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Careri. «Io, Francesco Perri e l’Aspromonte» (2^ Parte)

  •   Mimmo Musolino
Careri. «Io, Francesco Perri e l’Aspromonte» (2^ Parte)

Dopo qualche minuto Francesco Perri scrollò le spalle come se si volesse liberare di un peso ingombrante e ritornò sereno. Io mi girai verso Careri credendo che egli volesse rientrare a casa, ma il grande scrittore mi trattenne, dicendo: «Se tu non hai altri impegni mi farebbe piacere continuare questa nostra passeggiata». Io gli risposi: «Non ho nessun impegno, ma anche se ne avessi, niente può essere più importante e piacevole della vostra compagnia». Egli sorrise compiaciuto. Ed incominciammo a camminare al lato della “stratanova” vicino all’orlo delle cunette che facilitavano lo scolo delle acque piovane, e accanto alle quali crescevano una miriade di piante spontanee.

La strada carrabile si snodava, quasi si avvinghiava, giù per una ripida discesa e ad ogni paio di metri si presentava una curva a gomito che ne impediva una visuale più spaziosa e libera. Spesso Francesco Perri si fermava a studiare ad ammirare le piante coltivate e quelle spontanee che crescevano negli orti e nei terreni ai lati della “stratanova” e mi chiedeva come si chiamassero e delle notizie botaniche dettagliate.

Non sempre ero in condizioni di rispondere adeguatamente anche in considerazione dell’impressionante moltitudine di piante spontanee (una biodiversità unica al mondo che solo molti anni più tardi, per iniziativa del Presidente del Parco di Aspromonte, l’agronomo e professore universitario, Giuseppe Bombino, tale meravigliosa biodiversità, è stata oggetto di studio e di attenzione ad alti livelli scientifici e botanici). Ad ogni risposta egli mi guardava e muoveva la testa con un cenno di assenso, ed a volte mostrava una espressione enigmatica. Anni più tardi leggendo i libri di Perri, soprattutto Emigranti ed I Conquistatori mi resi conto che egli giocava con me come il gatto con il topo.

In questi libri, scritti circa mezzo secolo prima, egli citava un’infinità di piante che crescevano e si sviluppavano solo nella particolare situazione ambientale e nel microclima, unico al mondo, dell’Aspromonte. Basta ricordare qualche rigo di Emigranti. Nel secondo capitolo, egli scrive: “Le campagne erano coperte di una verdura rigogliosa e fiorita; negli orti occhieggiavano le fave; le macee erano piene di ortiche, di nepitelle, di vilucchi, di soffioni; nei grani, che pareva crescessero con l’ondeggiar del vento, si aprivano i papaveri fiammanti, e i bei gigli rosei delle palmelle. Tutte le strade, i cigli dei fossi, i margini delle vie, i sentieri, gli embrici, le gronde, le rovine delle vecchie case, il cornicione della chiesa, la sommità del campanile si coprivano di margheritine dorate, di violacciocche e dei fiori gialli del soffione”.

Notizie botaniche di alcune di queste piante, che io non conoscevo, era difficile trovarle nelle enciclopedie e più tardi nelle ricerche al computer. E mi rendevo conto della immensità culturale di quell’uomo che oltre ad essere un grande scrittore e giornalista sembrava essere un esperto botanico di considerevole e straordinaria levatura. E mi chiedevo spesso, negli anni a venire, quando per espletare il mio lavoro all’Esac (Ente sviluppo agricolo Calabria) poi Arssa (Agenzia regionale servizi sviluppo agricoltura), ero impegnato nelle campagne dell’Aspromonte, che impressione si poteva essere fatta di me in merito alla mia preparazione tecnica, scientifica e botanica e mi venivano i brividi e vampate di rossore pensando di non essere stato all’altezza delle sue conoscenze agricole e botaniche.

Passo dopo passo arrivammo vicino al trappitu di Vincenzino Caminiti che oltre ad essere un solerte e bravo agricoltore, era anche un combattivo sindacalista della Coltivatori diretti e consigliere comunale a Careri, e Francesco Perri si fermò a scambiare qualche opinione circa la lavorazione delle olive e sulle caratteristiche e proprietà organolettiche dell’olio d’oliva di Careri. Qualche passo avanti e arrivammo vasciu ‘a Costa, ancora scoscesa per una “indomabile” ed eterna frana, da dove si vedeva l’abitato di Careri appeso, come aggrappato, al pericolante “costone favata”, ed egli si appoggiò al “parapetto” e guardò incredulo quello straordinario spettacolo di case aggrappate alla terra, come un neonato al grembo della madre. Si chinò, poggiando una mano dietro la schiena, come per aiutarsi, e prese nelle sue mani un pugno di terra e la guardò intensamente, la strofinò fino a ridurla in polvere e poi la adagiò vicino al tronco di una maestosa pianta di quercia.

Tanti anni dopo compresi il significato del suo gesto. Egli amava svisceratamente quella terra, la sua terra, così come la sublima in Emigranti con tanti riferimenti. Ed infatti lasciò come testamento di voler essere seppellito nella nuda terra nel cimitero della sua Careri. Desiderio che fu onorato e una “fossa” venne scavata nel cimitero di Careri, nella quale fu sepolto, con la scarsa partecipazione di personaggi della “politica” e della “cultura”, ma alla commossa presenza di tutti i pandurioti, l’uggioso pomeriggio del 9 dicembre 1974 (il benevolo destino volle che in quel periodo storico fosse sindaco di Careri proprio l’amato nipote Vincenzino).

Sulla lapide che copriva la fossa venne scolpita l’epigrafe: “Nella terra dolce e forte dove volle tornare come in grembo materno riposa Francesco Antonio Perri. Raccolgano e tramandino il messaggio del suo spirito indomito quanti lo piangono e lo onorano”. Come si può leggere nel libro-reportage Nel 150° anniversario della fondazione del comune scritto da un altro carerotu, il professore Giuseppe Pipicella il quale era un riferimento sicuro per i dipendenti comunali di Careri ed per i giovani del paese, ed ancora oggi è una prestigiosa firma di Gazzetta del Sud. Ed in questo libro ci sono bellissimi riferimenti allo scrittore in occasione dell’ultima visita, da vivo, di Francesco Perri a Careri il 23 settembre 1970, quattro anni prima della sua morte, in occasione del conferimento da parte dell’Amministrazione comunale di una medaglia d’oro ricordo in riconoscimento dei suoi meriti letterari e del suo impegno civile.

(continua)


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