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San Luca. Elezioni? No, grazie. Preferisco il commissario

  •   Antonio Strangio
Salvatore Gullì, Commissario Prefettizio di San Luca Salvatore Gullì, Commissario Prefettizio di San Luca

Il rischio che a San Luca, il paese che ha dato i natali allo scrittore Corrado Alvaro, nessuno presenti una lista, è più alto dell’influenza nel mese di gennaio, perché, a poco meno di una settimana dalla scadenza dei termini per la presentazione di eventuali liste, nessuno ha ancora bussato alla porta del Responsabile dell’ufficio elettorale, e stando ai bene informati, quelli che controllano il termometro della situazione, nessuno ha intenzione di farlo.

E, fatto ancora più grave, nelle piazze e nei ritrovi del piccolo paese aspromontano, croce e delizia dell’antica terra dei Bruzii, di tutto si parla tranne che di elezioni e di possibili candidati. Insomma, il toto – elezioni è stato lasciato in soffitta.

Sono lontani gli anni in cui la concorrenza era alta e i potenziali candidati, gli aspiranti sindaci e consiglieri comunali, riempivano le piazze e le case di promesse e progetti che poi scomparivano nello spazio di un mattino, quanto cioè durava la campagna elettorale, anche perché non sempre riuscivano a calamitare l’attenzione della gente di San Luca, che verso la politica e i tanti politicanti di mestiere, ha da sempre provato una certa avversione, quando non li ha usati per fini meramente personali ed egoistici. Ecco spiegato perché a San Luca, in occasione delle tante tornate elettorali, comunali, provinciali, regionali e nazionali, i candidati anche i più lontani e anonimi riuscivano a…pescare voti.

In questo contesto che sapeva di teatrino, e dove chiunque poteva recitare a soggetto, su tutti svettava la figura claudicante, per colpa di una menomazione, del bibliotecario comunale e inventore, Ciccio Romeo, un Repubblicano sui generis che non ci pensava due volte a comporre listi e presentare simboli, inventandosi slogan e nemici sui quali poi scaricava tutta la rabbia della campagna elettorale, e le colpe e i disastri di un paese che non riusciva a decollare, e che soltanto lui poteva ancora fare in tempo a salvare, per la gioia della piazza e di quanti vivevano di questo effimero spettacolo.

Poi Ciccio Romeo ha spento le luci, è cioè passato a nuova vita, perché nessuno vive in eterno a questo mondo, e il teatrino della politica e dei suoi tanti politicanti, molti dei quali trattenuti in piedi a stento, è stato costretto alla pensione.

Certo, la colpa non è solo della dipartita di Ciccio Romeo, il quale s’inventava i candidati andando a pescare tra le persone e i personaggi più impensati e strani, ma anche e soprattutto di un sistema divenuto legge, il famoso decreto n. 164, art.1 del 31 maggio 1991, poi convertito in legge n. 221 del 21 luglio 1991,   che disciplina lo scioglimento dei Consigli comunali e provinciali per “infiltrazioni mafiose”. Provvedimento denominato “Legge Taurianova”, perché come tutte le misure antimafia, e cioè come provvedimento di emergenza, nacque a seguito di una cruente faida scoppiata a Taurianova ( R.C.). Una risposta straordinaria dell’ordine costituito, a una situazione anomala che ha portato negli ultimi venti anni a numerosi decreti di scioglimento contro altrettanti consigli comunali, per lo più in Calabria. Una misura normativa unica nel mondo, che negli anni ha anche generato numerose polemiche e prese di posizione. Un provvedimento che sembra sia stato creato ad arte per mettere in difficoltà e affondarli, i paesi come San Luca dove basta poco, anzi un niente, perché qualcuno molto più in alto di te e del tuo piccolo paese, ti metta fuorigioco dichiarandoti indegno e non candidabile. E tutto questo, al di là del fatto se hai commesso un reato contro persone o cose, o se ti sei macchiato di colpe e fatti per i quali poi esiste solo e soltanto il codice penale. Perché in un paese che è considerato ad alto rischio mafioso, la ndrangheta nel nostro caso può annidarsi anche nell’aria che respiriamo e di conseguenza tutti la possiamo respirare.

Risultato, anche la gente per bene di San Luca, che non è rara e rappresenta invece, la maggioranza degli onesti, si tiene lontano da possibile candidature perché, se hai pure soltanto camminato per sbaglio al fianco di chi viene considerato mafioso, o lo hai soltanto salutato perché lo hai incrociato per strada, perché nei piccoli paesi tutti ci salutiamo perché tutti ci conosciamo, o per puro caso gli hai offerto o accettato un caffè, non sei più candidabile, ti sei macchiato… e quel marchio ti segnerà per tutta la vita!

Nessuno invece vuole prendere atto, che così facendo viene presa a schiaffi la democrazia e dato in pasto ai professionisti delle notizie ad effetto, argomenti e uomini pronti da gettare nel fango. E tutti i voti di chi vive in questi sfortunati paesi, sono considerati “sporchi” e di conseguenza, chi li ottiene, è considerato ndranghetista a prescindere col rischio, altissimo, di trasmettere questo strano e sporco distintivo a tutti i suoi parenti fino alla settima generazione. Solo Rosy Bindi non è considerata mafiosa e degna di un simile distintivo, ma guarda caso anche Lei, eroina dell’antimafia, è stata eletta nella terra “maledetta” di Calabria. Perché nel computo dei voti che ha ricevuto, vanno ovviamente conteggiati anche quelli ottenuti nei paesi come San Luca, Africo e Platì!. Che non sono stati pochi, e hanno contribuito ad eleggere una figura che di tutto si è forse interessata, tranne che dei reali problemi della terra dove è stata votata. Alla faccia dei calabresi onesti, e di tutti quelli che ancora hanno il coraggio di credere nella forza della politica, come strumento senza del quale cade e muore la democrazia!


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