Domenico Stranieri. «Il mio ricordo di Sisinio Zito»
- Domenico Stranieri
Nella sezione del Partito Socialista di Sant’Agata del Bianco, negli anni ’80, noi ragazzi ci sedevamo per terra ad ascoltare i discorsi dei grandi. E quando in paese arrivata Sisinio Zito, nella sezione delle “Baracche”, si avvertiva una soddisfazione particolare tra la gente. Ma perché era piacevole ascoltare un politico che aveva non solo una grande capacità pragmatica ma anche una vasta cultura. Così, d’istinto, rammento che si discuteva spesso del Parco dell’Aspromonte, riordino nella mente le parole di mio padre e penso ai visi di tanti miei concittadini. Alla fine per noi ragazzi era sempre una gioia infilare sulle magliette, all’altezza del cuore, come uno scudetto, la spilla con il garofano rosso.
Ieri, 6 luglio, nel mio nuovo ruolo di sindaco, durante un consiglio comunale, proprio io, che negli anni ’80 me ne stavo seduto per terra insieme agli altri ragazzi del paese, ho ricordato la recente scomparsa di Zito. La sala consiliare ha risposto con un lungo e affettuoso applauso.
Naturalmente della figura di Zito si sta parlando molto in questi giorni. Egli, come tanti politici della prima Repubblica, è stato “vittima” della rivoluzione giudiziaria che ha cancellato uomini e partiti. Il problema, però, è che, malgrado la forza aggressiva delle campagne moralistiche, una nuova era non è mai iniziata.
Personalmente, però, ho apprezzato Sisinio anche come meridionalista. L’ultima volta che ci siamo sentiti al telefono gli ho detto che stavo rileggendo le sue “Cronache dal Regno” (Gangemi Editore 1992). Si è quasi meravigliato ed ha risposto: “davvero?”. Poi ha sorriso.
Negli anni ’90, difatti, mentre avanzava l’antimeridionalismo leghista (e politici e intellettuali, ma non tutti, rimanevano muti) Zito scriveva le sue riflessioni che, in fondo, rappresentano un’unica grande difesa del Mezzogiorno. E mentre si chiedeva che futuro e che voce avrà il Sud, Sisinio riaffermava con forza che bisogna “fare la scelta di fondo che consiste nel considerare veramente il Mezzogiorno come questione nazionale, anzi la più importante questione nazionale, e quindi come vincolo di tutte le decisioni politiche”.
Nel libro c’è anche un pezzo dal titolo “Appello per Mario La Cava”, dove si reclamava l’applicazione della legge Bacchelli per “una delle più limpide voci della terra calabrese” (che era, in quel momento, gravemente sofferente).
Ma non solo. Anche quando si proponevano soluzioni “dubbie” ai problemi della Calabria non mancavano le considerazioni puntuali di Zito. Riporto qui il finale di un articolo: ” ..solo la più totale e spaventosa ignoranza di quali sono i termini del problema ‘ndrangheta può far pensare all’impiego dell’esercito in Calabria e cioè, in sostanza, a una nuova guerra al brigantaggio. Ve l’immaginate il generale Angioini, sponsorizzato dal suo collega Caligaris, che alla testa delle sue truppe entra vittorioso a Platì, Careri, S.Luca? C’è da morire dal ridere, o se preferite dal dolore e dalla vergogna”.
Ecco cosa pensava Sisinio, e proseguiva per pagine e pagine. La sua era una riflessione alta e profonda, e quindi da tramandare.
Addio, dunque, ad un uomo che ha saputo difendere la sua gente e la sua terra, a un socialista vero, a un meridionalista autentico.