La zampogna a chiave delle Serre
- Francesco Tassone
Considerata nell’antichità classica, l’evoluzione del flauto, la zampogna è un aerofono a sacco costituita da quattro o cinque canne, innestate alla testata che si abbocca poi, dalla parte opposta, all’otre. Delle quattro o cinque canne, solo due sono strumento di canto, mentre tutte le altre fanno da bordone cioè emettono un’unica nota che è fissa. Sulle canne, nella parte apicale, sono inserite le ance, che possono essere singole o doppie e sono realizzate in canna. Mentre nella parte distale si trovano le campane che amplificano il suono emesso dalle ance. Le canne strumento, invece accordano le note e quindi la melodia. Vi è poi la sacca di accumulo dell’aria, chiamata comunemente otre, nella quale attraverso la canna o il soffietto viene immessa l’aria. L’otre è realizzato con la pelle di capra o di pecora.
La zampogna è uno strumento antichissimo e fra i suonatori più celebri viene annoverato l’imperatore romano Nerone. Sin dal Medioevo questo strumento ha assunto diverse tipologie territoriali così, la cornamusa in Irlanda e in Scozia, la musetta in Francia, la piva nell’Appennino settentrionale italiano, la ciaramella in quello centrale e la zampogna in quello meridionale.
Sull’altopiano delle serre Calabresi, viene costruita la zampogna a chiave delle serre, nata nell’Ottocento si è diffusa in buona parte della Calabria, quindi nella Provincia di Vibo Valentia, in gran parte di quella di Catanzaro, nella parte confinante della Provincia di Reggio Calabria e in un’area ben precisa intorno al comune di Rogliano in Provincia di Cosenza. I modelli sono fondamentalmente due: romani e menzietti. Entrambi i modelli hanno cinque canne, con nomi ben precisi: “la destra”, “la manca”, “lu masculu”, “lu cardidiu” quella più piccola e “lu trumbuni” per le note basse e per dare la tonica della scala. Possiede una chiave che permette di raggiungere una nota che col dito non riuscirebbe.