Musolino, i carabinieri e una sorpresa sotto il fuoco
- Bruno Salvatore Lucisano
Tra le tante avventure del brigante Giuseppe Musolino, conosciuto come “U rre d’Asprumunti”, si racconta una, non molto nota, ma abbastanza curiosa che cercherò di spiegarvi il meglio possibile.
Musolino, viene incarcerato a Gerace Marina, l’odierna Locri. Dopo due anni di reclusione, la notte del 9 gennaio 1899, riesce a fuggire rendendosi latitante.
Commette una serie di omicidi e si nasconde specialmente in montagna nei boschi, e persino nei cimiteri, godendo dell’appoggio della gente del posto, sia contadini, pastori ed anche gente benestante. Nei primi otto mesi dalla fuga commette cinque omicidi, quattro tentati omicidi e un tentativo di distruzione, con dinamite, di una casa.
Un giorno si fermò in una capanna di pastori in montagna. Questi, avendolo riconosciuto, lo invitarono ad intrattenersi con loro.
Seduti attorno al fuoco, vi erano, il pastore con la famiglia e degli amici, in tutto una decina di persone. Era una giornata fredda e il capo famiglia facendo cenno con un dito verso i ceppi che lentamente bruciavano, disse al brigante: «fermatevi qui con noi che sotto il fuoco c’è una sorpresa, così mangiamo e beviamo e poi quando siete in forza, ripartirete».
Musolino, ringraziò e rispose che avrebbe accettato l’invito anche perché, non mangiava da due giorni.
In realtà sotto il fuoco, interrato in una buca fatta apposta, stava cuocendo un castrato, fatto a pezzi e sistemato con tutti gli aromi. É un modo, questo, usato per cucinare la carne, che piano piano, sta scomparendo ma che qualcuno, ostinatamente e con lungimiranza, ancora oggi continua ad usare.
Ma sul più bello i cani cominciano ad abbaiare e poco lontano s’intravedono le divise dei carabinieri che a passo svelto vanno proprio verso la capanna.
Il brigante scappa nella boscaglia, appena in tempo, per non essere catturato.
I carabinieri, cinque o sei, appena arrivati sul posto, interrogarono i presenti e siccome, cominciava a fare buio, si sedettero attorno al fuoco alimentandolo con rami secchi e pezzi di legno per riscaldarsi. Lì stettero, in attesa del brigante, fino a che non fu giorno. Il brigadiere, dopo un po’, con un cenno del capo, ordinò ai militari di ritirarsi.
Dalla boscaglia, quando le divise oramai erano lontane, spuntò il brigante che si diresse verso il capanno e si sedette proprio sulla pietra, dov’era “accomodato”, il giorno prima. A uno a uno, vennero fuori i pastori e gli “invitati”.
Il capo famiglia smosse i tizzoni ancora caldi, spostò la terra che faceva da coperchio alla carne e piano piano, iniziarono a mangiare e bere fino a che non fu divorato l’ultimo osso del castrato.
Sazio e contento, il brigante Musolino, salutò uno per uno gli invitati e, congedandosi, esclamò: «Certo è, che nessuno cucina la carne di capra meglio dei carabinieri!».
Questa storiella per dire che la carne cucinata sotto terra è più buona ed ha il vantaggio di non essere né vista, né “sentita”. Inoltre se l’avessero cucinata nel solito pentolone di rame sul fuoco, “sa futtivinu i carbineri e Musulino rrestava dijunu!”.