Nino Martino: aspromontano, santo e brigante
- Redazione
Pecoraro calabrese del cinquecento, sarebbe vissuto in Aspromonte. L'unica fonte diretta della sua esistenza è la cronaca del cantor Tegani dell'11 luglio del 1576 dove viene descritto l'assalto di una casa.
«1576. Alli XI di Luglio, mercoledì, sopra li nostri travagli della peste ad hore XIII entrarono in la città 43 banditi, et li capi foro Ascanio Mosolino, Nino Martino, Marcello Scopelliti e Gio. Michele Tuscano, et assaltarono la casa di Coletta Malgeri, quale con otto compagni se difese e morse dentro la sua casa con un colpo di scopetta al ventre, venutole dalla casa di Baptista Rota: morse anche dentro la detta casa Donata Vazani. Di fori della casa morse Ascanio Mosolino, et uno scavo prese per camino, et dui huomini che portavano cannici, et foro al porticato per brisciarlo. Et havendono combattuto la detta casa per dui hori, et non avendo potuto conquistarla con avere buttato foco a dui porti, et in una casa contigua, quale era di M. Alfonso Nasiti, che se brusciò con li robbi di dentro, se deliberarono metterla a terra con l’artigliaria, et portaro un tiro de brunzo con dui barilli di pulvere e palli portati dalla casa di Cicco Bernabò, et volendo sparare il tiro, lassorno un barile di polvere li vicino, et prese foco, quale brusciò circa sei banditi tra li quali se brusciò nel brazo Nino Martino, et Marcello Scopelliti in li dui mani; et con questo se lassò l’impresa della casa, et se ne andarno. Domentre se combatteva la casa, sono andati sei Banditi in casa di Silvio Barone, e le robbaro una cascetta co’ docati, et certi pigni d’oro et argento. Adorno anche in casa di Baptista Rota, et li levorno da 500 scudi, ed altri robbi della potega, ed ammaz- zarno a Grazia sua moglie per non ritrovarse più denari che dare a loro».
La leggenda
Dopo anni di vita solitaria nella foresta Nino Martino torna al paese, ma viene trattato male dalla gente e in particolare dal suo padrone. Decide quindi, insieme ad altre quindici persone, di vendicarsi e brucia la casa di quest'ultimo. Catturato e condannato a morte, viene salvato sulla forca da un suo fedele compagno. Una volta libero, però, si pente e va a cercare la benedizione della madre. Un gesto ambiguo per i suoi compagni, che iniziano a vederlo come una spia. Per questo all'unanimità decidono di giustiziarlo. Ritrovato dalla madre tra i boschi dell'Aspromonte, Nino Martino viene riportato a casa e sepolto nella sua cantina, sotto una vecchia botte.
La leggenda vuole che da quel momento la botte iniziò a produrre dell'ottimo vino. La "giustizia", notando che la madre del brigante non aveva mai mosto ma era sempre in abbondanza di vino, andò a ispezionare la cantina e constatò il miracolo. Per questo un "brigante aspromontano" fu proclamato Santo. Nella antica cultura popolare calabrese è lui San Martino, il santo dell'abbondanza.
La letteratura
Luigi Borrello, nei suoi scritti, riporta anche modi di dire bovesi che richiamano Nino Martino: Afitemu santu Dia mandé canno tin chiazza tu Ninu Martinu!
in italiano: lasciatemi santo Dio altrimenti faccio una Piazza di Nino Martino (una strage)
Nei confronti di un uomo violento invece si dice: ekhi ti nnuminàta tu Ninu Martinu
in italiano: ha la fama di Nino Martino
Oggi rimane solo nella toponomastica di alcuni luoghi come Piazza Martino (luogo montano) a Gambarie, a Pantanizzi: Cacciadiavoli e Baracca del Brigante.
Francesco Perri nel suo libro Racconti di Aspromonte (ed. Qualecultura) racconta la leggenda del brigante:
“Egli viveva nei boschi, a capo di una banda numerosa e agguerrita che, giusto l’espressione della leggenda, egli trattava alla riali, e cioè, con la magnificenza di un re. I suoi compagni vestiti di splendidi velluti avevano armi sopraffine, mangiavano robustamente, e vivevano come i lupi della montagna, magnifici, temuti a cento miglia d’intorno”.
(Nella foto a destra la "Grotta di Nino Martino" tuttosamo.it)