San Luca. L'alluvione del 1951 e la morte di Enrico Vuerich
- Fortunato Nocera
Quella del 16,17 e 18 ottobre 1951, fu una delle più catastrofiche alluvioni che mai si scatenarono sulla Calabria meridionale e sulla Sicilia orientale. In quei tre terribili giorni furono interessati da grandissime precipitazioni più di 4600 Km. quadrati del territorio calabrese, circa il 30% dell’intera superficie regionale.
La linea ferroviaria tra Soverato è Reggio Calabria fu interrotta in 22 punti, sia per lo straripamento dei corsi d’acqua che per le frane; e lo stesso avvenne per la strada litoranea ionica, ancora non denominata pomposamente superstrada 106, interrotta in più punti per la distruzione di diversi ponti; i comuni isolati furono diverse diecine e quelli con molte case distrutte 34. Le vittime assommarono a una settantina in tutta la Calabria, solo a Platì, dove fu distrutto anche il cimitero, perirono 17 persone. Le vallate più colpite furono quelle aspromontane del versante ionico: Aposcipo -Verde, Ammendolea, Careri, Bonamico.
Nelle montagne del Comune di San Luca, i danni furono ingenti, tali da cambiare completamente il paesaggio. A San Luca era in corso, da alcuni anni, un rivoluzionario processo economico ed industriale: imprenditori lungimiranti avevano fondato un polo industriale del legno notevole, che prometteva ancora più importanti sviluppi. Nel periodo di maggior espansione, tra gli ultimi anni ’40 e i primi anni ’50, il complesso industriale occupava circa 400 persone tra personale della segheria, addetti alla teleferica, tagliaboschi, tecnici, addetti al trasporto del legname lavorato e personale amministrativo. Molti di questi, circa una settantina, specie boscaioli, contabili e tecnici erano stati reclutati in altre Regioni, ed alcuni provenivano dall’estero. Sicché il paese dei pastori di Alvaro, era diventato un luogo di immigrati. C’era gente del Piemonte, del Veneto, del Piemonte, del Trentino, della Jugoslavia, dell’Emilia Romagna, della Basilicata, che, a sera, si riunivano nello spaccio - dopo lavoro - gestito dal novarese Signor Zaccarelli, a bere e cantare le canzoni delle loro valli. Tutto ciò fu distrutto in quei pochi giorni di ottobre di sessantadue anni fa. L’economia pastorale fu quasi decimata per sempre: intere gregge scomparvero travolte dalla furia dell’acqua. Molta gente sorpresa dal nubifragio in montagna, ebbe salva la vita, o perché trovò asilo nel Santuario di Polsi, o per la grande esperienza maturata in anni di vita in montagna che consentì loro di trovare rifugi di fortuna.
Le vittime nel comprensorio della valle del Bonamico furono due: il sanluchese Sebastiano Giorgi, pastore e buon padre di famiglia ed un giovane friulano, Enrico Vuerich. Quest’ultimo scomparve in alta montagna inghiottito dai flutti di un vallone in piena; il corpo non fu mai ritrovato. Di lui resta solo un ricordo inciso sul marmo che si conserva nella chiesetta del cimitero vecchio di San Luca:
In questa zona travolto dalle acque alluvionali periva
Enrico Vuerich
Operaio ventiseienne di Pontebba
n.19.01.1925 – m. 17.10.1951
Dio gradisca il suo sacrificio.
I genitori, i fratelli e la fidanzata.
Nella vecchia chiesetta cimiteriale, la targa che ricorda lo sfortunato ragazzo di Pontebba, è stata per molti anni appoggiata al muro vicino alle tombe dei personaggi più importanti del Paese come l’insigne prof. Giuseppe Signati, il canonico Don Antonio Giampaolo e quella del Prof. Padre Stefano De Fiores teologo mariano di fama internazionale. Solamente chi ricordava i giorni terribili dell’alluvione e la circostanza tragica della scomparsa del giovane, nel rileggerla, provava un moto di commozione e recitava mentalmente un requiem. Tutti gli altri si domandavano chi mai fosse quel nome forestiero nel cimitero di San Luca. Nella circostanza della sistemazione della tomba di Padre Stefano, i soci del Centro Studi Padre Stefano De Fiores, hanno pensato di far ripulire l’annosa targa marmorea e di darle una più idonea collocazione facendola affiggere sul muro nella stessa chiesetta sul lato destro.