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La storia di "Bimbo", il monello divenuto imprenditore

  •   Antonio Strangio
La storia di "Bimbo", il monello divenuto imprenditore

Per chi volesse tentare di provare ancora delle sane emozioni, in questo mondo che ha relegato nel limbo delle cose inutili i grandi valori, e costretto un po’ tutti ad agire di fretta e senza ragione alcuna, consigliamo la lettura del libro di Antonio Pelle, il proprietario del Landhaus Milser, il famoso albergo di Duisburg dove gli Azzurri di Marcello Lippi scrissero una delle pagine più belle del calcio italiano, vincendo, per la quarta volta, i campionati mondiali di calcio sotto il cielo azzurro di Berlino, battendo in finale la Francia del poco simpatico Domenech ai calci di rigore, dopo 180 minuti tirati, condizionati da una testata che poi diventò scultura.

Si tratta di una favola d’altri tempi, e d’altri tempi venuta, alla quale l’assenza del famoso incipit “C’era una volta…” non toglie niente di quel sapore che soltanto le favole antiche riescono ancora a conservare e trasmettere. Ma prima di addentrarci nelle 208 pagine del libro, impreziosito da un’elegante copertina e diverse illustrazioni, curato dalla casa editrice Koinè – Nuove edizioni di Roma, che si è assunta l’onere di scommettere sulla traduzione della versione integrale uscita in Germania per i tipi della Verlag Langen Muller (tiratura diecimila copie, andate tutte esaurite), cerchiamo di conoscere meglio lui, il personaggio e autore Antonio Pelle, nato nel lontano 1956, nella vecchia ruga della Costera – limite ultimo del vecchio paese tanto caro allo scrittore Corrado Alvaro -dove la vita era così bella che la notte non si dormiva aspettando il giorno che doveva venire. “Bimbo”, così si faceva chiamare da ragazzo, è un tranquillo monello, dotato in compenso di una lingua tagliente e sempre pronta, per il quale il padre, anche lui emigrante, sognava un futuro di avvocato. Ma Antonio, che non si è mai perso in chiacchiere, tradisce la volontà dei genitori e, pur frequentando le scuole a Siderno, decide di assaporare la fatica che è tutta dei camerieri, accettando di lavorare a Bovalino nel famoso hotel Orsa, un simbolo per quei tempi, dove viene assunto come lavapiatti. Quest’esperienza dura fino all’età di 17 anni, quando Antonio decide di trasferirsi in Germania e accettare di fare qualsiasi mestiere, dall’operaio all’aiuto muratore, prima di trovare quell’occupazione (sempre come cameriere) che gli sarà molto utile nel momento in cui deciderà di rischiare in proprio e iniziare, come spiega nel libro autobiografico, la carriera che lo porterà ad inventarsi un albergo di sana pianta, visitato e apprezzato dai potenti del mondo, come il principe Ranieri di Monaco e tanti altri.

Il posto e il luogo diventano la meta preferita di molte squadre di calcio della famosa Bundesliga e di quelle che partecipano alla Champion League. Il Landhaus Milser, questo il nome del famoso albergo, grazie al mestiere e all’intuito di Antonio diventa la sede della nazionale di calcio italiana in occasione dei campionati mondiali 2006 che si tengono in Germania. Sappiamo tutti come è andata a finire, per la gioia della nazionale azzurra e di Antonio Pelle e tutti i suoi collaboratori che giustamente conquistano le copertine di molti giornali e settimanali. Il successo dura, però, fino alla mezzanotte del 15 agosto 2007, quando la tranquilla quiete di Duisburg viene devastata dall’uccisione di sei italiani, tutti calabresi, tre dei quali sono di San Luca, il paese di Antonio. Il terribile e devastante agguato viene attribuito alla faida che sta consumando alcune famiglie del paese di San Luca e per i nostri connazionali all’estero, soprattutto in Germania, ora tutto diventa più difficile e la vita è un inferno fatto di perquisizioni, intercettazioni e quant’altro serva a mettere in cattiva luce anche chi, attraverso un lavoro duro e onesto, è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante.

Il marchio di “calabresi uguale ‘ndranghetisti” non risparmia nessuno, soprattutto se si è nati o si proviene dal piccolo e tanto chiacchierato paese di San Luca, considerato all’improvviso e senza possibilità di difesa, l’epicentro di tutto il malaffare, anche quando fatti e misfatti si verificano altrove. E questo vale anche per Antonio Pelle e il suo albergo. Calano i clienti, aumentano le dicerie, e per Antonio, fulminato da una realtà che non gli appartiene, inizia un lungo calvario di visite da parte della polizia tedesca e di battute irriverenti che lo bollano come mafioso o amico dei mafiosi. Una situazione dura, una realtà tremenda, un calvario senza fine che rischia di far cadere Antonio nel pozzo della depressione. Cominciano giorni davvero difficili, fino a quando il suo medico curante gli consiglia, per uscire dal tunnel, di prendersi una pausa di riflessione, mettersi a tavolino, quel vecchio banco di scuola che non ha mai amato, e scrivere la sua storia. Antonio prende al volo il consiglio e inizia a vergare in lingua italiana le vicende della sua vita. Dopo le prime trenta pagine in lingua italiana si ferma e decide di continuare in lingua tedesca. Il libro viene pubblicato dalla casa editrice Verlag Langen Muller con il titolo Geboren in San Luca. Vende circa 10mila copie conquistando un discreto successo, e l’attenzione di alcuni inviati di giornali europei, curiosi di conoscere da vicino la favola bella di questo ragazzo del profondo Sud che si è fatto da solo. E soprattutto si è fatto uomo. Scrive a questo proposito Rudi Assauer, direttore sportivo dello Fc Schalke 04 fino al 2006: «Tony ha sempre la risposta pronta e se si tratta di scherzare non si tira indietro. Quando io e Simone mangiavamo da lui, spesso mi prendeva in giro facendo il verso a un mio famoso spot pubblicitario. Per rifarmi gli dicevo che era riuscito a portare la nazionale italiana nel suo albergo ai mondiali, solo grazie al suo legame mafioso con il calciatore Gattuso. Ci ho messo un po’ a capire dove sta il confine fra lo scherzo e l’offesa. Ed è probabile che con Tony qualche volta l’abbia superato. Adesso lui si difende e racconta la sua storia. Vale la pena leggerla».

Poi la pubblicazione in lingua italiana (casa editrice Koinè) e la presentazione a San Luca nell’aula magna della scuola media, intitolata al sacerdote don Giuseppe Signati. Una presentazione voluta dalla stessa casa editrice, in collaborazione con il comune di San Luca e la Fondazione nazionale Corrado Alvaro, impreziosita dai contributi del giornalista Rai, Pietro Melia, e con la partecipazione del presidente dell’Associazione culturale C. Alvaro “Il nostro tempo e la speranza”, avvocato Giuseppe Strangio, dell’autore e soprattutto di don Pino Strangio, parroco di San Luca e vice presidente della Fondazione Alvaro, amico d’infanzia dell’autore, e calciatore provetto al motto di “prima la messa poi la partita”. Ospite d’onore avrebbe dovuto essere l’ex calciatore del Milan, Gennaro Gattuso, grande amico di Antonio Pelle, del quale finalmente possiamo svelare un’importante verità. Quando Gattuso seppe che il proprietario dell’albergo era un calabrese di San Luca, lo volle subito conoscere. Si informò su tutto, e quando seppe dalla viva voce di Pelle che quello, per l’Italia, sarebbe stato un mondiale importante perché lui, da buon sanluchese, aveva raccomandato la Nazionale alla Madonna di Polsi, il santuario dove è rettore don Pino Strangio, promise in cambio la sua maglietta con ben impressa la firma di tutti i calciatori dell’Italia. La maglietta, quella della famosa semifinale con la Germania, è poi arrivata davvero a Polsi ed è diventata un prezioso souvenir, custodito gelosamente da don Pino nella vecchia e tranquilla quiete del santuario, ricco di storia, leggenda, cultura e tanta fede dove, come scriveva Corrado Alvaro molti anni fa, si celebra la festa più animata delle Calabrie, quella che fa conoscere la vera natura degli uomini.


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