Bovalino com’era una volta, Giovanni Tizian e il sogno infranto
- Mimmo Musolino
Se qualcuno mi diceva Bovalino Marina, fino a qualche decennio scorso (oggi vuole dire anche tanto altro ma, in questo contesto, non è il caso neanche di accennare) io pensavo alla mia prima giovinezza, al mare, alle mangiate di “zzipangulu” (l’anguria) giocando “a patruni e sutta”, di pesce fresco comprato, appena pescato, dalle barche dei pescatori locali, “i pisciari” (i pescivendoli) che spesso arrivavano a Careri con cassette e bagnarole colme di pesci, seguiti dal codazzo ironico e chiassoso di noi ragazzi, e vendevano il pesce porta a porta, gridando con voce altosonante e a cantilena: “ccattativi u pisci friscu ..u pisci friscu; i sardi…e i lici vivi, vivi chi ancora sartanu ‘nta l’acqua i mari chi vi portai i Bovalinu”.
Bovalino Marina era il sogno cullato, per giorni e settimane, da noi ragazzi dei paesi interni di Bovalino Superiore, Careri, Natile Nuovo e Vecchio, San Luca, Platì, Benestare che non vedevamo l’ora di arrivare, ed a volte anche a piedi, (attraverso scorciatoie che solo noi conoscevamo attraversando viottoli in mezzo alle campagne floride e fiorite e ancora non “‘mpestate” da ogni sorta di insetti nocivi); o anche in bicicletta ed in autobus, sul carrello di una moto – ape e con ogni altro mezzo possibile per arrivare “a marina” e frequentare i locali alla moda; ammirare l’Hotel Orsa dei fratelli Panuzzo, che si elevava maestoso difronte alla stazione ferroviaria e accanto alla villa comunale e sperare di incontrare ed adocchiare qualche bella turista.
E poi il lido “Orsa” il quale, nell’anno 1969, era diventato un ritrovo estivo di rinomanza e risonanza internazionale essendosi esibiti su quella pista tutti i più grandi e gettonati cantanti del momento e gruppi musicali, ed i famosi“complessi”, italiani e stranieri (nella foto a fianco il complesso inglese dei “The Renegades”, a sinistra il ragioniere dell’Hotel, Gigi Zappia ed al centro il sottoscritto). Ma ricordo anche i nostri genitori che andavano “a marina” anche a dorso da “ghjumenta” o di “sumeri” e portavano nelle nostre case disadorne le testimonianze di una civiltà ancora, nei paesi interni e di montagna, sconosciuta e lontana (nonostante la vicinanza geografica) tra la gioia e la sorpresa di noi ragazzini e “a marina i bovalinu” nella nostra fantasia ci sembrava una piccola America. Io ho vissuto personalmente ed intensamente quella stagione fantastica della fine dei “favolosi” anni 60; era l’anno 1969, in quanto ho lavorato, con varie mansioni, una estate intera presso l’Hotel Orsa (Foto in alto), al centro di Bovalino, sempre stracolmo di turisti italiani (soprattutto milanesi) e stranieri, un vero fiore all’occhiello di moderna ed efficace ricettività turistica calabrese e italiana. Per noi ragazzi iI massimo dello “snob” era sedersi ai bar moderni (a quel tempo il bar pasticceria “Martino”, famiglia di famosi pasticcieri emigrati da Melito Porto Salvo, era il primo nostro traguardo per soddisfare la nostra golosità e mania di grandezza o a quello del monarchico “Perri” accanto alla stazione ferroviaria, poi sono sorti tanti altri ritrovi e locali di buon livello. E come non ricordare quello che era una icona della Bovalino anni 60, Mastrofilippo, con il suo immancabile impermeabile per tutte le stagioni ed il mazzo di giornali, vecchi e nuovi, sottobraccio da rifilare agli ignari viaggiatori. A spezzare questo sogno – ricordo di gioventù, a notte quasi inoltrata, una trasmissione su Rai 1 “Cose nostre”, che vede tra gli autori un altro giovane e coraggioso “riggitanu”, il giornalista, scrittore ed autore Danilo Chirico, ed ho appresso dell’esistenza e dell’impegno di un giovane trentenne “bovalinese doc”, come lui afferma con determinazione e passione, che porta Bovalino sempre nel cuore e con grande amore, nonostante abbia subito (lui, era solo un bambino) il dolore più grave, grande e incancellabile che segna tutta la vita, l’assassinio del suo giovanissimo padre, Giuseppe Tizian, nel 1989 (appena 27 anni fa); e la sua famiglia molto conosciuta (a Bovalino chi non conosce i Fonti), sia stata costretta a vivere ed operare a Modena ed egli stesso è un emigrante. Si chiama Giovanni Tizian. Adesso è uno dei più affermati giornalisti del nostro tempo anche se ha perso la sua libertà in quanto è costretto a vivere sotto scorta. In questo notturno reportage si è vista e documentata una Bovalino molto cambiata e molto diversa, irriconoscibile rispetto al mio sogno (però realmente vissuto) di gioventù, e stento a credere che le nostre realtà locali (non riguarda solo Bovalino) invece che migliorare, soprattutto nel settore turistico, hanno fatto notevoli passi indietro.
Esempio eclatante può essere rappresentato da quello che era il simbolo del turismo bovalinese e calabrese, l’Hotel Orsa, poi per tantissimi anni adibito ad altre attività che niente avevano a che fare con il turismo ed oggi in completo e pericoloso abbandono el’Hotel Orsa Sud, costruito sull’onda dell’entusiasmo per il grandissimo successo avuto con l’Hotel Orsa; dopo varie vicende, l’Hotel Orsa Sud ora rappresenta il bruttissimo e deleterio biglietto da visita per chi arriva a Bovalino essendo in bella “mostra” proprio sulla SS 106 jonica vicino all’incrocio con la ex 112 della Bovalino – Bagnara mai completata (altro esempio di abbandono e degrado della nostra martoriata terra).
Però, io credo fermamente e fortemente, che ci sono ancora tutte le condizioni, perché Bovalino, e altre cittadine della fascia jonica reggina, come Brancaleone (meglio se consorziate), possano rinascere all’antico splendore a patto di rimboccarsi le maniche e cercare di valorizzare il nostro grande ed inestimabile patrimonio di tradizioni, cultura, ambiente, natura e riaffermare.