A Rocco (in memoria)
- Bruno Salvatore Lucisano
Ci sono luoghi dove la memoria si attacca come colla. Luoghi visti ogni giorno, dei quali è chiara e trasparente ogni cosa. Sono i luoghi della vita, i posti che vediamo e calpestiamo, che ci appartengono e ci accolgono come braccia di una persona amata. Pavese si era preso la briga di raccontare i passi che lo separavano dal luogo in cui abitava sino al bar Roma. 400 passi. E sono 400 passi, li ha contati davvero.
Il bar Roma ora si è spostato un po’ più in là, sullo stesso marciapiede dove, al di fuori del locale, sono sistemati due tavolini…di plastica, non quelli che c’erano al tempo dello scrittore (anche se il suo tavolino resiste ancora).
Ma i luoghi senza la presenza umana hanno ben poco di vita, anzi per nulla. Ed allora si immaginano quei tavolini e quelle sedie piene di gente che gioca a carte, che beve una birra o gusta una granita.
Ma se ad un tavolo immagini un bicchiere grande e vuoto, con accanto una bottiglia di Peroni e là seduto, sempre pieno di pensieri, un uomo pacato, tranquillo, indifferente, quasi strafottente. Se là credi di vedere un uomo che altro scopo non ha che quello di pregustarsi la birra senza che alcuno gli rompa le palle. Se vedi un uomo che (forse) ha preso la vita per il suo giusto verso che è quello di non dannarsi troppo inutilmente per quanto gli succede attorno. Lì, in quel posto, in quel bar, o in un altro bar, vedrai per sempre, finché i tuoi occhi vedranno, l’immagine di Rocco. Vedrai muoversi la bottiglia di Peroni, che piano, senza far schiuma, andrà a riempire il bicchiere che la conterrà tutta. E poi piano sparire con mille sorsi e mille boccate di fumo. Il giorno dopo e tutti i giorni a seguire, quando attraverserai quei marciapiedi, lo rivedrai lì, Rocco, seduto con la sua Peroni, perché non è morto, è solo partito per un lungo viaggio…