Risorse. Canolo, tanti tesori in un piccolo scrigno
- Arturo Rocca
Paisanu, di Canalu veniti?
–Di Canalu, gnarsì, chi cumandati?
Dinnu ca ‘mparadisu llà vui siti e ca ‘nta l’oru tutti llà natati!
-E’ pocu, gnuri quantu vui diciti: nenti cchiù arbasu e nenti cchiù patati! Senz’aratu su chjini li zappini e senza vigni li gutti su chjni!
Non sappiamo se il Gran capitano Consalvo Fernadez de Cordova sia mai stato a Canolo, che all’epoca era parte del territorio di Gerace. Il dottore-scrittore di Seminara Santo Gioffrè non ce lo rivela, teso com’è a descrivere i giochi erotici del Gran capitano con la sua salvatrice-concubina Carlotta “la bella e giovane donna dalle cosce vellutate e lisce come le pietre levigate” ma, sappiamo per certo, che ne fu il feudatario per concessione del re di Napoli Ferdinando il Cattolico, nel 1502.
La leggenda
Certo è che se avesse lasciato l’alcova e si fosse fatto un giro nei suoi possedimenti avrebbe apprezzato un territorio ricco di risorse di ogni genere. Tanto da riportarci alla mente una popolare barzelletta sulla Creazione quando il Padreterno si addormentò con la cornucopia in mano ed essa si rovesciò gettando sulla Calabria ogni genere di bellezze, siamo convinti che su Canolo ne caddero più che altrove. Proviamo a scoprirle insieme tra i 28 kmq del suo territorio. Cominciamo dall’acqua, elemento primordiale pesante!
Le sorgenti
Sono da sempre rinomate le sorgenti che sgorgano nel territorio di Canolo dalle proprietà oligominerali conosciute ed apprezzate nell’intero circondario, tant’è che gli acquaioli da sempre le portano a vendere alle marine: Gazzari, a Canolo nuova; Varca, al limite del pianoro di Mortelle (nei pressi svettano sei sequoie capitate per caso tra le piantine di pino); Frà Nicola, sottostrada all’entrata del paese nuovo di fronte al laghetto; Stroffa, nella boscaglia vicino al bivio per San Giorgio Morgeto; Agarta, nella contrada omonima; ‘a Vina, sulla sinistra orografica del Colaiero; Gallo, sgorga in una nicchia del muro della provinciale appena superato il ponte di Agnana; Prestarona, nei pressi dell’Eremo-santuario; Bosco, accanto all’omonima frazione; Canolo, nel centro storico di fronte alla chiesa (attualmente vi è un avviso di non potabilità precauzionale perché sgorga al di sotto delle abitazioni con rischio di infiltrazioni). Proseguiamo con la terra, l’altro elemento primordiale pesante!
Il territorio
L’impatto visivo all’apparizione del vecchio paese è di grande suggestione. Le timpe di Mutolo, che fanno da cornice al paese, si configurano come guglie di una cattedrale gotica ed invitano alla riflessione. Dal punto di vista geologico Mutolo è un neo calcareo contornato da scisti e gneiss che prevalgono intorno, esso si origina nel Giurassico tra 140 milioni e 210 milioni di anni fa. Questa formazione rocciosa ha fornito per anni il materiale per confezionare la calce da costruzione, oggi fornisce ancora prodotti per l’edilizia e pietrisco con usi più selettivi. Secondo il compianto studioso Domenico Raso, Mutolo risulterebbe essere la volgarizzazione di Vitulo e da qui a Italo, re-pastore degli Enotri, che avrebbe regnato saggiamente su queste terre, dando il nome Italia alle contrade, nome che poi si estese a tutta la penisola.
La grotta di Zagaria
A noi Mutolo è cara per la presenza di tante specificità di cui godere, prima fra tutte le grotte di cui la più grande è quella di Zagaria, enorme antro nelle viscere di monte Giunchi (metri 712) da cui si diparte un cunicolo di circa 30 metri, abitato da una numerosa colonia di pipistrelli, che termina in una parete verticale su cui si apre uno stretto orifizio che consente di penetrare in una splendida sala completamente ricamata di stalattiti e stalagmiti su cui si sono sbizzarrite mani sacrileghe. E per fortuna che non è facile arrivarci!
Kau, Ponte ed Eremita
La grotta di Kau, sulla cima che sovrasta Prestarona, ha restituito un’ascia bipenne di bronzo, i coltellini di ossidiana e la testa di mazza a forma di virgola, e la vicina grotta del Ponte ha custodito per noi ben 14 asce di bronzo che secondo il compianto Salvatore Gemelli furono culla di una civiltà preistorica che aveva frequentazioni egeo micenee. La grotta dell’Eremita alla base di timpa Petto ha uno sviluppo totale di circa 100 metri, con due pozzi di difficile accesso ma di grande interesse speleologico.
La grotta di Marmo
La grotta del Marmo, con uno sviluppo di circa 35 metri, è di difficile accesso, ma interessantissima è la sua formazione per effetto dell’erosione dell’acqua risorgente dal sottostante torrente Pachina che, con millenario sfregamento dei ciottoli, ha levigato perfettamente le pareti del cunicolo che è necessario percorrere strisciando come rettili. Mutolo è anche una parete attrezzata per l’arrampicata sportiva e con piastrine che consentono divertenti discese in corda. Ma è interessante guardarsi intorno perché il paesaggio cambi totalmente e ci vediamo immersi in una serie di monoliti di arenaria: Grottiglio, Timpa tronata, Timpa pizzuta, L’omu mortu. Formazioni rocciose erose dagli agenti atmosferici e modellate in forme, dal volto e dai nomi suggestivi. É possibile visitarle con un percorso di trekking emozionante della durata di circa tre ore. Naturalmente i percorsi da trekking sono innumerevoli e meriterebbero una trattazione a parte.
Il torrente Pachina
Il borgo di Canolo, venendo da Siderno, appare come una testa coronata con una catena che ingentilisce il collo, essa è formata dai due torrenti: Pachina, a sinistra, e Colaiero, a destra, che unendosi originano la fiumara Novito. Ambedue i torrenti sono percorsi naturalistici di grande interesse, il Pachina è caratterizzato da enormi massi precipitati dalle pareti soprastanti su cui l’acqua produce giochi che sollecitano la vista e l’udito per il riflesso dei raggi del sole e la musicalità dello scorrere. Nella parte alta del suo corso ha prodotto una zona pianeggiante che fino a non molti anni addietro era coltivata col sistema delle naside (piccole terrazze con armacere per contenere il terreno). Proseguendo verso monte la vallata si restringe e produce qualche cascatella con laghetti in cui è piacevole immergersi, alle pareti si riscontrano parecchie colonie di Woodwardia radicans (felce preistorica estintasi durante la glaciazione di Wurm fino a 12.000 anni fa) che qui, ma anche in altre forre dell’Aspromonte, per una particolare condizione microclimatica è riuscita a resistere. Presenta un apparato fogliare che raggiunge anche 1,80/2,00 metri. Attualmente Canolo è inserito nella rete dei geositi provinciali con sede nel restaurato palazzo De Agostino.
Il paese nuovo
Per andare al paese nuovo si può percorrere la strada provinciale in auto oppure si può utilizzare un sentiero, antico e molto suggestivo, ricavato nella frattura tettonica della roccia, che sbuca alla frazione Zovaianni, da cui si diparte il sentiero per la grotta Zagaria. Raggiunti i piani rimboschiti a pino laricio si è in prossimità dell’abitato costruito, con Dm 2 aprile 1952, per dare una casa agli sfollati del vecchio quartiere Castello dichiarato inagibile dopo le alluvioni del 1951/53. Molti vedono nello sdoppiamento del paese un handicap sociale ma io sono convinto che i due nuclei convivano e il loro cuore batta all’unisono. Uno è la sede amministrativa, l’altro è il motore economico, ma formano un unico paese con stesse tradizioni e identico futuro.
La torbiera
Sui piani Gulata a 900 metri insiste uno dei siti Sic (siti di interesse comunitario), cod. IT9050134, per la presenza della torbiera attiva che rappresenta la propaggine più meridionale di questo habitat della penisola. Il tappeto della torbiera è formato principalmente da sfagno (sphagnum auriculatum) che costituisce tappeti galleggianti tra i quali scorrono numerosi rivoli perenni, generati da sorgenti oligotrofiche e con ph acido, estremamente rare nel territorio. Alcuni anni fa ho visto i componenti della Società botanica italiana, guidati dal professore Spampinato dell’Università Mediterranea, fare salti di gioia nello scoprire le rarità botaniche presenti. Da segnalare che qui, ai margini della torbiera, prospera una magnifica colonia di Felce reale (Osmunda regalis) una vera e propria regina per portamento ed eleganza.
Il piano Ticchio
Spostandosi ad est dell’abitato ai margini del pianoro vi è il piano Ticchio su cui insiste un inghiottitoio carsico verso cui convergono le acque meteoriche e che, probabilmente lavorando nel sottosuolo, hanno prodotto cavità ancora inesplorate.
Lipracoso
Nello scosceso dietro il cimitero (mai inaugurato) vi è la località Lipracoso dove sono stati individuati castagni di eccezionale fusto (8/10 metri di circonferenza) e anche qui insiste una colonia di Osmunda regalis. In questa zona sono ancora visibili bocche di miniera da cui in periodo borbonico si cavavano vari minerali (bario, lignite, gesso).
Contrada Bosco
Prima di raggiungere la frazione di Prestarona è sicuramente interessante soffermarsi alla contrada Bosco, graziosissimo borgo abbandonato alle pendici di monte Mutolo, su cui varrebbe la pena di far convergere fondi per un recupero integrale, sia per l’esposizione panoramica sia per la disposizione dei fabbricati, che evidenziano la stratificazione sociale anche in un piccolo agglomerato. Da non lasciare in stato di rudere il frantoio, alimentato dall’acqua dell’omonima sorgente.
Il santuario di Prestarona
Il santuario di Prestarona è un gioiello di architettura religiosa per le sue linee semplici e aggraziate e si trova immerso in un angolo di pace che stimola la preghiera anche ai meno avvezzi. É questo un luogo che si è strasformato nel tempo da eremo a cenobio. I monaci di Prestarona erano frati cercatori e passavano quotidianamente nelle case a lasciare i “Pignatelli du monacu” vuoti e ritirare i pieni con quello che le famiglie riuscivano a donare per il loro sostentamento. Canolo diede i natali a diversi uomini illustri ma uno in particolare è giusto citare perché fu un latinista valente e dotto sacerdote che, a Gerace, fondò la Colonia locrese dell’Arcadia assumendo il nome di Abedòne Messenio.
“Scolpisco battendo”
Complessivamente Canolo conta ben 111 contrade oggi per la maggior parte spopolate. É conosciuta in tutta la penisola per i suoi prodotti tipici di fascia alta, che sono espressione del suo territorio. Tipico è un termine derivante dal greco “tupto” che vuol dire “scolpisco battendo”, perché scolpito appunto dall’ambiente in cui si produce.