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Bova 12-13 Maggio 1985, l'ultima volata dello scudo crociato

  •   Gianfranco Marino
Bova 12-13 Maggio 1985, l'ultima volata dello scudo crociato

Vota Tromba, vota Tromba, vota Tromba. A chi non è di Bova questa nenia ossessiva di sicuro non dirà molto, anzi credo proprio non dica nulla, a chi come noi ha vissuto Bova, intendo in età della ragione dai lontani anni ottanta e anagraficamente anche da  prima, di certo suggerirà tante cose, intanto una data ben precisa il 1985, ma andiamo con ordine.

L’altra sera passeggiavo come faccio spesso lungo la via IV Novembre, ero in compagnia di Mimmo un paesano che come me ama sgranchirsi le gambe su quello che una volta chiamavano “lu stratùni”, quello che col tratto da San Giovanni a Verceo, rimane uno dei luoghi per antonomasia riservati alla passeggiata dei bovesi. Per la cronaca, il mio occasionale compagno di passeggiata era Mimmo Callea, non un bovese qualsiasi, lui è uno di quelli doc, uno di quelli che nonostante la giovane età conservano comunque nell’immaginario collettivo di quelli della mia generazione un posto di rilievo, insomma uno di quelli che solo a guardarli ti aprono nella mente in modo automatico una finestra su un’epoca ben precisa. Giunti all’altezza di Piazza Ferrovieri d’Italia ci siamo fermati ad osservare un particolare che ai meno giovani di certo non sfugge. La dove oggi c’è una bottega di generi alimentari fino a meno di un trentennio addietro c’era il mitico Bar Sport con quella entrata ordinata e nella stanza successiva quell’ampio locale adibito a sala giochi, accanto c’è una graziosa enoteca e sul numero civico rimasto dalla vecchia numerazione, quella sfuggita al restyling dell’ultimo ventennio resiste un adesivo molto particolare, un po malconcio a dire il vero, ma neanche tanto se vogliamo, considerato che lo scorso mese di maggio ha spento trenta candeline. Sull’adesivo di forma circolare con al centro impressa una tromba, si legge ancora quasi distintamente la scritta: “Bova elezioni 12-13 maggio 1985. Per il rinnovo del consiglio comunale vota Tromba”.

Con Mimmo si parla spesso di tante cose, di sport, di cronaca, di giornalismo, ma anche e soprattutto di una Bova che non c’è più, si raccontano aneddoti, curiosità, si rievocano personaggi e situazioni curiose e poi ovviamente si parla anche di politica rievocando l’epopea di Pasquale Foti, sindaco per un trentennio esatto dal 60 al 90 e lo si fa con assoluta cognizione di causa anche perchè Mimmo in tante di quelle esperienze targate Foti è stato anche consigliere comunale ed assessore delegato alla Comunità Montana, rappresentando oggi in virtù di quel suo vecchio status  una delle poche memorie storiche di quel periodo amministrativo. Fermarci di fronte a quell’adesivo malconcio ma consentitemi anche prezioso per quello che è riuscito a tramandare è stato come ricevere un assist al bacio e l’argomento da li in avanti non poteva che essere quello fatidico di quell’ennesima vittoriosa tornata elettorale, la sesta consecutiva quella della primavera del 1985. All’epoca frequentavo le scuole medie ma l’aria della politica, quella del municipio e quella dello scudo crociato la respiravo dentro casa da sempre, anche da prima di imparare a camminare.

Stando ai racconti di mio padre, la prima volta che misi piede in municipio sedendomi sulle ginocchia del sindaco avevo appena sei mesi, era precisamente il mese di giugno del 1974. Riavvolgendo il nastro della mia vita penso che tutto sommato forse era proprio impossibile per me non respirare quell’aria, vuoi per il legame fraterno che univa Pasquale Foti a mio padre, vuoi perché quell’amore fraterno si era tramutato negli anni in condivisione di scelte politiche, quelle che nella prima esperienza di Foti in quel lontano 1960 aveva portato lui, appena ventinovenne ad essere uno dei più giovani sindaci d’Italia e mio padre appena due anni più giovane il suo vice. Insomma un’epoca inaugurata insieme sotto gli auspici del grande entusiasmo giovanile e chiusa come pochi avrebbero immaginato, ma questa è un’altra storia una delle tante che la vita si diverte a disegnare senza seguire le strade della logica.

Torniamo al 1985, un anno che segna per diversi motivi un punto di non ritorno. Quella tornata sarà l’ultima vittoria di Pasquale Foti, sarà anche la penultima col vecchio sistema elettorale, a distanza di dieci anni l’elezione diretta del sindaco  manderà definitivamente in pensione quel complicato sistema di preferenze incrociate. C’era un’aria strana in quella vigilia, c’era il gruppo storico di opposizione, una coalizione di sinistra molto agguerrita, quella appunto della lista “Tromba”, che sembrava avere pregustato anzitempo una vittoria assai agognata che doveva giungere a cancellare la debacle di cinque anni prima.

Di quei giorni che precedettero le consultazioni elettorali ricordo alcune cose distintamente, ad esempio le infinite riunioni che si tenevano a casa mia, dove candidati e sostenitori si riunivano a fare la fatidica conta dei voti, ricordo anche il nervosismo di mio padre che a differenza di tutti gli altri, sempre eccessivamente sicuri, sembrava aver fiutato il concreto rischio della sconfitta. Difficilmente dimenticherò  l’attesa snervante dello sfoglio delle schede, considerando che quella tornata vedeva anche la concomitanza del rinnovo del consiglio regionale e di quello provinciale la confusione era davvero tanta, ma quelle che non riesco proprio a dimenticare sono le scene di tripudio alla fine della conta, scene che come al solito si trasferirono dal municipio su a casa Foti. La vittoria fu anche questa volta schiacciante, e ci fu chi parlò di uno strano gioco di prestigio in extremis di Foti e compagni, usciti la notte prima del voto in un ultimo disperato tentativo di dissuadere alcune famiglie che sembravano avare cambiato bandiera dopo venticinque anni di fedeltà assoluta.

Leggende metropolitane, forse si, forse no, rimane il dato certo di una vittoria schiacciante con un distacco vicino ai duecento voti. Avevamo accennato al vecchio sistema elettorale e proprio in ossequio a questo obsoleto regolamento la seduta ufficiale di insediamento si tenne a quasi quattro mesi di distanza. Nel mezzo ricordo un’estate che per noi ragazzi fu come sempre esaltante, scandita dai soliti appuntamenti fissi, il mare, il pomeriggio al campetto quello che una volta avevamo ai piedi del castello, poi eccezionalmente anche al campo sportivo quello che allora ci sembrava immenso e che era riservato solo ai grandi, teatro del mitico torneo di San Rocco una competizione alla quale a dire il vero per partecipare non serviva essere dei fuoriclasse, bastava essere grandi e noi purtroppo non lo eravamo abbastanza e ci accontentavamo di andare a fare il tifo. In assenza di una tribuna vera ci si arrangiava alla meno peggio, i ritardatari aggrappati alle rocce di “Petrefìlipu” i più fortunati appollaiati sulla catasta di legna che le guardie forestali sistemavano per l’inverno.

La sera poi da qualche tempo c’era una grande novità, avevamo anche una discoteca, il “Miramonti” voluta proprio da quel sindaco vulcanico ed eccentrico, una bella discoteca tutta per noi, dove entravi gratis, con una pista da ballo e un chioschetto dove oltre ai panini alla piastra andava per la maggiore un mix di Cola e Bacardi che ci simbrava il massimo dello sballo. Il Miramonti è stato per tutti quelli della mia generazione ed anche per quelli un po più grandi un indimenticabile teatro per improbabili conquiste amorose, più o meno vere, a volte presunte, altre come spesso capita anche un po enfatizzate per fare colpo sugli amici. Chiuso il Miramonti, arriviamo a mercoledì 4 settembre, il giorno del consiglio comunale, quello dell’insediamento degli eletti che giunse con l’estate ormai già abbondantemente ai titoli di coda,  ma per noi questo era solo un dettaglio, infondo la scuola era ancora lontana e finito anche il torneo di agosto il campo sportivo, quello dei grandi era più accessibile. Giocavamo pomeriggi interi senza sosta e alla fine di ogni partita sulla strada del ritorno in quell’anno teneva banco un argomento che ci metteva in fibrillazione.

Verso la fine di ottobre sarebbe ripreso il campionato di calcio di terza categoria e ormai da sei anni anche noi avevamo un squadra con dei colori sociali per cui tifare, i colori del cuore erano il bianco ed il verde e proprio in quella fatidica estate nelle serate in discoteca si sentiva parlava di una futura stagione dove si sarebbe tentato di vincere il campionato, noi a sentire queste cose non stavamo nella pelle e mentre cercavamo di rintracciare sul Guerin Sportivo i poster di Platinì, Boniek, Zico, Maradona e Falcao, la speranza reale rimaneva sempre quella di vedere i colori di casa stampati sulle bandiere da fare sventolare e poi a completare l’estasi c’era anche l’indiscrezione relativa alla costruzione di una tribuna coperta, insomma pensavamo a tutto tranne che alla scuola, bastava avere un po di pazienza, la nebbia stava iniziando a scendere con maggiore insistenza, quello era il segnale chiaro che preannunciava l’arrivo dell’autunno. “I ricordi sono davvero belli – dice Mimmo – svegliandomi da una condizione assai vicina all’ipnosi, ma mia moglie mi aspetta per la cena, sai che ti dico continuiamo la prossima volta. Ok, ciao Mimmo, grazie della compagnia, buona cena e scusa le chiacchiere”.


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