La capra bollita e lo scherzo di Carnevale
- Mimmo Musolino
Dopo avere effettuato un sopralluogo all’azienda agricola zootecnica di massaru Bastianu, sita in pieno Aspromonte, traGhorio di Roghudi e i campi di Bova, dopo avere accertato e verbalizzato la consistenza aziendale, massaru Bastianu, con fare ossequioso, mi disse se avrei gradito un invito per mangiare una sua specialità: la capra bollita, ed aggiunse che avrei potuto portare con me gli amici che volevo.
Così una mattina, insieme ad altri quattro amici, a bordo di una panda 4×4 abbiamo raggiunto lo “chalet” di montagna dimassaru Bastianu, quattro pareti in pietra naturale, una finestrella per l’aria, il pavimento in cemento grezzo ed accanto u “jazzu”nel quale erano richiuse le capre e i montoni (che si battevano a cornate micidiali) e le pecore; quasi attaccato vi era un ambiente più piccolo dove era situato “u focularu” e tutti gli attrezzi necessari per fare la ricotta, i formaggi e cucinare specialità montanare e tradizionali dell’area grecanica.
Il fuoco era già accesso e “i brasi” di legno di quercia erano roventi e il pentolone già pronto per mettere la carne selezionata di capra, circa 10 chilogrammi netti (massaru Bastianu aveva scelto di sacrificare il migliore “castrato”) e tutti i tantissimi“consi” e le spezie necessarie per un mangiare unico e prelibato. Ad un certo punto l’imprevisto, due amici della compagnia, i fratelli Roccu e ‘Ntoni (i fatti sono realmente accaduti ma i nomi sono di fantasia in quanto qualcuno, ahimè, non è più con noi) si fecero avanti chiedendo il permesso di dedicarsi loro a bollire la capra in quanto erano degli esperti avendolo fatto più volte. Massaru Bastianu a malincuore, ma per senso di ospitalità, diede il suo assenso e così i due fratelli, forchettone e cucchiaio di legno in mano, presero possesso del pentolone che cominciava a bollire e il profumo della carne faceva girare la testa e apriva tutti i sette sensi. Noi, insieme a massaru Bastianu, eravamo seduti nella costruzione accanto e mentre “spizziculiavamu livi grossa pigghiata da quartara, mulingiani, pumadora e pipi sott’ogghiu e sottacitu, assaggiandu a lestopitta e ‘mbivendu vinu i Petrapinnata “vedevamo le facce dei due fratelli ogni tanto spuntare con un fare sempre più strano e soddisfatto “panza china fa cantari”.
Ad un certo punto mi alzai, insospettito, e andai nell’altro locale e mi avvicinai al pentolone impaziente di vedere “a crapa bugghiuta” pronta da mangiare, ma con mia somma, incresciosa ed amara sorpresa dovetti constatare che il pentolone era vuoto ed i due fratelli spariti. Era successo che i due fratelli, famosi buongustai e mangiatori, assaggiando assaggiando si erano“futtuta” tutta la carne, buttando le ossa ai cani nella vallata sottostante. Dopo qualche giorno ci incontrammo al solito accogliente bar ritrovo di Via Madonnuzza a Melito e c’era pure massaru Bastianu che vedendo i due fratelli gli si stava avventando addosso frenato a stento da tutti noi che avevamo smaltito la rabbia, ma Ntoni e Roccu prendendolo a forza sottobraccio gli dissero in coro: “ma cumpari massuru Bastianu, non vali a pena mi ‘ndi nimicamu, poti essiri mai chi cu vui mancu nu scherzu i carnalavari si poti fari”.