La provocazione. Estorsione a mezzo stampa
- Antonella Italiano
Uno scrittore, il più grande. Una montagna, l’Aspromonte. E una patria in cui non è profeta. Per questo abbiamo dedicato un po’ di spazio a Saverio Strati, perché nessuno meglio dei nostri autori può parlarci di questa terra. Loro che dalla sua durezza sono stati temprati. Segnati a dismisura. Tanto da rimanere soli. Soli. Sono pagine pulite le sue: in esse vivono contadini, falegnami, pastori, carbonai. E portano vivo il colore di un Aspromonte incontaminato. Libero da alberghi e seggiovie, che puzza di capre e di maiali. E di timo, soprattutto a ottobre.
Il giorno in cui bussai alla porta di un amico con una bozza di menabò e tante cose da scrivere ancora in testa, questo mi rispose serio «Un giornale sulla montagna? Leggi questi versi». Me li lesse lui, subito dopo: «Restano gli zapponi dietro la porta, i cieli, i vigneti. La pietra di sale sulla tavola. I vecchi che non si muovono dalla sedia, soli con la peronospera nei polmoni. Le capre, la voce lunga degli ultimi maiali scannati. L’argento a forma di cuore, nella chiesa. Le ragnatele dietro i vetri, le madonne. La ragnatela del Carmine, la ragnatela di Portosalvo, la ragnatela della Quercia. Restano le donne consumate da nove a nove mesi con le macchie della denutrizione, della fame. Le addolorate. Le pietà di tutti gli ulivi. Lavando, rattoppando, cucinando su due mattoni, raccogliendo spine e cicoria. Sono di Franco Costabile, parlano degli emigranti». Caspita, pensai. Quanto cose erano state già dette. Da questo, dunque, si doveva partire; da chi, prima di noi, aveva respirato l’aria della nostra regione, delle sue esagerate montagne. Ed era chiaro che, per non tradirne la storia, parlando delle sue “luci” avremmo dovuto ricordare le sue “ombre”. E di tutto fare tesoro: dello scatto, dell’oggetto, del mestiere, del ricordo. Dell’ingiuria al pari della poesia. Ed oggi, ogni volta che strappiamo qualcosa all’abbandono a cui è destinata, e la “stampiamo” su carta, sentiamo di aver aiutato la storia a sopravvivere. E di aver lasciato meno soli i nostri scrittori.
Non credete, dunque, a chi non ha rispetto per la Stampa. A chi la usa come mezzo di estorsione personale. A chi raccoglie informazioni per poi lasciarle in bilico. In bilico fino al (suo) bisogno. E si rivela paparazzo, non fotografo. Bracconiere, non cacciatore. Boia, non giustiziere. Ho un ricordo solo in parte, l’altra parte è nei film, dei tempi in cui le estorsioni si facevano “porta a porta”, con due scagnozzi e una pistola. Si vendeva la “protezione”, che serviva a difendersi comunque da due scagnozzi e una pistola, ma del partito avverso. Ogni tanto ci scappava la saracinesca nuova. Questo ricordo, soprattutto. Invece neanche esistevo quando sull’Aspromonte vivevano i briganti. Di essi ho amato le storie, una in particolare. Parla di Nino Martino e di quando, una mattina, andò incontro al venditore di olio per derubarlo: «Scarica l’olio!» gli intimò. Ma il venditore scoppiò in lascrime: «Ho perso l’olio. Me meschino!». Il pover’uomo era stato già derubato da un assassino che terrorizzava tutto il paese. Nino Martino, che era un uomo regale, prese la borsa, tirò fuori uno zecchino. E glielo donò… Altre estorsioni. Altri tempi. Altro.