Alessandria del Carretto e il rito della Pitè
- Redazione
Alessandria del Carretto si prepara per la festa di Sant’Alessandro. Si partirà, come ogni anno, dall’ultima domenica di aprile, e si andrà avanti fino al 3 maggio. Se la festa prevedesse solo spettacoli, luci colorate e bancarelle, non ci sarebbe niente di strano. Ma, qualcosa di straordinario e antico, rende quest’occasione speciale più di tante altre. Qualcosa che, da decenni, tiene uniti anziani, bambini, donne e giovani calabresi. Qualcosa che mischia, alla vita moderna, la magia del passato e della montagna. È il rito della pitë. Ce ne parla Domenico Anania: «La manifestazione, simile ad altre dell’area lucana, consiste nel taglio e trasporto in paese di un grosso abete. Una volta si sceglieva l’esemplare più bello, quasi fosse un sacrificio. Oggi se ne prende uno abbattuto dalla intemperie invernali. La parte sommitale dell’abete viene recisa per lasciarne integri i rami. Il paese intero lo trasporta, tra canti e balli, fino alla Difisella. È la tappa per il pranzo. Capretto arrostito, "misceruhë e pallaccë", "stigliohë", "gliommeriellë", vino rosso locale, ad Alessandria del Carretto anche la cucina è speciale. E sempre al suono di fisarmoniche e organetti, il trasporto termina, la sera, nella piazzetta S. Vincenzo».
E la campana della Cappella di S. Vincenzo suonerà anche quest’anno, nel pomeriggio del 2 maggio, per chiamare i volontari addetti alla pulizia dell’abete. Il mattino del 3, invece, verrà innestato il "cimahë" all’abete, mediante "tortë", una fune ricavata, con un antico procedimento, da rami di pruno selvatico. «Una volta tirata su la pitë – continua Anania - iniziano i tentativi di salita, che deve avvenire solo con l’uso delle braccia e delle gambe ma, nonostante gli innumerevoli sforzi, solo in pochi vi riescono. Raccontano gli anziani cacciatori che, anni fa, si sparava coi fucili al ramo con il premio a loro riservato. La caduta della pitë è salutata sempre con molta commozione».