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La Calabria al tempo dei gelsomini

  •   Ruggero Calvano
La Calabria al tempo dei gelsomini

C’era un tempo in Calabria in cui si andava a letto e la frescura della sera era dipinta dall’aroma dei gelsomini, e ci si alzava al mattino con una fragranza dolce sul palato che sapeva di vaniglia. Vivevamo nei profumi a ogni stagione. Soprattutto sulla costa ionica, che non per nulla era detta riviera dei gelsomini. Lungo la nostra terra correvano interminabili file di serpi verdi. Serpenti profumati sui quali d’estate stavano chine migliaia di donne calabresi, intente a colmare di fiori sacchi di stoffa bianca. Era un tempo in cui le nostre donne si sobbarcavano il peso di nutrire torme di figli messi al mondo con dolore. Le donne allora erano l’asse portante della famiglia. Poi venne il tempo in cui diventarono donne di ndrangheta e anche le zagare smisero di profumare divenendo il nome di storiche operazioni antimafia. Le file dei gelsomini sparirono e le sere e le albe furono orbate di profumo, lasciando al suo posto una terra puzzolente. Una Locride che continua a puzzare, di disperazione, di speranze tradite, di tanfo di nafta di treni fatiscenti che continuano a portare altrove il profumo della speranza. Sono poetico e nostalgico questa settimana. Volevo semplicemente parlarvi del gelsomino, della sua possibilità di essere sfruttato a fini economici, della infinità varietà dei suoi usi in profumeria, in erboristeria. Un fiore e un profumo che quando la Calabria era abitata da titani appartenevano agli dei. Ora che la Locride è calpestata solo da lillipuziani non c’è spazio per il profumo. Le nostre donne, per luogo nordico comune, sono diventate di ndrangheta e non ci vanno più a raccogliere i fiori e allora i gelsomini sono spariti. I serpenti verdi non ci sono più e i nostri magnifici giardini sono diventati lande desolate. E con chi vogliamo prendercela se non con noi stessi che alla sana fatica per una terra deliziosa abbiamo preferito la puzza d’olio industriale delle fabbriche del nord. Noi che abbiamo mollato il profumo della vaniglia per il lezzo da polveri sottili di lontane città. Volevo essere economico questa settimana e proseguire il discorso sull’economia verde che vi faccio da un po’, per indicarvi strade ecologiche di progresso. Ma sono anziano, dormo poco. Mi sono svegliato all’alba e mi arrivato alle narici un profumo antico, che una volta era perenne in questa terra. E allora non me la sento di darvi consigli, perché a lavar la testa all’asino si perde il tempo e il sapone. Voi non ritornerete mai a curvare la schiena per raccogliere gelsomini, perché vi siete convinti che i profumi stanno solo in profumeria. Non c’eravate al tempo delle sere e delle albe profumate. Resterete nella puzza e continuerete a elemosinare sussidi, che la voglia di zappare per la vostra terra e il vostro futuro non ce l’avete più.


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