Palazzo Campanella e il vitello “Calabria”
- Mimmo Musolino
“Calabria” è il nome che gli hanno dato gli animalisti della LAV di Reggio Calabria, al vitello ucciso mentre scorribandava per le vie della Città.
Al momento non è dato sapere se l’insigne Tommaso Campanella, il calabrese più conosciuto ed illustre della storia della Calabria fosse vegano, vegetariano, onnivoro o altri gusti alimentari. La sua frase più celebre è sicuramente “io nacqui a debellar tre mali estremi”;
Egli, il suo spirito intendo dire, avrà assistito impotente ed inerme a tale uccisione dall’alto di quella costruzione a forma di “astronave” (l’ideatore progettista molto acutamente e con spirito avveniristico avrà pensato ad una classe politica calabrese proiettata negli spazi cosmici di un universo ignoto e lontano dai reali bisogni dei cittadini calabresi).
É da sottolineare che di tale uccisione non sono stati autori degli incalliti cacciatori in veste inedita di ronda cittadina, ma addirittura le forze dell’ordine (forse mancava solo l’esercito) ed in molti abbiamo pensato ad una pericolosa invasione di alieni con giganteschi Ufo.
Le quali forze dell’ordine, comprese guardie giurate, protezione civile, vigili del fuoco dopo ore di inutili tentativi per catturarlo hanno pensato di uccidere il vitello in libera uscita per le strade del centro di Reggio Calabria sparando ben 7 colpi di pistola, e sembra che uno “quello di grazia” ad una certa distanza dell’ultimo colpo. Bisognava essere sicuri che l’impresa fosse portata a termine ed il malcapitato e pericoloso vitello fosse sicuramente morto! Ma è mai possibile che nel 2016 (e proprio il 21 Maggio ricorreva il 377° anniversario della morte del grande filosofo calabrese di Stilo) le forze dell’ordine non siano dotate di una semplice arma all’anestetico che serve ad addormentare leoni, tigri, elefanti ed ogni altra specie di animali? E figuriamoci un vitello! O che non siano in condizioni di procurarsela nel giro di poco tempo, magari servendosi dell’Ufficio veterinario, anche considerato che l’estemporaneo e poi tragico inseguimento del vitello si è protratto per qualche ora? Per giustificare l’atroce “delitto” ci si arrampica alla pericolosità delle scorribande dello sfortunato animale; ma non sono più pericolosi, e di molto, gli spari a raffica (ben 7 colpi ) in luogo pubblico e come, quasi similmente, avviene nei conflitti a fuoco con dei fuorilegge o con dei pericolosi rapinatori di portavalori come ogni tanto capita di leggere nella cronaca nera nazionale (….non solo calabrese..).
Nell’immediatezza dell’accaduto si è levata alta la voce, vinta dall’emozione e dalla costernazione, della giovane Maria Luisa Nipote una delle giovani più sensibili ed impegnate del movimento LAV di Reggio Calabri la quale ha esternato tutto il suo sgomento per l’accaduto augurandosi che le carni del vitello ucciso non vadano a finire in macelleria per arricchire le tasche di macellai senza scrupoli. E se per ipotesi il vitello fosse stato catturato vivo, com’era logico che fosse, l’avremmo potuto adottare noi di “in Aspromonte” nei sicuri confini del Parco.
E per chiudere faccio supplica al Sindaco di Reggio Calabria, Peppe Falcomatà di esigere che ogni Circo equestre che dovesse essere ospitato a Reggio Calabria (ma non è molto giusto sfruttare gli animali anche i questo senso quando devono subire violenze) sia obbligato, a pena il mancato permesso, di lasciare in dotazione al Comune dell’anestetico, con opposita pistola per l’iniezione, onde addormentare degli animali, considerato che qualcuno di loro può avere la incontrollabile esigenza di uscire in gita turistica per le vie cittadine magari volendo ammirare i Bronzi di Riace.
E ciò perché gli animali non facciano una brutta fine lasciando il loro sangue sull’asfalto come è successo al “povero” vitello.