La storia di Nick Mancuso, l'attore finito da Mammola a Hollywood
- Giovanni Scarfó
di GIOVANNI SCARFO' - Nick Mancuso ha girato più di 200 film cinematografici e televisivi interpretati con le più grandi star americane, tre dei quali anche con Steven Seagal, anch’egli di origine calabrese.
Una vita tra Los Angeles e il Canada dove risiede la sua famiglia di origine con la quale è partito da Mammola all’età di 8 anni, nel 1956.
”E la mia prima lezione americana è stata quella di fare a pugni nelle strade di Toronto con i miei coetanei”. Ma torna spesso in Calabria, perché “se è vero che ho fatto una vita spericolata, è anche vero che le mie origini non le ho dimenticate, non avrei potuto, considerando la grande famiglia calabrese in cui sono vissuto. Nel mio primo libro di poesie Mediterranean men ne ho dedicata una a mia nonna, che ha descritto la condizione umana come “la visione delle cose che ha una persona che guarda attraverso una persiana”.
Qualche anno fa, parlando dei destini del mondo e del cinema, come ci capita spesso di fare, mi ha detto: “Sai, Spielberg aveva scelto me per interpretare il primo Indiana Jones, ma poi arrivò Lucas con Harrison Ford, che aveva già fatto Guerre Stellari”. Qualche giorno fa, durante uno dei suoi ritorni in Calabria, dove vorrebbe avere la possibilità di insegnare ai giovani calabresi il mestiere dell’attore, mi ha confessato che nel 2002 aveva scritto una storia molto simile alle vicende dell’attore raccontate nel film Birdman (2014) di Alejandro G. Inarritu.
“L’ho scritta sotto forma di testo teatrale che ho rappresentato in una università americana. Il testo, purtroppo, non l’ho registrato e non voglio dire che sia stato plagiato, ma guarda tu le coincidenze. Il film è bellissimo, molto più di Revenant (2015) sempre di Inarritu (siamo d’accordo). Ci sono poche differenze… pensa che ho scritto anche la scena di quando nel film Michel Keaton attraversa la folla di New York, che lo riconosce, quasi nudo. Nel mio testo è vestito, ma si comporta allo stesso modo”.
Sono due delle tante occasioni sfuggite di mano a Nick Mancuso. Infatti, Nick, tanto per rendere ancor più problematica la sua carriera d’attore ha, tra le altre cose, rifiutato di fare un film con Sam Peckinpah (Osterman Weekend, 1983), per sfuggire ad una donna (a quel tempo donne e alcol scorrevano a fiumi); con Walter Hill (Streets of fire, 1984). Non ha fatto un film con Dario Argento (per colpa del suo agente) e ha rifiutato l’iscrizione all’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences con filosofico snobismo, perché “io odiavo lo star system, non amavo le sfilate sul red carpet, io volevo essere più che apparire”.
Nel 1983 è stato invitato a diventare socio dell’Actor’s Studio, che frequentò solo per qualche anno, poco convinto del “Method” tout court introdotto da Lee Strasberg partendo da Il lavoro dell’attore su se stesso di Konstantin Stanislavskij. Non è un caso che il suo amico Frank Mancuso, già presidente della Paramount Pictures negli anni ‘70, non ha avuto dubbi a definirlo “Il più sconosciuto degli attori americani conosciuti” con le potenzialità interpretative di un nuovo Al Pacino.
Laureato in Psicologia, attore, scrittore, poeta e pittore. Ha iniziato la carriera nel teatro, a 16 anni in Canada. Il leggendario critico teatrale Walter Kerr, del New York Times, ha definito l’interpretazione di Mancuso nel ruolo di Bassanio, nel Mercante di Venezia, come la “migliore negli ultimi 250 anni”.
Dal Canada agli Stati Uniti il salto è breve per interpretare Nightwings (1977), diretto da Arthur Hill per la Columbia Pictures. Gli effetti speciali erano di Carlo Rambaldi e il film non ebbe molto successo, ma Nick l’aveva previsto appena letta la sceneggiatura.
Ha manifestato i suoi dubbi ai produttori, ma come poteva dire di “no” alla Columbia? Nick, che interpretava la parte di un indiano, ha preso come riferimento il film per scrivere la sua autobiografia dal titolo Never play the indian (Non fare mai la parte dell’indiano, ancora non completata), anche in ricordo della storia degli indiani d’America.
Tre dei suoi film sono stati dichiarati, dal National Film Review in Washington D.C. tra i dieci migliori film dell’anno. È stato definito “one of the best” dal produttore Robert Evans ("Chinatown", "Love Story", ecc.).
L’iscrizione all’Academy gliela aveva proposta Charlton Heston, regista del film (Motherlode -I predatori della vena d’oro), con Nick e Kim Basinger. Siamo nel 1982. Il film richiama in qualche modo le avventure di Indiana Jones che è del 1981, un personaggio ispirato, guarda un po’ – come ha dichiarato Georges Lucas – all’avventuriero Harry Steele, interpretato da Charlton Heston nel film Secret of the Incas, 1954. Ma probabilmente anche al personaggio interpretato da Alan Ladd che indossa giacca di pelle, cappello Fedora e pantaloni caki nel film Cina del 1943. Senza escludere che la sequenza con la pietra rotolante potrebbe essere stata ispirata dal fumetto di Carl Barks Zio Paperone e le sette città di Cibola, del 1954.
Nick, nei primi anni hollywoodiani, ha percorso la carriera a grande velocità. E’ stato, infatti, premiato per la memorabile interpretazione come attore non protagonista nel film Ticket to Heaven (1981) con il Canadian Genie Award, lo Houston Film Festival, l’Academy of Family Films and Family Television ed il Taormina Film Festival (Polifemo d’argento). A cui seguirà “the best performance by an Actor in a Leading Role” per il film Maria Chapdelaine (1983) e il premio Houston Film Festival come miglior attore per il film Heartbreakers (1984), premio come miglior attore non protagonista in The Last Gamble (2010, anche produttore) e tanti riconoscimenti in giro per il mondo, tra i quali quello del suo paese di origine, Mammola nel 2015, dove torna spesso per rivivere le sue origini a cui tiene molto.
Tra le tante serie televisive una in particolare gli ha fatto conquistare migliaia di fans che gli scrivono ancora da tutto il mondo: Stingray (1985-1987), titolo ispirato ad una Corvette coupè del 1984, andata in onda nello stesso periodo di Miami Vice. Sette fans club si scambiano centinaia di chat al giorno sull’attore e i suoi film.
Nel 2004 interpreta La vita dei Santi con Sophia Loren e Sabrina Ferilli, trasmesso anche dalla televisione italiana.
Nel 2005 il Toronto Italian Film Festival gli dedica il “Lifetime Achievement Award”. Ha scritto tanti testi teatrali, tra i quali Eleonora Duse, Frank Sinatra e Alla ricerca di Socrate, interpretato dallo stesso Mancuso.
Tra la Calabria e Roma ha partecipato al docufilm di Matteo Scarfò Bomb! Burning Fantasy (2015), vita e poesia del poeta della Beat Generation di origine calabrese Gregory Corso.
Un'interpretazione emozionante e coinvolgente che gli è valsa una standing ovation all’anteprima che si è svolta al Filmstudio di Roma il 4 maggio 2015.
Nello stesso periodo partecipa a due film: in Sicilia nella parte di un mafioso gay in The Lemon Grove (2015), in Canada in un film a cui tiene molto: The performance, in uscita nel 2017, nella parte di un vecchio attore che ritorna nel “suo” teatro per l’ultima performance, ispirata da 60 anni di ricordi. L’ultimo film l’ha girato in India, nella parte di un santone. La regia è del giovane Nick Gaglia. “E’ un film ‘on the road’ – ha dichiarato Mancuso – attraverso il quale ho vissuto, tra finzione e realtà, delle esperienze veramente inimmaginabili per noi occidentali, visto che abbiamo girato anche con una tribù di veri cannibali”.
Persona sensibile verso la condizione umana, ha fondato l’Homeless People Theatre, collaborando anche con varie associazioni umanitarie, tra cui quella degli alcolisti. E su questo tema ha scritto e interpretato un film sulle strade di Toronto, dal titolo Born Dead, diretto da Robert Gulassarian. “Penso che chi nella vita ha avuto tanto, pur se per meriti propri, debba restituire qualcosa a chi dalla vita ha avuto poco o niente o chi si è trovato in difficoltà per vicissitudini politiche o famigliari… Mio padre Stellario era un uomo all’antica; un uomo per il quale il dovere e la famiglia erano la cosa più importante nella vita. Non mi ha mai fatto un gesto d’affetto, un vero abbraccio, o un complimento… Lo chiamavamo con il Voi, come si usava in quei tempi come segno di rispetto. Era una disciplina silenziosa che, se ben gestita, potrebbe ancora rivelarsi molto utile nella vita di oggi. Mia madre era una donna silenziosa. Ha accettato il Canada malvolentieri e forse per questo motivo non ha mai imparato una parola d’inglese. Ho due sorelle e due fratelli, uno dei quali, Joe, è un ingegnere del suono che lavora molto tra cinema e televisione. Un altro insegnamento significativo era racchiuso in una frase che mio padre mi diceva sempre ogni volta che partivo: “Nicodemo guardati”. Aveva ragione, non sempre ho fatto la cosa giusta. Ho 68 anni adesso e un figlio di 17. Spero di potergli dare il senso di indipendenza e il senso di forza morale racchiuso nel passato dei miei genitori. Insegnargli che non deve mai essere schiavo di qualcuno, uomo o governo che siano; che non deve andare con “il cappello a mano” di fronte ad un altro uomo; che non è superiore o inferiore agli altri, ma un figlio di Dio e di questo universo misterioso e infinito.
Spero di insegnargli di avere dei sogni e di realizzarli.