrittori, registi e professori.

Il ponte quindi sarebbe un’opera importante la cui spesa potrebbe essere giustificata da questi flussi, oltre ad essere il primo vero collegamento tra il paese antico e la costa ionica orientale.

La strada che è sempre mancata.

Il ponte oltrepasserà le barriere, il tempo e la storia, e diverrà incontro tra civiltà diverse. L’Aspromonte orientale potrebbe con queste opere scrollarsi di dosso la storica condanna all’inaccessibilità, frutto dell’inadeguatezza delle nostri classi dirigenti e, di conseguenza, culla ideale per il malaffare.

Ho due speranze, quindi.

Spero di riuscire ad avvicinare all’Aspromonte "l'uomo dei ponti", magari anche con i suoi studenti, perché questa terra “ha bisogno di ponti” come poche in Italia.

Spero di rendere mio padre finalmente orgoglioso di me.

Grazie per l’attenzione, Professore

Ho immediatamente risposto in modo positivo invitandoti in sede a Roma per definire meglio i contorni della tesi stessa .

Ecco il seguito:

Africo, 9 maggio 2019

Resto sbalordita Professore, dinnanzi a quello che lei lascia ai suoi studenti. “Bridgescape”, più che una raccolta di interventi sul significato dei ponti, è una piccola grande rivoluzione.

Sono racconti diversi, apparentemente senza continuità. Ma la continuità c’è: è nella storia che porta alla stesura delle storie.

La continuità è lei, quando insegna a chi le è accanto a coltivare il pensiero e a farlo crescere, e poi a lasciarlo andare affinché si erga a concetto, si liberi dall’uomo e appartenga di tutti.

Ho provato a scriverle tante volte, Professore, ma – ogni volta che l’ho fatto – ho cancellato la mail. Ho visto il suo numero di telefono alla fine dei messaggi e, ogni volta che ho provato a comporlo, non ho inviato la chiamata. Questo perché tutto ciò che scrivevo o pensavo “in modo opportuno” non era la storia che avrei voluto, in cuor mio, condividere con lei.

Oggi ci riprovo, attenendomi alla verità che, seppur meno ortodossa (come mi insegnato un vecchio amico anarchico) ha una forza sorprendente.

Qualche settimana fa le scrivevo che l’Aspromonte ha bisogno di persone come lei e di ponti per abbattere le barriere logistiche ed avvicinare le umanità. Ma più pensavo e ripetevo il termine “ponte”, più la parola – forse per la sua semplicità, per la sua brevità – diveniva insidiosa. In testa, un motivo incessante.

Parlai della sua probabile visita al presidente uscente del Parco nazionale d’Aspromonte, Giuseppe Bombino, proprio ad Africo antica; dopo numerosi scontri causate da vedute diverse, con l’ex presidente ogni tanto ci ritroviamo in montagna, perché condividiamo una bella amicizia, fatta oggi da molte cose in comune.

Ragionavamo sulla costituzione ad Africo di una cooperativa a scopo sociale, di quelle che danno lavoro anche a persone che hanno avuto problemi con la giustizia, mai reintegrate nella società. Le sane opportunità e non gli slogan - ribadivo a Bombino - sono la vera legalità.

Rimase in silenzio per un po’, poi esordì: vedi, tu vorresti costruire un altro "ponte".

Ed ecco che questa maledettissima parola diveniva metafora persino del cambiamento sognato.

E altro ancora. Ha scavato, come fuoco, ancora più in profondità.

Leggendo Bridgescape ho trovato metafore splendide: dall’arcobaleno, al pontefice, all’unione di mondi. Ho letto del suo sogno, del sentiero battuto dai pellegrini che ad un tratto si perde risucchiato dai fianchi della montagna, lasciando pietre e lacerti. E poi, all’improvviso, un ponte. Le allego un link con le foto scattate durante il sopralluogo ad Africo. Il posto del suo sogno, Professore, è proprio qui, in Aspromonte.

 https://flic.kr/s/aHsmc8KW1H

Ma i significati più importanti di “ponte” li ho trovati dentro me stessa.

“Ponte” è l’inizio e la fine di ogni pensiero costruttivo. È comprensione degli altri. È la forza di urlare le proprie ragioni. È la verità assoluta che, in una terra come la nostra, assume spesso un ruolo secondario: è per timore di non cadere nel baratro dei fraintendimenti che molta gente preferisce non esporsi, non candidarsi alle elezioni, non avviare attività, lasciare la Calabria stessa. Ma se il ponte c’è, ed è stabile, allora prima o poi verrà percorso e l’ostacolo sarà superato. "Ponte" è sì verità, ma anche speranza. “Ponte” è uno stato d’animo, un’apertura al mondo e alle persone.

Ancora più in profondità...

C’è una distanza infinita tra Cielo e Terra. Tra essi solo un’immenso spazio che – ahinoi – per la prima volta non ha valli e non ha fiumi: non ha alcuna rassicurante linearità. Però ha sponde.

Quando il cuore si divide all'improvviso tra il Cielo e la Terra, si finisce per vagare su una di essa senza saperlo, anche per molto tempo. Smarriti. Intimoriti.

Basterebbe intuire la presenza delle sponde per stare meglio, ché due sponde - pur senza valli e senza fiumi a connetterle - non sono forse sufficienti per costruire un ponte? Così la Terra potrebbe sentirsi più vicina al Cielo, e il ponte vibrare dei passi scalpitanti di anime curiose.

Ma se il Cielo non esistesse allora il ponte non potrebbe mai raggiungerlo, e sarebbe il primo, l’unico - tra tutti quelli  immaginati - a restare terribilmente incompiuto.

Ho provato a rispondermi, Professore, spostando il ragionamento ad un livello superiore, un livello che consideri il problema dell’esistenza o meno di Dio: il ponte tra la Terra e il Cielo potrebbe essere il ponte tra l’uomo e la sua stessa utopia.

L’utopia è irraggiungibile "per definizione": è in essa l’arcano, il mistero; ma l'utopia esiste; come l'uomo; e di esso muove il pensiero. Quindi abbiamo due sponde. Solide. L'uomo e la sua utopia.

E due sponde non sono forse sufficienti per costruire un ponte?

E se esiste "certamente" un ponte solido tra l’uomo e la sua utopia, allora esiste "necessariamente" un ponte solido tra la Terra e il Cielo.

Ho scoperto, dunque, che la vita non andrebbe sprecata dietro le domande, ma dedicata a costruire bene questa via. Alla fine di essa ognuno di noi ritroverà la sua metà del cuore.

Ed ho compreso, grazie a lei, che tutti i ponti sono possibili. Lo sono per definizione.

E la mia pronta risposta:

«Leggendo e rileggendo questi due scritti mi sono convinto che dovevo vedere questi luoghi, per me già “magici”. Così approfittando di un passaggio istituzionale tra Sicilia a Calabria , sono venuto a trovarvi il 12 e 13 giugno. Anche allo scopo di immergermi in questi luoghi che, detto per inciso, non mi erano del tutto estranei poiché il mio “mitico” nonno Agostino negli anni venti del secolo scorso vi aveva costruito una strada a Bova, presumibilmente quella , ormai dissestata, che porta ad Africo.

Inutile dire che l’accoglienza che mi avete riservato è stata a dir poco strepitosa . I vari scambi di idee. I colloqui approfonditi sui temi del Sud e della Calabria in particolare. Le interviste televisive. Tutto ha concorso a farmi sentire “a casa”, tanto che il sindaco mi ha proposto la concessione della cittadinanza onoraria di Africo, programmata per il 28 agosto. Ma vi è di più! Il polo didattico convenzionato con eCAMPUS si è rivelato una miniera di opportunità. Dall’imponente plesso didattico ormai in disuso fondato da don Giovani Stilo, non è difficile immaginare uno sviluppo che, riprendendo i successi del passato, possa evolvere in quella che presumo possa essere l’università della Locride. Un disegno strategico di assoluto rilievo volto a radicare i giovani nei loro luoghi d’origine consentendo loro di studiare “a e da casa” . Un impegno sociale cui tutti dovrebbero tenere a partire dalla Regione Calabria. In fondo lo straordinario passato della Magna Grecia potrebbe essere il viatico più efficace per motivare le “genti” di questi incredibili luoghi a vedere il futuro non più nella rassegnazione del pessimismo, ormai , credo, fin troppo radicato nell’intimo delle coscienze , ma con una prospettiva di crescita collettiva. In tal senso anche il mio disegno “visionario” ( ma non troppo...) di collegare l’Africa con l’Asia , dalla Tunisia passando da Sicilia Calabria Basilicata e Puglia (TUNeIT) all’Albania e Salonicco fino a Istanbul (GRALBeIT)».

Il seguito a fine agosto...

Il viaggio

Un meraviglioso percorso di "verità" partecipe di una comunità di gente eccezionale

Con queste premesse, il mio viaggio ha poi assunto diverse motivazioni, ben più intense di quanto potessi inizialmente immaginare.

La principale era certamente la cerimonia ufficiale programmata e ricevere dalle mani del sindaco Francesco Bruzzaniti, la pergamena come attestato formale del conferimento della cittadinanza onoraria da parte del comune di Africo il 28 agosto. Un evento tanto semplice quanto profondo. Era per Africo la prima volta in assoluto! E il significato andava ben oltre le motivazioni indicate nella pergamena.

La seconda motivazione, a seguire, era l’inaugurazione dell’anno accademico del nuovo polo didattico eCAMPUS, in Africo, a poca distanza dal municipio, con il corredo dell’esposizione in anteprima e a sorpresa, della mia “terza” mostra THE BRIDGEMAN, dopo la prima ENZO SIVIERO IL TEMA DEL PONTE del 1999 e la seconda BRIDGING PONTEGGIANDO del 2009.

L’iniziativa universitaria di Africo, pur ancora minimale, è già un grandissimo successo. È stata ideata e condotta da Giandomenico Stilo, con il supporto di eCAMPUS, con una collocazione emblematica all’interno di una struttura a dir poco imponente e oggi, inopinatamente, pressoché abbandonata. Un plesso didattico che incredibilmente, molti anni addietro, ad opera dello zio, uno straordinario prete di Africo, don Giovanni Stilo, era miracolosamente sorto dal nulla! E poi come spesso succede in Calabria e non solo, letteralmente “demolito” nella sua funzione primaria, per faide politiche di bassissimo livello da parte di uomini malefici, ma con la colpevole connivenza di una magistratura dai comportamenti ampiamente censurabili. Solo dopo tanti anni di enorme sofferenza, quando ormai il più era distrutto, si ottenne la riabilitazione finale, quasi una “resurrezione” dopo il martirio. Troppo, troppo tardi la Cassazione ha ristabilito la verità di un impianto accusatorio del tutto inconsistente. E, paradosso tutto italiano, per nulla cristiano, senza alcun pentimento da parte degli aguzzini, o anche le loro scuse per il male causato all’intera Calabria. Avvenimenti ben descritti nello splendido volume IL VANGELO SECONDO DON STILO. Così mi è venuto spontaneo scrivere al nipote Giandomenico.

«Sto letteralmente divorando il libro che mi hai donato IL VANGELO SECONDO DON STILO e ne sono affascinato! Lo spaccato che se ne vive sembra lo stesso di oggi! È vero che la Calabria deve superare le malefiche azioni di uomini senza fede né umanità! E tuo zio ce ne ha dato un fulgido esempio! Fai bene a ricordarlo anche con le tue azioni dirette a recuperare presso i giovani il senso della propria terra e del proprio essere perché comprendano il valore del restare nelle proprie terre e “rilanciare”, contro tutto e tutti se necessario per il loro futuro, come viatico per la ritrovata grandezza della “nostra” meravigliosa terra! Grazie davvero. Accademia delle Locride (e forse aggiungerei “del Grecanico”) potrebbe essere un primo embrione di riscatto anche per onorare come si deve, la memoria di don Giovanni Stilo. Si potrebbe/dovrebbe farne un film tipo “I Cento Passi”! Che ne dici? A presto».

E infine, a chiudere in bellezza, invitato dalla Regione Calabria a partecipare all’evento “Gente in Aspromonte” nei giorni successivi 29 e 30 tra Africo e Bova. Ecco quindi che, come d’incanto, ho rivissuto l’emozione dei ricordi aneddotici di famiglia. Questa volta dal vivo! Infatti proprio tra Bova e Africo, negli anni ‘20 del secolo scorso, mio nonno Agostino aveva costruito una strada! E io l’avevo appena percorsa! Un’emozione unica. Cosicché il sindaco di Bova Santo Casile, appena saputo di questa antica storia, che così da vicino riguardava la mia famiglia, prontamente mi ha inviato una apposita pubblicazione che illustra le fatiche di allora volte al futuro.

Un segno ulteriore, certo non casuale, che un secolo dopo Africo in queste terre della Locride e del Grecanico, mi avrebbe accolto come cittadino onorario. Neo AFRICOTO! Ero dunque diventato cittadino Calabrese.

Ancora una volta, lo ammetto con grande gioia, ho percepito quell’emozione che ebbi nel 2010 allorché “salvai” quella meraviglia di Ponte che si trova a Gimigliano in provincia di Catanzaro. Un’opera straordinaria realizzata alla fine degli anni ‘50 dal mitico Adriano Galli. Forse uno dei ponti più belli d’Italia ahimè pressoché sconosciuto ai più, così come lo è, almeno in apparenza la stessa Calabria che così allora descrissi:

CALABRIA: terra densa di storia con il fascino dei luoghi, le emozioni delle stratificazioni millenarie di pensieri dell’uomo piena di ponti fisici e metafisici. Se la senti te ne innamori. Se la vedi ti conquista. Se la vivi non l’abbandoni più. Quel che sa dare è il tutto. ES 2010

Ma vi è di più, molto di più. In questa “due giorni” ho potuto incontrare alcuni personaggi che mi hanno davvero impressionato. Eccone uno con il quale ho interloquito più a lungo. Luciano Pezzano. Un intellettuale non dichiarato e per questo più vero..., decisamente fuori del coro. Un artista filosofo o meglio antropologo, che, con un gesto di sorprendente generosità, mi ha donato un suo prezioso volumetto dal titolo assai intrigante SAXA LOQUUNTUR. Un invito a entrare nell’Uomo e nella sua Storia.

A lui così di getto ho voluto scrivere.

«Luciano carissimo, finalmente nel volo di ritorno tra le vere nuvole , mi sono potuto immergere completamente nella “lettura” delle tue opere e dei tuoi scritti ! Ne sono rimasto affascinato! L’essenzialità del tuo trasmettere il senso finale della vita , quasi un archetipo irraggiungibile, è straordinaria. Complimenti davvero! Già dalle brevi frasi che ci siamo scambiati ad Africo traspariva la profondità del tuo essere “vero” e “libero” fino in fondo , e senza alcuna remora, capace di dimostrarlo di fronte a chicchessia. Bravissimo. Ti rinnovo dunque l’invito a farmi avere una o due cartelle , scegliendo un paio di foto a tuo piacimento, che sicuramente pubblicherò sulla mia rivista Galileo. Magari con un mio “occhiello” che ne collochi il perché.

Debbo dire che se di questa due giorni ad Africo e Bova mi è rimasto qualcosa di irripetibile, lo devo a te e a pochi altri soggetti. A partire dalla nostra meravigliosa Antonella Italiano, una vera anima “bianca” tra tante anime “nere”, instancabile e travolgente trascinatrice.

Ci rivedremo senz’altro magari nell’ambito di questa mia idea ancora primordiale , o meglio embrionale , dell’Accademia della Locride con base il polo di eCAMPUS ad Africo. I “nostri” luoghi (sono ormai AFRICOTO) possono ancora rinascere per ritrovare con giovani e meno giovani , una nuova speranza, oltre le contingenze attuali di una difficilissima transizione epocale che sembra non avere mai fine! Se condividi, ti riterrei arruolato! A presto con gioia».

Ecco la sua risposta

Caro Enzo, le tue parole di affetto oltre che di stima mi danno un emozione grande. Grazie davvero ...poi stamani ho visto su fbook, una foto che ti ritraeva e ho scorto, anche oltre i magici momenti vissuti nel cuore dell'Aspromonte, una chiara luce nei tuoi occhi. Avevo gia' compreso la sostanza del tuo essere ma li e' stato tutto piu' chiaro. Leggero' il tuo progetto "ponte umano" con interesse e per quanto mi hai invitato a fare. Per ora ricambio l'abbraccio e un buon rientro a casa. Ciao a presto. L

Altro soggetto che mi ha profondamente colpito è lo scrittore Gioacchino Criaco. Più volte citato dai vari relatori, di lui mi ha colpito l’inusuale capacità di interpretare le sue terre e le sue genti . Ma soprattutto il riscoprire il “genius loci” che caratterizza questi luoghi magici dove il mito riaffiora costantemente dalle acque delle cascate fino ai ruscellamenti delle fiumare e il riversarsi verso il mare. Quel mare solcato dalla storia che nella Magna Grecia ci ha lasciato più Grecia che nella stessa Grecia. Financo con la denominazione di Terre Grecaniche ove si parla, o meglio si coltiva, il greco antico come lingua madre. Mi sono così ripromesso di leggere a breve qualche suo libro per essere anch’io partecipe non episodico del vissuto di queste terre. Tanto più che, con questa idea dell’Accademia della Locride, penso che potranno formarsi sotto l’egida di eCAMPUS , nuovi cenacoli portando a fattor comune le molte iniziative di varie associazioni già attive nei vari paesi anche dell’area grecanica. Ad maiora.

Epilogo

Ancora in fieri

Il 14 novembre a Novedrate, sede ufficiale di eCAMPUS sarà per me come rettore, proclamare Antonella Italiano “dottore” in ingegneria Civile e Ambientale Laurea Triennale (così recita la formula di rito)! Con la previsione, il giorno successivo, sempre a Novedrate, di organizzare un altro evento per festeggiare i miei 50 anni di Laurea. Sarà anche esposta la versione definitiva della mia terza mostra THE BRIDGEMAN, con la mia Lectio Magistralis. Ma ciò che più importa, a seguire, avrei previsto la presentazione della Tesi di Antonella sull’idea progettuale del nuovo ponte “a banda tesa” da realizzare ad Africo, alla presenza di una delegazione della Locride e dell’Area Grecanica alla quale eCAMPUS intende conferire una targa speciale. Sarà, questo, il viatico migliore per far decollare altresì la nuova idea dell’Accademia, così come da me immaginato in questi giorni “aspromontani”. Con la promessa di altre mie visite in futuro per parlare direttamente ai giovani e confermare loro che la Calabria e l’intero SUD sono il futuro dell’Italia e dell’intera Europa come “ponte” verso l’Africa e ideale collegamento con le nuove “vie della seta” . Con questa nuova idea di “ingegneria visionaria” i sentieri della Conoscenza e della Cultura torneranno così a intersecarsi proprio nella Magna Grecia. Perché, come amo spesso ripetere, “per andare avanti bisogna guardare indietro”.

Forza giovani! Riprendete il cammino per interpretare il futuro.


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