Ospedale di Locri: il sogno di Guido Candida ucciso dalla politica
- Mimmo Musolino
Il “detto” dei vecchi è come Vangelo. Quando si dice: uomini come una volta non se ne fanno più. E questo “detto” calza a pennello per un grand’uomo del passato: semplicemente Guido Candida, in quanto egli non amava i titoli nobiliari dei quali pur si poteva fregiare.
Don Guido Candida (così era comunemente chiamato) nasce a Gerace marina (l’odierna Locri) il 9 aprile 1912, discendente di una nobile famiglia siracusana, e proprio in questi giorni avrebbe compiuto 104 anni.
Come ogni buon cittadino risponde alla chiamata alle armi e viene decorato con la Croce al merito di guerra e posto in congedo con i gradi di capitano.
Il suo impegno nel sociale e in politica è costante (nel sindacato della gente dei campi la Coltivatori diretti), e viene eletto presidente provinciale e direttore della Cassa mutua coltivatori diretti.
Il suo impegno quotidiano è illuminante anche a livello regionale e nazionale e si distingue per la sua saggezza e la sua concreta capacità di affrontare e risolvere le problematiche, che sono tante e gravi nel dopoguerra, soprattutto quelle inerenti alla salvaguardia e cura della salute dei cittadini.
Per questo il suo più grande impegno è l’ospedale di Locri, del quale è fondatore e presidente (e considerando la situazione attuale dell’ospedale, sicuramente, si rivolterà nella tomba).
Accanto a don Guido Candida c’è sempre da imparare in quanto egli con un sorriso, che sa essere, al tempo stesso, dolce e autorevole, infonde fiducia e forza interiore. Il giorno della sua prematura morte, a soli 65 anni, avvenuta a Roma, dove era impegnato al servizio della Coldiretti e dell’ospedale di Locri, la costernazione e il cordoglio è unanime, com’è dimostrato dagli articoli di stampa (vedi sotto) e dal libro a lui dedicato “Guido Candida, nel ricordo dei Calabresi” scritto, in sua memoria, dal direttore della Coldiretti, commendatore Giuseppe Primavera, e da una serie di fotografie molto significative.
Con il suo esempio si è forgiata una classe dirigente politica e sindacale di grandi capacità e valori, con esponenti della Coldiretti ai vari livelli, e numerosi amministratori comunali e provinciali fra i quali emerge l’avvocato Pasqualino Barbaro, direttore della Cassa mutua coltivatori diretti di Locri (Inps dopo la riforma sanitaria), delegato confederale Coldiretti, sindaco di Locri e poi consigliere e assessore regionale ed anche lui, purtroppo, mancato prematuramente.
Oggigiorno è diventato umiliante constatare che, nei nostri Comuni, molte persone di cultura, professionisti, imprenditori, operai (ed in ogni paese c’è ne sono tanti, uomini e donne) che potrebbero dare un contributo prezioso al progresso civile, culturale, sociale ed economico della propria comunità, tendono ad isolarsi e chiudersi egoisticamente a tutela del proprio interesse personale.
Un giorno, vincendo la mia timidezza e riservatezza, domandai a don Guido: «Perché voi rifiutate tutte le proposte di candidature al Senato ed alla Camera dei deputati ed invece accettate quella di consigliere comunale a Locri?».
Egli mi rispose sereno, come meditando: «A Locri io vivo la mia vita quotidianamente e sento il dovere morale di mettere la mia persona al servizio della mia città e dei miei paesani. E poi se io non mi metto in lista, il vuoto lasciato potrebbe essere riempito da qualche delinquente che non servirà la città ma che cercherà di utilizzare il potere per la propria convenienza ed utilità, e con ogni mezzo».
E, alla luce di tanti avvenimenti che si verificano nei nostri Comuni, è facile constatare che don Guido Candida è stato, a dir poco, profetico!
Uomini come don Guido Candida, nell’attuale contesto politico e sociale, sarebbero quanto mai necessari e certamente sarebbero di sprono all’impegno civico, politico e sindacale prestato, esclusivamente, come servizio alla comunità e quindi non contaminato da capziose e superficiali speculazioni e da dannose, inutili e sterili polemiche politiche che servono soltanto a dividere e rendere più deboli le nostre comunità. E pertanto a non costruire nulla di buono ed utile per i cittadini.