Il racconto. La bilancia delle anime
- Bruno Criaco
Pietro bestemmiava e mandava maledizioni a se stesso ed al mondo intero. I muscoli delle gambe erano indolenziti, il respiro sempre più affannato, e lui non accettava di essere già stanco. E il sentiero che si inerpicava verso la cima della montagna era solo all’inizio. Si asciugò il collo e la fronte con il berretto di lana degli ergastolani. Sputò. Si girò dietro sforzandosi di non apparire stanco all’uomo che lo seguiva. Pure l’altro teneva con una mano lo stesso berretto e con l’altra un piccone.
«Compare Giommo – disse Pietro – ma lo sentite questo rumore?»
«Sull’anima della Madonna che lo sento compare!»
«È il suono di un campanaccio o mi sbaglio? »
«Compare Pietro che parole dite? Voi non sbagliate mai! Sull’anima della Madonna che finalmente si mangia».
I due compari camminavano da diversi giorni. Scalzi. Senza cibo. Coi piedi sanguinanti. Ma si conoscevano da anni.
Anni passati insieme al carcere di Gerace, dal quale erano riusciti a scappare in modo rocambolesco solo pochi giorni prima; in quel carcere avrebbero dovuto passarci il resto della vita, condannati senza sconti per omicidio.
«Compare Giommo porgetemi la sferra, che per quanto è vero Dio gli taglio la gola a questo cane di mandra»
«Compare Pietro che non vi fidate più del Monaco?».
Compare Giommo era detto il Monaco perché lavorava in convento. Poi un giorno esagerò col vino forte dei Basiliani e sbudellò il padre priore, colpevole di non avergli voluto consegnare un misterioso tesoro. Che per forza doveva esserci!
Compare Pietro, invece, aveva scannato un compaesano che pensava lo avesse tradito. In galera venne poi a sapere che la vittima era innocente, e il rimorso lo fece impazzire.
La coppia si avvicinò all’ovile senza quasi respirare e al cane forse fecero pietà o forse li vide così malmessi da ritenerli innocui, fatto sta che non li degnò della sua considerazione.
Ognuno dei due afferrò una capra per il collo e, girandogli le corna, le immobilizzarono a terra. Pietro si abbassò e morse le povere bestie al collo in modo che non potessero più belare, svegliando il pastore che ignaro riposava nella capanna.
Il Monaco, nel frattempo, si allontanò un attimo dal compare e ritornò con due scarpe legate intorno al collo: per il pastore il risveglio sarebbe stato ancora più amaro.
I raggi del sole sorpresero i due ergastolani ancora intenti a mangiare, sebbene delle bestie fosse restato ben poco; la loro fame era antica, tanto da non ricordare nemmeno quanti anni fossero passati dal loro ultimo vero pasto.
Prima d’incamminarsi divisero il restante bottino: una scarpa a testa e la carne avanzata, che fu prontamente custodita nella giacca di compare Pietro. Un filo di ginestra per legarci le maniche e il sacco era pronto!
«Sull’anima della Madonna che diventiamo ricchi compare Pietro e vi potrete comprare tutte le capre della montagna»
«Si compare, è il nostro giorno».
In un breve pianoro incassato nel fianco della montagna, delimitato e protetto da una serie di muri a secco, stava una chiesa di epoca bizantina, circondata da ulivi e da gelsi: questa la loro meta.
I due balordi provarono persino ad interpretare le raffigurazioni dei mosaici in marmo, magistralmente distesi tra i pavimenti della chiesa.
«Lo vedete compare Pietro? È come dico io: San Michele tiene in mano la bilancia»
«Si compare. Quanto è vero Dio che è nascosta qua sotto! Passatemi il piccone».
E il corno del piccone non ebbe pietà: infierì sul viso d’angelo di San Michele, sulla sua spada, sulla bilancia delle anime…
«Compare Pietro, sull’anima della Madonna che il priore prima di morire confessò che il tesoro era sotto questo mosaico. La bilancia d’oro del Santo Guerriero. Il segreto dei Basiliani. Ho aspettato troppo tempo, non posso essermi sbagliato… non posso… oggi finiremo all’inferno!»
«Compare Giommo non disperate, tanto l’inferno ci aspettava già!».