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  •   Franco Blefari
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Niente, come la neve , riesce ad evocare il passato fin nei minimi particolari. La neve ha il potere di farti dimenticare il presente per abbracciare atmosfere antiche, volti scomparsi, parole dette e dimenticate, giorni lontani nel tempo. Infatti, mi torna in mente, quando vedo la neve che cade, mio nonno Cicciu 'u crestatu, che accendeva il focolare con pale di fichi d'India secche per mettere in padella, sul tripode, olive "morte", peperoncini secchi di "filera", pomodorini e alcune uova, se non qualche frittola conservata nei "cugnetta", in mezzo alla sugna.

Bevendo e mangiando - lo ricordo - mentre i suoi occhi, dal troppo bruciore dei peperoncini, piangevano lacrime di gioia: «Mangia anche tu», mi diceva, mentre mi avvicinavo a lui, incredulo, che alle sei/sette del mattino si potessero mangiare "quelle cose", tracannando anche qualche mezza bottiglia di vino. Ma quando vedevo anche mia madre che intingeva il pane in padella per assaggiare se erano ben cotte, anche io mi univo a questo rito ancestrale, che, poi, era un'abitudine di quasi tutti i contadini del mio paese, al mattino, prima di recarsi, con l'asino, in campagna.

Per questi motivi, la neve non ha presente, ma vive nel passato, in quanto è figlia della memoria, e nel futuro, per quanto la invochiamo tutti e, in particolar modo, i contadini, perchè la neve è foriera di abbondanti fioriture ben sapendo che, oltre ai frutti primaverili ed estivi, porterà grano, olio e vino. Che sono il pane di ogni famiglia che ancora coltiva la terra.
*Nella foto, mia nonno Ciccio e mia nonna Catuzza.


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