La testimonianza. La storia di Salvatore Giuliano raccontata da Andrea Benedetto
- Mimmo Musolino
L’immagine del cadavere, con accanto un mitra ed una pistola del bandito Salvatore “Turiddu” Giuliano ha fatto il giro dell’Universo in quanto a quel tempo, ed esattamente il 5 di Luglio del 1950 le sue gesta banditesche erano riportate sulle prime pagine di quotidiani e riviste di tutto il mondo. Ed il 1° maggio scorso , festa dei lavoratori, ricorreva il sessantanovesimo anniversario del 1° maggio più tragico della storia d’Italia, in quanto delle orrende “gesta” criminali di “Turiddu” Giuliano quella che è passata alla storia come la più terribile, sanguinosa ed eclatante è stata la strage di Portella della Ginestra una località tra i comuni di Piana degli Albanesi e San Giuseppe Jato, dell’hinterland di Palermo, avvenuta il 1° Maggio 1947, e che ha causato 11 morti e 27 feriti in quanto i componenti della sua banda spararono su una folla di circa duemila lavoratori in festa.
Scoprire per caso (così come spesso avviene per fatti anche straordinari) che una persona, che si conosce molto bene e con cui si vivono gli stessi ambienti, in quanto quasi ogni mattina si prende un buon caffè e si fa colazione allo stesso bar-ritrovo di Francesco Romeo, il “Gran caffè Winebar” (Nella foto sopra: da sinistra l’ex sindacalista Seby Romeo, Candida Benedetto, il Brigadiere Andrea Benedetto e il sottoscritto), che l’ex brigadiere dei Carabiniere, Andrea Benedetto 88 anni, compiuti a Marzo u.s., originariodi Saline J. di Montebello Jonico (RC), è fotografato a pochi centimetri dal cadavere di Giuliano e che quindi è stato testimone in prima persona di tale storico evento fa un grande effetto, di quelli che fanno accapponare la pelle.
Il Brigadiere Benedetto, che ancora porta i segni sulla sua pelle, come conseguenza di un tragico scontro con la banda Giuliano, avvenuto sulla strada per Partinico (PA) sta sorseggiando il suo solito caffè, con accanto la figlia Candida la quale gli sta sempre vicino ed è un eccezionale esempio di come devono essere trattati e voluti bene i genitori quando essi, ormai anziani, hanno bisogno di cure, affetto ed assistenza e non lasciati nell’abbandono tetro della solitudine. Ecco, per sommi capi, una ricostruzione storica della vita e delle “gesta” del bandito Giuliano come ci racconta il Brigadiere Benedetto con la voce ancora rotta dall’emozione.
Sembra incredibile che ad appena 28 anni, era nato a Montelepre (PA) il 16/11/1922, “Turiddu” Giuliano abbia potuto scrivere tante tragiche pagine di storia criminale, ma che in effetti si sono verificate nel corso di soli sette anni (incredibile e stupefacente) da quando egli uccise un carabiniere in un conflitto a fuoco, avvenuto il 2 settembre 1943 (aveva solo 21 anni), a causa di due sacchi di cereali trasportati di contrabbando. La storia di “Turiddu” Giuliano, in questi anni, è stata sempre di grande attualità e solo nei giorni scorsi è stato tolto il segreto di Stato, mentre la sua salma è stata riesumata il 28 Ottobre del 2010 in quanto qualche eminenza grigia sosteneva che il cadavere non fosse quello del bandito ma quello di un sosia ed egli era ancora vivo e nascosto, sotto falso nome e sembianze, in America ed addirittura era tornato in Italia nel 1971 per assistere ai funerali della madre. Ma l’esame del DNA confermava che quello era, effettivamente, il cadavere di “Turiddu” Giuliano e del resto, ricorda nitidamente il Brigadiere Benedetto: “le urla ed il pianto disperato della mamma, Maria Lombardo, convocata per il riconoscimento, (e che rimbombano ancora nelle mie orecchie) “…fighhiu, fighhiuzzu, beddu meu, comu ti ‘mmazzaru…” alla vista del cadavere ancora sanguinante del figlio, non lasciavano alcun dubbio sulla sua identità. E non a caso gli sono stati dedicati una serie di film fra i quali quello del mitico regista Francesco Rosi “Salvatore Giuliano” nel 1962, ma anche più recenti come “Don Salvatore- L’ultimo Siciliano” del regista Joe D’Amico nel 1995 e “Segreti di Stato” di Paolo Benvenuto del 2003. Ma gli sono stati dedicati anche opere liriche e musical in Giappone da Takarazuka Revue, che trattano anche degli amori di Giuliano e soprattutto di un episodio che vede coinvolta, anche intimamente, la baronessa di Carini (come il brigadiere Benedetto sottolinea argutamente). Ma quella, aggiunge il brigadiere Benedetto, che nel cuore e nella mia mente è rimasta come una ferita mai rimarginata fu quella del 19 Agosto 1949, la strage di Bellolampo – Passo di Rigano, una collinetta vicino Palermo, quando un automezzo dell’Esercito con a bordo molti Carabinieri appartenenti al 12° Battaglione Mobile Carabinieri, fu fatto saltare in aria da una mina collocata dalla banda Giuliano. Fu una drammatica e dolorosa strage: furono trucidati 7 Carabinieri e 11 rimasero feriti (colleghi di Benedetto e tra i quali lo stesso comandante in capo, il colonnello Ugo Luca scampato miracolosamente alla morte) ed i suoi occhi si riempiono di dolore e di tristezza. Le gesta criminali di “Turiddu” Giuliano ebbero anche tinteggiature di tipo politico-militare in quanto egli fu arruolato con il grado di Colonnello nell’EVIS (Esercito Volontario Indipendenza Sicilia (gli indipendentisti) che addirittura promisero, al presidente degli Stati Uniti Harry Truman, l’annessione della Sicilia agli Stati Uniti d’America in cambio di armi e finanziamenti.
«Brigadiere Benedetto, – gli chiedo, – come e quando è arrivato in Sicilia?»
«A 19 anni (Foto a sinistra) entrai nella Benemerita, poi prestai servizio in Liguria, in Piemonte e quindi in Toscana, a Livorno, e da qui arrivai a Palermo, avevo appena 20 anni, e fu quando il governo aveva deciso di sopprimere l’Ispettorato Generale di Polizia in Sicilia e di costituire il C. F. R. B. (Comando Forze Repressione Banditismo), comandata dal colonnelloUgo Luca, proprio in funzione della cattura di Giuliano e per annientare la sua banda armata che ormai era diventata un grande e gravissimo problema e danno, anche per l’immagine, di tutta l’Italia agli occhi del mondo. Ma si ha ragione di credere che difficilmente il pericoloso e crudele bandito Giuliano sarebbe stato così presto ucciso o catturato se non fosse stato per il tradimento del “cugino”, suo più stretto collaboratore e confidente, Gaspare Pisciotta, il qual lo uccise a tradimento dietro la promessa di una amnistia; ma Pisciotta qualche tempo dopo morì avvelenato, nel carcere dell’Ucciardonea Palermo, con un caffè alla stricnina, il 9 febbraio 1954, e di questo avvelenamento fu sospettato addirittura il padre dello stesso Pisciotta, Salvatore il quale era in carcere insieme al figlio in quanto condannato per essere componente della banda Giuliano. Egli morì il 19 febbraio 1973 e sull’omicidio (o suicidio?) di Gaspare Pisciotta è calato il silenzio ed il mistero più cupo. Allora si deduce che il conflitto a fuoco, con le forze dell’ordine comandate dal capitano dei Carabinieri Antonio Perenze, nel cortile di casa “dell’avvocaticchio”, tale De Maria, a Castelvetrano, durante il quale si disse fu ucciso Giuliano, fu una sceneggiata per occultare la verità».
Il brigadiere Benedetto (Foto sopra) scuote la testa ed il suo sguardo si perde lontano nel vuoto e nel tempo pensando a quel 5 luglio 1950, 66 anni fa, quando era ancora un giovane, di appena 22 anni, innamorato della divisa, che ancora conserva con grande dignità e rispetto, come una reliquia, e della missione di Carabiniere. Come lo è ancora oggi… nei secoli fedele.