Le zagare di Idomeni
- Gioacchino Criaco
La strada è in terra battuta, chiazzata dalle pozzanghere tipiche di quei luoghi; come tipiche di quei posti sono le tende. Non c’è però la folla solita. Un unico bambino, ha la testa bassa a fare non so che cosa. E’ forse un rumore, o solo una sensazione, a fargliela alzare. Uno scatto improvviso, una rapida corsa, un salto felino, una camera che si sposta e un sonoro di urla. La camera che si aggiusta e i quattro occhi del dottore che gridano la gioia di un amico che si ritrova, di una speranza che ritorna.
E come vorresti essere tu quella speranza, avere aggrappata addosso quella vita occhialuta, così piccola e già così radicata. Come vorresti essere tu il salvatore e godere di un’emozione così intensa nel momento in cui si realizza, senza dovertela solo immaginare davanti a un video, a distanza di tempo. Solo il fatto di averla accanto, una di quelle speranze, mitiga il tuo rimpianto. Solo il fatto di godere della stima di uno di quelli che vanno in giro a salvare i dottori occhialuti comprime la vergogna che sempre si prova quando la nostra indifferenza incontra l’attenzione di chi sa fare la cosa giusta quando gli capita l’occasione.
Il racconto del bene è condivisione, e diventa un dono grande, immenso, impagabile, che ti permette di sentire le parole di un bambino siriano, bello nonostante la bruttezza del campo profughi di Idomeni.
Il dottore lo chiamano, è curdo siriano, parla diverse lingue e ha una risposta per tutto; non è il figlio di una schiatta di delinquenti, è il frutto dell’amore di una coppia in fuga che un tempo, non molto lontano, è stato un duo di professionisti. Quasi tutta la gente di Idomeni è stata gente tranquilla, con una casa, un lavoro, un mondo affettivo. La guerra non li ha resi bruti, l’egoismo dell’Occidente li rende solo ogni giorno più disperati. Ed è in quella disperazione che sono andate a piazzarsi speranze tutte nostre, zagare di Calabria. Gente nostra che ci fa gonfiare il petto di un orgoglio che non è il solito sentimento stupido. Fiori singoli calabresi che sono diventati la Calabria per Idomeni.