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I ragazzi dell'Aspromonte muoiono in galera

  •   Gioacchino Criaco
I ragazzi dell'Aspromonte muoiono in galera

Le rughe di un tempo erano microcosmi nel piccolo mondo dei paesi della Locride. Intere famiglie contenute a stento in minuscole case popolari, disposte intorno al cortile della ruga. Centinaia di anime avvinte da un vincolo che andava oltre il legame di sangue. Tutti per uno e tutti per tutti. Tutti uniti in un destino comune. Una grande famiglia. La festa era festa per tutti e il dolore un dolore comune. I bambini si alzavano all’alba, d’estate, giocavano  sino a sfinirsi. Una pausa per il pranzo e poi di nuovo in cortile fino al tramonto. L’imbrunire era un evento, magico e strano allo stesso tempo. I bambini fermavano il gioco, le donne portavano fuori le sedie e aspettavano il rientro degli uomini dalla campagna. Anche quelle avvinte nel nero si sedevano davanti all’uscio, pur non avendo uomini che potessero rientrare. I bambini le scrutavano con compassione, senza capire. Compresero più avanti. Così i ragazzi delle rughe diventavano grandi, abbeverati alla fonte dell’odio e alla sete della vendetta, imparando a cambiare i colori del dolore in quelli dell’odio placato. Quei ragazzi percorsero le strade infernali e il nero lo portarono altrove, a colorare altre case e altre donne e creare altre attese. I ragazzi delle rughe diventavano grandi all’imbrunire quando la luce abbagliante del sole non riusciva più a nascondere la durezza della vita. E alla fine l’aurora non arrivò più e il giorno divenne notte e l’imbrunire si prese tutto. I bimbi della Locride diventarono uomini in fuga dalle pallottole e dalla galera. Furono cattivi, e non m’importa se la colpa della cattiveria appartenesse solo a loro o andasse condivisa con una società cieca e sorda. Ci sono nato in una ruga e comunque fosse, quella gente è la mia gente. E ogni volta che qualcuno di loro manca è un colpo al cuore. E a Pompa l’ha fregato il cuore, gli si è fermato di colpo, dentro una galera. Il suo nome nemmeno ce lo ricordavamo più, per noi era Pompa, da sempre. Sigarette e caffè e poteva fare 2.000 chilometri senza dormire. E a me non importa se fosse stato colpevole o innocente, mi spiace sapere che il suo sorriso, perenne dentro un viso macchiato dalla plastica infuocata, in questa vita non lo vedrò mai più, insieme ai volti di tanti fratelli stupidamente e inutilmente divisi. Tanto, troppo sangue hanno versato e fatto scorrere i figli dei boschi. Possano Dio e gli Dei placare lo spirito guerriero che li anima, e scacciare il Demone che li possiede  


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