Tito, il pediatra
- Bruno Salvatore Lucisano
Non aspettatevi di vederlo nelle grandi Televisioni, nei programmi a domanda e risposta dove sempre uguali sono le domande e sempre identiche sono le risposte. Le grandi Tv nazionali si occupano di altro e, quando si occupano di Calabria, l’argomento è sempre indistinguibile. E sono sempre gli stessi i protagonisti. Da una trentina d’anni vanno a parlare di Calabria e quindi di ndranghita. Magari a presentare l’ultimo libro e a confermare che, in questa Terra, oltre a questa piaga eterna, nulla vi è più di cui parlare.
Non è sempre così, perché in Calabria, dalle nostre parti esattamente a Bova Marina vive ed opera una persona straordinaria che mi onoro di conoscere da più di 45 anni, il Dott. Tito Squillaci, medico pediatra.
Si appresta a ritornare in Uganda, dopo trent’anni. Tito è un pediatra, è un uomo colto che si occupa, tra l’altro, della minoranza linguistica dei greci di Calabria. Anzi è un grande esperto in materia.
Esperienze di vita e professionali vissute, oltre che in Uganda, in Malawi, Albania, Sierra Leone. Appena laureato ha svolto volontariato per ben ventisette mesi in Kalongo.
E mentre noi, militi disarmati, combattiamo guerre personali e, ci mettiamo a contare quanti bambini neri arrivano sulle nostre coste e come sistemarli, lui, il Dottor Squillace, li va a raggiungere a casa loro, senza per questo aspettarsi medaglie e attestati. Oggi l’Uganda è un paese che vive in pace, non invece, quando c’è stato lui trent’anni fa. A quel tempo solo per mettersi in contatto telefonico con i suoi familiari, doveva percorrere centinaia di chilometri.
Durissima ed incancellabile l’esperienza in Sierra Leone dove assieme ad un chirurgo accoglieva, nell’ospedale quanti arrivavano colpiti dall’ebola (piccoli e grandi). Mezzi pochi, fatica tanta, senza nessun momento di tregua, in due a fronteggiare una processione sconfinata di ammalati.
Ritorna in Uganda assieme alla moglie, il caro amico Tito Squillaci, in silenzio e con l’umiltà degli uomini grandi, che nulla si aspettano come premio perché niente di tutto questo fanno per un premio. Lo fanno perché sono uomini speciali e preparati a cui interessa più la quiete della coscienza che il trambusto dei media. A cui interessa più lo sguardo implorante e pietoso di un bambino che la notorietà preconfezionata. A cui interessa di più donare la propria vita ed il proprio sapere agli altri, senza aver nulla in cambio se non il sorriso sincero di un bambino.
È poco, troppo poco per quello che meriti. Un abbraccio.