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Il racconto. Mio zio Bruno Miliadò

  •   Rocco Palamara
Il racconto. Mio zio Bruno Miliadò

Mia nonna dovette lottare tutta la vita contro le cattiverie degli altri e per difendere o vendicare i suoi, battersi anche con le invocazioni a Dio e le maledizioni. Ebbe tanto a che occuparsi del suo unico e amatissimo fratello, mio zio Bruno, che era più piccolo di lei e che di protezione divina quanto di quella infernale ne ebbe bisogno a iosa nella sua vita. Ma prima di lei ci aveva dovuto pensare sua madre, la mia bisnonna Mariarosa, che quando era ancora giovinetto fece con altre donne del paese un viaggio nella lontana Sicilia al solo scopo di consultare una magara sulla ventura dei propri figlioli.

Ignara della malasorte che sarebbe toccata alle figlie più grandi (morte entrambe di parto alla prima gravidanza), era preoccupata soprattutto per quel suo unico figlio maschio, biondo e roseo come un angelo che sin da ragazzino ingolosiva un certo tipo di femmine. La magara però la tranquillizzò dicendogli che sarebbe stato assistito dalla buona sorte anche se non esente dai guai perché tentato dalle “male-donne”.

Male o bone che fossero, quelle lo cercavano e lui non si faceva pregare andando però (come previsto dalla magara) incontro a varie disavventure, tra cui una che per poco non lo portò dritto al cimitero. Quella volta, ancora giovanissimo, si trovava sulla piazza quando arrivò un marito furioso che per motivi che loro due e la moglie di lui sapevano gli tirò una cozzolata in testa e poi si dileguò.

Non è che volesse ammazzarlo, visto come il colpo lo menò col rovescio (cozzo) dell’ascia - che era poi il colpo tipico del posto - ma quando lo vide cadere di sasso e sanguinante di brutto pensò di aver mal ponderato la botta e di averlo ucciso. Così credettero anche i presenti che dandolo ormai per spacciato lo sollevarono da terra e lo portarono dritto in chiesa, in fondo alla piazza, e lo deposero supino davanti all’altare, sul nudo pavimento. Qualcuno corse a chiamare il prete e altri la madre e le sorelle (tra cui mia nonna), e mentre intanto accorrevano da ogni parte i paesani e tutti quanti i parenti. In breve la chiesa si riempì di gente, di grida e di pianti poi - imposta la quiete per il rispetto del luogo - le donne dai banchi si misero a cantargli il miserere, la canzone dei morti. E fu allora, durante quel tristissimo canto, che mio zio - destato da tutto quel baccano - si risvegliò, perché non era affatto morto. 


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