Pasquale Faenza e le lacrime di San Leo
- Francesco Violi
Incontro il dottor Pasquale Faenza in un pomeriggio di fine marzo nel suo laboratorio di restauro alle spalle del Colosseo a Roma. Davanti al monumento più importante della storia, inizia un dialogo sulla imminente pubblicazione del libro Del Santo Padre Nostro Santo Leone di Africo - Storie di un monaco di una reliquia e di un reliquiario, il quale, come un viaggio a ritroso nel tempo, ci conduce dal V al XXI secolo.
Dunque Pasquale, cosa ti ha spinto a scrivere un libro su San Leo?
Il restauro del busto di Africo, curato dalla Sovrintendenza per i Beni storico-artistici ed etno-antropologici della Calabria, è stata l’occasione per approfondire gli studi storici e religiosi su San Leo. Ne è derivata una attenta e dettagliata analisi sulla vita del Santo e sulle sue origini fino ad arrivare all’ipotesi che il nostro fosse originario di Africo, al tempo Casale di Africo. Partendo dalla prima notizia storica su San Leo, individuata nel Sinnassario Lipsiense (1172), oggi conservato a Lipsia, che cita «nostro Signore Leone di Africo», ripercorro nel libro tutti i momenti salienti della storia di San Leo. In particolare quando i bovesi, per dare prestigio alla sede vescovile, trasferirono le reliquie del Santo da Africo a Bova.
È vero che alcune fonti narrano la sua esistenza già nel V secolo?
Questa ipotesi, riportata da Antonio Catanea nel suo libro Le origini di Bova e del suo nome, racconta dell’esistenza di un calendario liturgico del VI secolo dove è indicato il 5 maggio come la data della morte del Santo; purtroppo, questa data non è documentata.
Cosa emerge maggiormente nel libro?
Questa opera ha la prerogativa di mettere ordine nella cronologia degli eventi che hanno contraddistinto la vita ed il culto di San Leo, a partire dalle sue origini fino ai giorni nostri. La rivalità tra due comunità di credenti, quella di Africo e quella di Bova, rappresenta sicuramente un percorso culturale e religioso intriso di storia e di fede, di miracoli e di lotta. L’esistenza di due statue di marmo, di due busti reliquiari, di due vare, di due festeggiamenti, il 5 maggio per i bovesi ed il 12 maggio per gli africesi, ne è la dimostrazione. Ma nel libro viene anche messa in evidenza la cultura di un popolo ricco di fede definito in un contesto ambientale ricco di bellezze paesaggistiche e colmo di testimonianze storico-artistiche.
Cosa hai provato duranti i lavori di restaurato del busto reliquiario?
Emozione e curiosità. Durante il restauro è emersa la data di realizzazione dell’opera, nel 1739 a cura di un argentiere messinese. Sicuramente la statua fu realizzata in concomitanza con il miracolo delle locuste. Non potrò mai dimenticare, invece, il momento in cui, restaurando l’interno dell’opera, mi misi a fotografare alcuni dettagli del busto. In una di questa foto che ritraeva il capo notai la fuoriuscita di un liquido dalle cavità orbitali. Immediatamente pensai si trattasse di vere e proprie lacrime ma, analizzando bene il tutto con il contributo di Francesco Caridi del Dipartimento di Chimica dell’Università di Messina che ha curato le indagini diagnostiche sull’argento, risultò essere probabilmente alcool utilizzato per la pulizia della superficie esterna entrato dai fori di sfiatamento durante la realizzazione del viso.
Un ennesimo miracolo del nostro Santo, quindi. Chi altro ha contribuito alla stesura di questo volume?
Il libro, curato dal sottoscritto con la collaborazione di Rosa Maria Filice è stato finanziato dal Comune di Africo e dalla Parrocchia San Francesco D’Assisi e vuole dare valore ad un popolo che crede fortemente nel suo Santo. Due sono le prefazioni: una curata dall’attuale Sindaco di Africo avv. Domenico Versace e l’altra a cura del Sovrintendente Fabio De Chirico. Le fotografie sono di Enzo Galluccio mentre l’editore è Iiriti. Non ci resta che aspettare la pubblicazione del libro per inoltrarci in questo meraviglioso viaggio attorno a San Leo, alla sua storia, al suo culto.