La signora, il musico e l'applauso immaginario
- Domenico Luppino
Un tizio, alla stessa ora, ogni pomeriggio, arriva con la sua fisarmonica e una cassetta di plastica per sedersi.
Si sistema sempre nello stesso posto!
Poggia a terra una cassettina di metallo e comincia a suonare, per lo più dei valzer.
La gente passa distratta, ed io stesso che lo vedo e lo ascolto da più giorni, ogni tanto, distolto da altri pensieri, mi domando da dove arrivi quella musica.
Cerco di immaginare la sua vita, l’aspetto é dignitoso, mi sono convinto che ha una famiglia. Forse riesce a guadagnare quel tanto, bastevole per vivere. Glielo auguro! Non so se ha un bel tocco, anzi credo proprio di no. Tuttavia, se vive di questo, come credo, debbo a forza considerarlo un musico.
Ed oltre al danaro, che pure qualcuno passando ripone nella cassettina, essendo egli un musicante, avrebbe necessità, di tanto in tanto, di un applauso.
Immagino, dunque, che quel leggero cenno che gli fa muovere il capo alla fine di ogni brano, sia di ringraziamento ad un applauso immaginario.
Al dunque, mi persuado che un applauso bisognerebbe a tanti di noi, così come per altri non basterebbero fischi e sgraziati rumori di bocca.
La signora, che vedo dalla mia postazione, si é fatta, dritta fino a quest’ora della sera, dieci ore di fatica. La vedo, dalle fessure della serranda che ha richiuso poco fa, intenta a lavare il pavimento del suo negozio di chincaglierie, giusto per completare la giornata. Stamane, mi diceva che bisogna sorridere, nonostante la crisi. Mi parlava dei suoi nonni che hanno fatto la Resistenza e che sorridono ancora oggi che hanno più di novanta anni.
Le busso alla serranda, mi guarda dalla fessura un po’ stupita, passandosi il polso sulla fronte, le faccio un applauso e lei, appoggiandosi al bastone per lavare, mi fa un grande inchino.
Non so cosa le spiegherò domani!