L’intervista. Il “rock notturno” di Roberta Papa e il progetto Loukritia
- Carmine Verduci
Ad un mese dall’esordio del nuovo brano di Roberta Papa, il singolo “Rock notturno” (la regia del video è di Aldo Albanese), ho incontrato questa giovane artista, attirato dalla sua potenza vocale e dalla sua verve che la distingue sul piano musicale come una fra le poche artiste del panorama musicale calabrese.
Ad attrarmi è la sua costante evoluzione artistica che da anni si fa spazio sul web ma anche nel complesso mondo culturale della Locride, sempre proteso alla scoperta di nuovi talenti, in quella sfrenata moda del folk, ormai non proprio d’autore. Mentre si scherza e si parla del più e del meno, la tentazione di approfondire l’argomento riguardo il progetto musicale Loukritìa e al suo ultimo lavoro discografico si fa spazio in me. Difatti quest’intervista nasce per caso, come un dialogo spontaneo tra due persone che si ritrovano all’interno di un locale qualunque, senza la pretesa di arrivare a nessuna conclusione o teoria. In questo frangente di parole ed intenti, la mia agenda è pronta a cogliere le sue parole.
Molti ti conoscono come la voce dei Loukritìa progetto per il quale sei impegnata da tempo insieme ai tuoi compagni di avventura, Peppe Platani e Antonio Orlano.
Questo brano-debutto, con questa clip girata dal regista Aldo Albanese e contestualizzato nella Locride, dove vivi e ti confronti ogni giorno, è stato il lancio di un progetto da solista, o una parentesi dovuta alla tua evoluzione artistica?
«Il progetto Loukritia nasce da me e Antonio Orlando. Questa nuova produzione invece rappresenta un’evoluzione naturale della mia voce e del mio spirito (sempre alla ricerca di nuovi stimoli) e soprattutto rappresenta la necessità di non fossilizzarmi entro schemi predefiniti. La musica world ha rappresentato un punto di partenza, ma la mia predilezione resta sempre il blues ed il rock».
Come nasce “Rock notturno”? In quale contesto e cosa ti ha ispirato?
«È stato estemporaneo. L’ho scritto in dieci minuti, senza averne predeterminato il contenuto. Avevo questa melodia rock molto anni Settanta che ha ispirato la stesura. Comunque è conciso, ma credo che abbia un contenuto attuale che rappresenta una realtà molto comune».
“Rock notturno” è un brano intenso, intriso di rabbia e di tanta verità, che (ahimè!) molti si trovano a vivere, specie in terre come le nostre, nei paesini di provincia, nei sobborghi e nelle periferie. Credi che il messaggio della musica possa arrivare a compiere un miracolo nelle coscienze, specie di chi ha pensato e pensa che il folk sia l’unica strada alternativa da percorrere?
«Non credo purtroppo che la musica possa cambiare lo stato delle cose, né che riesca a scuotere le coscienze. L’ambiente musicale non è meno balordo di ogni altro ambiente chiuso, ma chi ama l’arte “crea” a prescindere dal risultato, dal consenso e dal resto del mondo. Di mio, sono felice di aver realizzato questo secondo lavoro che mi vede autrice, ed anche compositrice di alcuni brani, tutti arrangiati da Peppe Platani (al quale ho dedicato “Re Mida”). Spazio dal blues al rock al reggae e mi esprimo in totale libertà. Cosa posso volere di più? Il folk? Bisogna guardare avanti, perché abbiamo bisogno di evolverci culturalmente».
Un’ultima battuta sulla tua avventura musicale che vede te come protagonista indiscussa di una Calabria dai tesori nascosti e dai tanti giovani artisti che stentano ad affermarsi sul campo artistico musicale.
«Credo esistano un’infinità di risorse nascoste in tutti i campi che stentano a decollare perché il sistema è marcio dalla testa ai piedi. Ammiro chi come te riesce a trovare ogni giorno l’entusiasmo per inventarsi stimoli nuovi, ma non sono fiduciosa circa il futuro».