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Bova. Donna Agatuzza e a divuzioni

  •   Franco Borrello
Bova. Donna Agatuzza e a divuzioni

di Franco Borrello - Non era certo alta donna Agatuzza. E accanto a quel pezzo d’uomo di mastro Pietro sembrava ancora più bassa (nella vecchia foto ingiallita arriva appena alla spalla del marito seduto). Sembrava “La Longa” dei Malavoglia accanto a Bastianazzo. Era però una donna energica, sempre in movimento anche se asseriva di essere gravemente ammalata di cuore, pronta ad andarsene da un momento all’altro. Lu cori batti e doli diceva. Ma quel cuore che batteva e doleva si fermò soltanto a 83 anni. E mentre la vegliavano, adagiata nella bara che il figlio mastro Ciccio aveva voluto costruirle con le sue mani, pareva di sentirla ancora rispondere al Rosario. In vita ne aveva recitati a migliaia assieme alle tante preghiere che conosceva. Ne sapeva in italiano, latino, dialetto, grecanico… Ne aveva una per ogni circostanza. Ad esempio il pranzo lo concludeva immancabilmente così: «Ho mangiato bene, ho bevuto bene: lodato sia Dio!».

E il figlio Pasqualino la prendeva affettuosamente in giro: «Oh ma’, finitela con questa preghiera. Se avete mangiato e bevuto bene voi con due erbe scondite e un bicchiere d’acqua, quando finisce di mangiare il Barone cosa dovrebbe fare? Dire una messa cantata?». Anche nei modi di dire donna Agatuzza ricorreva spesso a riferimenti religiosi. «Vaju mi fazzu la cruci… e mi cacciu l’occhi» era il più frequente, ma ce ne erano tant’altri e per tutti i gusti. Compare Peppe, il vicino, che sognava di fare il figlio prete, siccome quello scomunicato non ne voleva sapere di andare per previteddhu e di infilarsi una veste come le sue sorelle, pensò di mandarlo da donna Agatuzza ad imparare qualcuna di quelle divuzioni. Sperava che il piccolo si entusiasmasse e si decidesse finalmente ad entrare in seminario. Ma quello aveva altro per la testa.

Non pensava che ai birilli, le trottole, i nidi da cercare: ascoltava distrattamente quanto la donna tentava di insegnargli e quello che imparava la sera la mattina lo aveva dimenticato. Dopo un paio di settimane donna Agatuzza si arrese. Era una donna pia ma quanto a pazienza lasciava a desiderare. «Senti, bello - gli disse - di’ a tuo padre di lasciare in pace te e me. È chiaro che non sei tagliato per cantare messa. Le divuzioni non hai alcuna voglia di impararle. Però prima che te ne vada te ne voglio insegnare una facile facile. Vedrai che questa non te la dimentichi. Ripeti con me: Jia sett’anni cu masciu Matteu pe’ mi ‘mparu li cosi di Ddiu: sceccu era iddhu, cchiù sceccu era eu: jia sett’anni cu masciu Matteu».


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