Menu
In Aspromonte
Cinema: Il docufilm “Terra mia” da San Luca ad Altamura

Cinema: Il docufilm “Terra mia…

di Cosimo Sframeli - ...

Recovery: UeCoop, per 80% imprese Calabria aiuti solo fra un anno

Recovery: UeCoop, per 80% impr…

C’è un clima di sfiduc...

Bovalino: La Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, dott.ssa Racco, scrive alle autorità competenti in merito alla situazione scuola, al fine di evitare un sacrificio ingiusto ai bambini calabresi

Bovalino: La Garante per l’Inf…

La Garante per l’infan...

Coldiretti, nubifragio nel crotonese: «dopo la grande paura il bilancio dei danni sarà pesante»

Coldiretti, nubifragio nel cro…

I violento nubifragio ...

Coldiretti, in vigore l’etichetta Made in Italy per i salumi. La trasparenza che tonifica l’economia calabrese ed è valore aggiunto per i suinicoltori

Coldiretti, in vigore l’etiche…

Adesso non conviene ba...

Bovalino, conclusi i lavori di ampliamento della Scuola dell’Infanzia di Borgo e di riqualificazione con messa in sicurezza del plesso scolastico

Bovalino, conclusi i lavori di…

L’Amministrazione Comu...

Federaccia e AA.VV. Calabria sulla VINCA al Calendario Venatorio 2020-2021

Federaccia e AA.VV. Calabria s…

Reggio Calabria 2 nove...

Coldiretti Calabria, i cinghiali sono troppi: la Regione intervenga con piani di abbattimento selettivi

Coldiretti Calabria, i cinghia…

Ci sono troppi cinghia...

Artigiani e produttori insieme al Parco dell’Aspromonte ad Artigiano in Fiera

Artigiani e produttori insieme…

Oltre un milione di vi...

Nel Parco dell’Aspromonte vive una delle querce più vecchie del mondo

Nel Parco dell’Aspromonte vive…

Una Quercia di oltre 5...

Prev Next

Bova. Sul binario della memoria

  •   Gianfranco Marino
Bova. Sul binario della memoria

Spesso i luoghi fisici sono legati a segni distintivi ben precisi, caratteristiche geografiche, storia, aneddoti, personaggi e monumenti che diventano elementi di immediata identificazione. Chi giunge a Bova, dopo aver percorso i circa 9 km che separano il centro dalla marina, avverte fin dal primo momento di non trovarsi in un luogo come gli altri. A qualche metro dal centro, in una piazzetta adiacente ribattezzata Piazza ferrovieri d’Italia, c’è lei: la locomotiva a vapore GR 740/054, costruita nel 1912 nelle acciaierie Ansaldo di Genova Sampierdarena.

Non è facile da spiegare il senso della sua presenza, né ricostruire l’impresa che l’ha condotta fin lì. Per Pasquale Foti, sindaco di allora, la locomotiva diventava un simbolo dell’emigrazione al contrario. «Il locomotore – diceva – è il primo mezzo con cui la gente è partita per abbandonare la propria terra. Non andate più via, noi ve lo portiamo sotto casa». Trovata romantica e un po’ bizzarra, che prestava il fianco alle polemiche, ma questo lui, politico navigato, sindaco di Bova per un buon trentennio, lo aveva già messo in conto.

Qualche giorno addietro si è ripetuto un rituale cui siamo ormai abituati. Questa volta è un ciclista solitario a chiedermi se voglio essere così gentile da scattargli una foto. Dopo averlo salutato, non so perché, ho ripensato a quella giornata memorabile che aveva preso davvero tutti, un intero paese, quelli emotivamente coinvolti e quelli che assistevano inermi e quasi rassegnati ad un’impresa da molti ritenuta bizzarra.

Certo, la giornata del trasferimento della locomotiva non la dimenticherò mai, un tour de force interminabile, iniziato alle 9:20 del mattino e terminato venti minuti dopo la mezzanotte, ben quindici ore dopo. Tante ce ne vollero per percorrere quei 14 infiniti chilometri di tornanti. A un tratto mi assale uno strano nervosismo, i ricordi si fanno sfocati e i dettagli iniziano a confondersi. Senza pensarci due volte, salgo in macchina e mi dirigo verso la marina dove c’è chi mi può venire in soccorso e vado a bussare dritto alla sua porta. Tra i tanti testimoni di quella impresa uno, in particolare, ha inciso per sempre su quella storia il suo nome, si chiama Vincenzo Cavallaro, un ferroviere ormai in pensione, all’epoca capo tecnico della linea ionica. In quella occasione fu incaricato dal sindaco di progettare e seguire i lavori di costruzione del tronco di binario che avrebbe ospitato la locomotiva.

Il signor Cavallaro mi accoglie felice, immagina già cosa voglio e, senza che gli chieda nulla, inizia a ricordare un aneddoto «Mi ricordo di voi quel giorno, avete passato tutto il tempo a seguirci a bordo di una moto». Dopo avere ascoltato le sue parole ci guardiamo un attimo negli occhi con un’intesa immediata, quella che parte quando si ricordano certi avvenimenti che rappresentano un comune legame col passato.

Signor Cavallaro ci sono passaggi che non riesco a ricordare. «Sapete una cosa, molti sostengono che il treno a Bova non c’entri nulla, beh vi dico che nel 1868, quando il Comune sulla costa ancora non esisteva, nacque la prima fermata del treno in quella che si chiamava marina di Bova. La locomotiva GR 740/054 fa parte di un gruppo costruito tra il 1911 e il 1923, ed è stata una delle ultime a sopravvivere in attività fino al 1990, espletando un servizio come macchina di riserva o come traino del carro soccorso. Se penso a quella giornata ancora ho i brividi. Settimane prima, la locomotiva venne trasportata dal deposito di Castelvetrano (Tp) a quello di Reggio, dove alcune perizie sentenziarono l’impossibilità di trasportarla fino a Bova. Quel verdetto fece scattare la sfida nella quale il sindaco mi volle coinvolgere, era il 1987. Dopo il rifiuto di alcune ditte di trasporti, finalmente trovammo una che si fece carico di portare a termine l’impresa. Circa una settimana prima del trasporto del locomotore, ci fu il trasferimento del tender su un carrello gommato, passaggio che servì anche come test preliminare per verificare sul campo le difficoltà del tragitto. L’eccessivo peso del locomotore, circa 66 tonnellate, costrinse l’autotrasportatore a far giungere direttamente da Patti (Me) un carrello per trasporti speciali con tutte le ruote sterzanti. Arrivato il grande giorno e trasferito il locomotore alla stazione di Condofuri, iniziarono le operazioni di trasferimento sul carrello e il successivo ancoraggio. Partimmo da Condofuri verso le 8:40, se non sbaglio era il mese di ottobre, dopo avare percorso la Ss 106 fino al bivio per Bova, prendemmo la salita verso le 9:20. Ricordo che il carrello era trainato da una motrice e in supporto c’erano un camion carico di inerti e una pala gommata, che servivano a modificare i tornanti qualora il carrello non fosse riuscito a girare agevolmente, cosa che puntualmente si verificò. Dopo una salita interminabile, trasformatasi in una processione di curiosi, arrivammo al bivio del cimitero di Bova dove oggi si imbocca la nuova strada, alcuni lavori avevano provocato l’assenza dell’asfalto che causò la deformazione di un’asta di traino: furono attimi di puro terrore. Superata anche quella prova, raggiungemmo le prime case della periferia, dove la gente stava affacciata aspettando ormai da ore lo spettacolo. Ricordo un vecchio invalido, portato fuori su una sedia a vedere il treno, mezzo che non aveva mai visto in vita sua. Giunti in piazza, ad attenderci c’era praticamente tutto un paese, diviso tra scene di festa e di incredulità. Il giorno dopo venne la parte più difficile: collocare il locomotore sul binario. Ci riuscimmo con l’ausilio di rotaie mobili, che servirono da guida per far scivolare (non senza rischi) quel colosso nella sua sede definitiva. Gianfranco, fu un’impresa incredibile. Ma che ve lo dico a fare, voi la ricordate quanto me».

Si commuove Cavallaro nel ricordare quei momenti, si commuove ancora di più nel ricordare la tanta gente protagonista di quell’impresa, gente che ora non c’è più. «Quella locomotiva rappresenta più di quanto tanti immaginino, perché tanta gente non c’è più mentre lei rimane là, un po’ dimenticata, un po’ defraudata e, nonostante in tutti questi anni abbiamo sentito di tutto, rimane un dato di fatto. Quel gigante, che il sindaco voleva iscrivere nel guinnes dei primati come il locomotore più alto d’Italia, oggi rappresenta un’attrazione per tanta gente che continua a stupirsi. Lo stupore e le foto ricordo mi dicono che il coraggio di quel sindaco, e l’impegno di tutti quelli che come me hanno rischiato in quella lunga giornata, non sono stati inutili. Se mi consentite, vorrei chiudere con un ricordo bello, anche questo condiviso con voi in una giornata memorabile. Ricordate la cerimonia di inaugurazione il 7 maggio 1988? Sul palco c’era Arnaldo Chisari, direttore generale del Ministero dei trasporti. Ho ancora negli occhi il Chisari e il sindaco che mi danno una medaglia d’oro in ricordo dell’impresa». Grazie signor Cavallaro. «Grazie a voi per avermi fatto rivivere quei giorni».


  • fb iconLog in with Facebook