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Peppino Fumo: dalle “rughe” ai tappeti rossi

  •   Gioacchino Criaco
Peppino Fumo: dalle “rughe” ai tappeti rossi

Luca Argentero, Vinicio Marchionni… solo per citare alcuni dei predecessori. Per dire che chi ha vinto il premio Zanchi è poi diventato un attore importante.

Quest’anno il premio Claudio Zanchi, l’ANEC l’ha assegnato, come migliori attori esordienti, a Matilde Gioli (il capitale umano) e a Peppino Fumo (anime nere). E Peppino dopo il red carpet di Venezia, dopo Toronto, Londra, Seul e tutti i più importanti festival cinematografici del mondo in cui il film che lo vede protagonista è stato proiettato, porterà il suo viso sul tappeto di Sorrento e stringerà fra le mani uno dei trofei più ambiti dagli attori esordienti, il biglietto per un futuro certo al cinema.

Se i giornali calabresi non fossero sempre alla ricerca dei visi dei ragazzi di Calabria, finiti in un fosso o nel cesso di un carcere, se ne sarebbero accorti; avrebbero sparato la sua faccia in prima. Per una volta uno dei nostri ragazzi delle rughe non sarebbe finito fra le poche righe della cronaca. Per una volta i ragazzi delle rughe non avrebbero letto di uno di loro finito male…

Lo rimprovero, tutte le volte che l’incontro. Così Peppino, l’appuntamento successivo, a cui promette di venire, lo salta. Gli dico che deve fare il serio, che non può fallire. Che lui ha in mano le carte del proprio destino. Non può fallire, con lui cadrebbero le speranze di tanti che hanno creduto nel suo talento.

Cadrebbe il sogno di tanti ragazzi che per una volta vorrebbero emulare il cammino di uno che va fra le stelle e non quello di tanti che finiranno nel buio di sbarre e bare. Lui non avrà l’alibi di padri e madri che non hanno difeso fino in fondo i propri figli, di una società distratta e ipocrita, di una scuola non all’altezza. Non avrà la giustificazione di un demone tentatore che ti porta sulla via dell’inganno quando cervello e coscienza sono troppo verdi per comprendere i trucchi dei falsi amici.

Francesco Munzi l’ha scelto fra centinaia di altri ragazzi calabresi, e non è stato facile. Perché Peppino ai provini non ci voleva andare, perché per gli altri fare l’attore non era un mestiere da uomini. E io c’ho buttato il fiato a spiegargli che era solo invidia. L’abbiamo rincorso in tanti, per convincerlo. E ora ha la responsabilità di dimostrare che non era fiato sprecato, ha il dovere di impegnarsi, migliorarsi.

Deve riuscire. Deve farlo soprattutto per se stesso, per i suoi, per chi ci ha creduto. Deve farlo per tutti i ragazzi delle rughe cresciuti a forza di carezze fasulle e tradimenti veri, imbottiti dal culto dell’inferiorità, smarriti dal “tanto dove volete andare”.

Ecco, fosse la nostra una terra normale, Peppino sarebbe fotografato in prima, col suo volto bello, triste. Nel virgolettato ci finirebbero le sue parole semplici. In giro, per scuole, convegni e passerelle, ci porterebbero il suo esempio e non l’autoelogio dei soliti tromboni e degli eroi del tanto al chilo.

Si, solo per un giorno, va celebrato. Il giorno appresso gli si deve rifiatare sul collo; perché vada avanti, per se stesso ma anche per noi, per chi è stato ragazzo delle rughe e per chi lo sarà.


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