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Bova. Il campione che infiammò le platee

  •   Gianfranco Marino
Bova. Il campione che infiammò le platee

I ricordi di Delianuova, quelli che ho voluto condividere con voi nello scorso numero hanno pesato più di quanto credessi, accendendo una parte della mia memoria che credevo di avere smarrito. Non vi nascondo che rileggendo quel pezzo, ho ripensato tanto a quei tempi, ad un’epoca che oggi mi sembra davvero tanto lontana.

Poi, come se non bastasse qualche sera addietro di rientro da Roccella sono passato casualmente di fronte al campo sportivo di Locri e, costeggiandolo, ho avvertito l’esigenza di fermare l’auto per fare quattro passi. Sarà stata la luce soffusa del tramonto o forse i tanti pensieri che in quel momento avevo in testa, ma una cosa è certa: guardare il muro di cinta di quel campo mi ha riportato alla mente immagini di tanti anni fa che mi hanno fatto sentire quella situazione assai familiare e, per un attimo, è stato come se il tempo non fosse mai passato.

Ho percorso in solitaria l’intero perimetro del campo, guardandomi intorno, guardando i palazzi e gli alberi: tutto mi è sembrato immobile, fermo nel tempo, cristallizzato a ventotto anni fa. Ripresa la via di casa la mente è tornata indietro nel tempo fermandosi al 1987. Inizia proprio in quell’anno il mio personale rapporto con Locri, una città che si distingue dalle altre della costa ionica per diversi motivi, di certo per le antiche vestigia che parlano di una grecità fiorente, ma senza voler scomodare le pietre dell’antica Epizefìri, in tempi più recenti sicuramente anche per una tradizione calcistica di assoluto blasone nel panorama regionale.

Eh già! É stato proprio il calcio la prima cosa che ho assaporato di Locri, una realtà che non conoscevo affatto e che allora, nella seconda metà degli anni Ottanta, avvertivo più lontana ed irraggiungibile di quanto in realtà non fosse. Ho imparato proprio in quegli anni che a Locri il calcio non è come nel resto del circondario, da quelle parti ha un sapore particolare, da oltre un secolo è sinonimo di una passione che si identifica in un colore e in un nome, il primo è l’amaranto, il secondo è Ac Locri 1909.

Se penso a quegli anni, alla fine degli anni Ottanta, al Locri ed a quei campionati, penso ad un’esperienza che non dimenticherò facilmente, penso ad un calcio che oggi non c’è più caduto sotto i colpi di una disaffezione pericolosamente contagiosa, penso ancora a quel muro di cinta ed alla prima volta che lo costeggiai con papà, don Ciccio e Pino Foti ascoltando i cori del tifo organizzato e la voce dello speaker che elencava i nomi degli sponsor, situazioni che fino ad allora avevo visto solo ai tempi del Catanzaro in serie A. Insomma, un’altra dimensione, tutto un altro calcio rispetto a quello cui eravamo abituati dalle nostre parti, appena 60 km più a sud, dove da sempre si galleggiava tra la terza ed al massimo la prima categoria.

Per iniziare a raccontarvi questa storia parto da una data ben precisa, da una classifica e da un elenco di nomi che i meno giovani, amanti del calcio locale, non potranno non ricordare. La data è il 24 aprile 1988, la classifica è quella finale che recita Locri 46, Gioiese 42, San Luca 37, i nomi o, se preferite, i cognomi eccoli di seguito: Etna, Alia, Carabetta, Scorrano, Foti, Sestito, Codispòti, Silvano, Galluzzo, Giorgi, Carìto, allenatore Sandro Stivala. Era davvero un altro calcio quello, con la vittoria che valeva ancora 2 punti, col portiere che poteva intervenire con le mani sul retropassaggio del compagno e soprattutto col campionato di Promozione che rimaneva ancora il massimo torneo regionale.

Lo ricordo bene quel pomeriggio del 24 aprile di 27 anni fa, ricordo il comunale invaso da migliaia di persone, cori, bandiere, striscioni, tutti uniti contro l’unico ed ultimo ostacolo che si frapponeva al ritorno del Locri nel campionato Interregionale. L’avversario da abbattere in quella domenica di primavera era l’Hudax Ravagnese del presidente Bruciafreddo. Ricordo che in quel pomeriggio, per me dal sapore surreale, in quel clima di festa sfrenata, a mettere il sigillo matematico su un torneo vissuto sempre ai vertici non fu uno dei soliti finiti sul taccuino dei marcatori durante tutta la stagione.

A chiudere le ostilità, mandando a casa il Ravagnese e mettendo di fatto la parola fine al torneo, fu un difensore: Peppe Alia che all’88° minuto fece quasi venire giù le tribune del comunale stipate all’inverosimile. Che il Locri di quegli anni sia di certo un bel ricordo, e non solo per me, questo è evidente, meno evidente è il significato della mia presenza a Locri in quegli anni. Tra i nomi che vi ho elencato ce n’è uno in particolare che giustifica la mia presenza e quella di tanti tifosi bovesi da quelle parti: Giuseppe Foti, da Bova, per i tifosi del Locri semplicemente Peppe Foti.

In quell’anno ha appena diciotto anni, è giunto a Locri l’estate prima, dopo una breve esperienza in prima categoria e molti lo indicano già come una sicura promessa del calcio locale. Giuseppe è un ragazzino esile, dai piedi buoni e dalla tecnica sopraffina, una mezza punta come si diceva allora, un ambidestro che riesce a disorientare le difese avversarie con giochi di prestigio che infiammano le platee. Non ci mette molto a diventare l’idolo della tifoseria locale lasciando una firma indelebile su quell’annata straordinaria, lo fa con assist, gol di straordinaria fattura e giocate che tracciano il profilo di un atleta sicuramente di altra categoria.

Eccolo il mio legame con Locri e soprattutto con il Locri di quegli anni, un’avventura trascorsa in giro per i campi della provincia a seguire Giuseppe e forse anche un sogno, con quella giusta punta d’orgoglio che ci coinvolgeva tutti, per quel ragazzo che portava il nome di Bova fuori dai confini comunali facendolo conoscere come luogo capace, tra le altre cose, di sfornare talenti sportivi. Con Giuseppe ogni domenica un codazzo di amici e parenti, onnipresenti, da Delianuova a San Luca, passando per Gioia Tauro e Chiaravalle.

Oggi di quella comitiva che si muoveva tutte le domeniche, siamo rimasti in pochi, di quel calcio è rimasto poco o nulla, ma sono certo che dalle parti di Locri tanti ricorderanno questo coro: «E facci un gol, e facci un gol e Peppe Foti facci un gol!».


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