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Dalla Calabria al Canada: la frittulata e il "nero" doc

  •   Redazione
"Cardara" tradizionale "Cardara" tradizionale

Si vociferano cose incredibili sull’argomento, tanto da essersi perso il confine tra realtà e superstizione; ma sono le tradizioni nostrane più calde, quelle più antiche: non è cosa insolita, quindi, che i contorni diventino vaghi. Di certo da ogni parte della Calabria e, per inciso, del mondo, si lavora in maniera tanto geniale quanto diversa: c’è chi ne piange la scomparsa (e l’improvvisa comparsa di parenti e amici), chi ne organizza il “funerale”, chi festeggia alla faccia delle scaramanzie, chi guarda il tempo e scongiura. Fatto sta che il compianto maiale non muore mai di morte naturale! Unica “uccisione” legalizzata, divenuta un vero e proprio rito collettivo. Il passato vuole che il maiale calabrese abbia un’origine gloriosa, tanto da meritarsi l’appellativo de “il nero” per il colore e, al pari del cinghiale, lo stato selvaggio nei boschi. Ma, quale che sia l’origine, la fine è purtroppo sempre quella. Così, dopo averne ricavato gustosi e invidiatissimi prodotti doc, arriva un po’ ovunque la “frittulata”. Il piatto è ottenuto dalla bollitura nel grasso, per arricchirne il gusto, di cotenna, ossa e parti meno nobili del maiale come coda, lingua, muso, orecchie, piedi e reni. Dodici almeno le ore di cottura sulla brace. Le frittole servite, fredde o riscaldate, nei ragù, nelle frittate, con i legumi e nelle zuppe, sono sempre più gustose se assaporate appena tolte dalla “cardara”. Una volta esaurito il contenuto della cottura, tutto quello che rimane sul fondo del pentolone in rame, rimasugli e sugna, si solidifica e viene consumato (da chi non soffre di colesterolo alto) successivamente in diversi modi, a volte ricucinato con uova fritte o, durante l’inverno, nella “pulenta chi brocculi e curcuci” o nella “pitta ca ricotta, l’ovu e curcuci” a Pasquetta.

Una “brutta abitudine”, questa del maiale, che i nostri corregionali emigrati in Canada non hanno scordato di portare oltreoceano. Nella sala Montecassino di Woodbridge, a Toronto, qualche giorno fa si è svolta, infatti, la decima edizione della “Frittulata”, organizzata dalla “Valle del Torbido Social Club”. L’evento si è poi trasformato in una vera e propria gara di tarantella, come si addice ad ogni “made in Calabria” che si rispetti. È Tony Carabetta, il presidente della Valle del Torbido Social Club a spiegarcene le origini: «Sono emigrato in Canada nel 1968 e, come tanti, ho portato con me un pezzetto di ciò che stavo lasciando, la mia terra, la sua nostalgia. È stato duro abituarsi alla vita canadese però, nel farlo, io e gli altri corregionali, abbiamo mantenuto vive le tradizioni calabresi. Era il 1980 quando decisi di rifare la “frittulata” in America. Quello fu il via ad un appuntamento che, alimentato all’inizio solo da qualche amico, si fece sempre più grande: dalla mia autofficina a delle vere sale per banchetti.

Un passaggio che avvenne così, per caso, un giorno che con i calabresi Ritorto e Femia, mi fermai a prendere un caffè al bar. Scegliere il nome della nostra associazione non fu difficile, proveniamo tutti da una zona in Calabria che ospitava un tempo il torrente Torbido. La “frittulata” ha così raggiunto il suo decimo anniversario ufficiale e, anno dopo anno, gli invitati aumentano, rendendo la nostra iniziativa un’attrattiva di successo». Tony Carabetta, Domenico Ritorto, Franco Femia, Joe Ferraro, Giuseppe Calabrese, Gino Capodanno, Mario Gentile, Domenico Greco, Mario Asta, Domenico Albanese, Ilario Coniglio, Rocco Logozzo sono solo alcuni dei nomi che, da quella parte dell’oceano, amano e non dimenticano, la nostra terra tormentata. Ma se, in Canada, la festa è finita da poco, da questa parte dell’oceano è invece appena iniziata: a Reggio Calabria, per tradizione, le frittole vengono consumate nella festa della Madonna della Consolazione, durante la quale tutto il centro storico è così invaso dal caratteristico profumo. E se i cosentini abbinano le frittole all’uovo fritto, a Mammola sopravvive l’usanza della serenata, cantata e suonata con fisarmonica e chitarra per onorare la famiglia ospite. Questa serata particolare si consacra con l’assaggio delle frittole, ovviamente accompagnate da un buon bicchiere di vino rosso e insalata di agrumi. L’unico ad andarci di mezzo, avrete capito, è sempre “il nero”.


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