Bruno, l'Aspromonte e le parole del silenzio
- Gianfranco Marino
Ci sono silenzi che ci parlano, ci raccontano storie, storie che non puoi farti raccontare da nessun altro, perché sono sempre diverse, mutano al mutare di chi le ascolta. Mi convinco di questo adagio, ogni volta che mi fermo ad ascoltare il silenzio in luoghi dove il silenzio si riesce ad ascoltare distintamente, come l'altro ieri ad Africo, tra le rovine che parlano, al pari di quelle dei tanti centri abbandonati d'Italia, si dice ve ne siano circa seimila. È bella Africo in autunno, come tutta la montagna che la circonda, col giallo delle foglie che formano un tappeto soffice e colorato, lasciando in piedi scheletri di legno ancora non del tutto spogli a ricamare il paesaggio. Tanti si chiedono quale fascino vi sia nell'abbandono, nella solitudine, nel deserto di voci e di gente. Io credo che il fascino stia nelle cose che ascolti, che vedi o anche solo che immagini, lo ritrovi dove meno te lo aspetti e al pari delle storie di cui sopra, non è uguale per tutti, cambia al cambiare di chi ascolta e di chi osserva.
L'atra mattina sono tornato da quelle parti per assolvere ad una promessa, fatta qualche anno fa, quando salutando Bruno gli dissi che al suo ritorno lo avrei portato ad Africo vecchia a scattare qualche foto, un cruccio che gli era rimasto dopo che, vittima di mille peripezie era dovuto ripartire con quella incompiuta che non gli era proprio andata giù. È una storia curiosa quella del conto in sospeso di Bruno con la vecchia Africo, una storia iniziata circa tre anni fa quando Bruno Carbone, francese di Marsiglia, ma con chiare origini calabresi mi contattò telefonicamente per informarsi se c'era un posto dove pernottare a Bova, dicendomi che proprio Bova sarebbe state base ideale per il tour che si era programmato. Area grecanica e non solo, alta locride e poi ancora la piana il Cippo di Garibaldi e Gambiarie, insomma un giro mica da ridere per uno appassionato di foto come lui, un'occasione irripetibile di portare con se un ricordo da riguardare nei lunghi inverni transalpini.
Ma facciamo un passo indietro. Bruno e un bibliotecario in pensione che dopo la morte della madre, vive praticamente da solo a Marsiglia, in uno dei quartieri bene della Città, un particolare che non dimentica mai di evidenziare. "ci vorrebbe una vita - dice Bruno - per conoscere bene Marsiglia, è una Città bellissima ma con un alto tasso di criminalità, dove come tutti i porti del Mediterraneo, convivono migliaia di etnie e dove lo squilibrio tra una povertà eccessiva e un eccessivo benessere è assai più marcato che in altre realtà europee". Quella ad Africo è stata una giornata eccezionale per Bruno, glielo si leggeva negli occhi, attenti a scrutare quei colori, quei paesaggi, quei ruderi che di certo avranno detto anche a lui qualcosa. L'altro ieri ad Africo Bruno ha chiuso un cerchio lasciato aperto tre anni fa, quando da solo, in compagnia della sua macchina fotografica ci aveva provato senza fortuna a raggiungerlo quel paese fantasma. La prima volta aveva sbagliato strada finendo a Casalnuovo, la seconda addirittura vero Staiti, sui tornanti di Pietra Calcina, dove un guasto al cambio delle marce lo aveva costretto ad abdicare. Insomma la sua spedizione alla ricerca di Africo si era mestamente conclusa a bordo di un carro attrezzi che lo aveva riportato a Bova, quantomeno sano e salvo. L'album dei ricordi calabresi di Bruno adesso è davvero completo, me lo ha detto ieri mattina quando ci siamo salutati. Non so se ci rivedremo, francamente spero di sì, in ogni caso la giornata ad Africo, veloce e gradevole la porterò come un ricordo, come lui la porterà di certo in valigia quelle foto in attesa di trasferirle sul PC, riguardandole quando ne avrà voglia.
La strada del ritorno l'abbiamo fatta in religioso silenzio come quasi tutta la camminata tra i ruderi e guardando fuori dal finestrino dell'auto, mentre osservavo quei profili taglienti, quei colori cangianti resi sempre diversi dal sole che si nascondeva dietro le nuvole per poi riapparire veloce e intermittente, nella testa si sono affollati tanti pensieri, pensieri di andate e ritorni, tra frastuoni assordanti e lunghi silenzi, poi ho pensato anche che era proprio bello il cielo visto da quelle montagne, era bello anche perché era pieno di nuvole, ho pensato che un cielo azzurro senza nuvole è come una bella stanza, ultimata, rifinita e poi rimasta vuota. Tra qualche giorno Bruno sarà di nuovo a Marsiglia, in quel quartiere che a lui piace tanto, si affaccerà alla sua finestra e guarderà il cielo pensando anche lui per un momento alle tante andate ed ai tanti ritorni, tra frastuoni e silenzi, solo che a quei silenzi, da qualche giorno ha potuto aggiungere anche quelli di quest'angolo di montagna.