Polsi. La processione lungo la monumentale via Crucis
- Antonio Strangio
In preparazione della festa di domani, si è ripetuta a Polsi la tradizionale e antica processione della Via Crucis. La croce di Polsi, preceduta dal pastore della Locride, Monsignor Francesco Oliva, è stata portata in processione lungo il sentiero scosceso della monumentale Via Crucis, da quattro sacerdoti in stola rossa, guidati dal superiore del Santuario don Pino Strangio. Una tradizione che si ripete da secoli e che richiama, in attesa della festa di oggi, pellegrini di tutti i paesi della Calabria e la vicina Sicilia. Un interminabile e mai stanco cammino, scandito dal messaggio del presule per il quale la Croce altro non è che la misura delle nostre sofferenze ma anche il metro della nostra fede, perché «ci ricorda che Gesù è il nostro salvatore, che a Lui dobbiamo volgere il nostro sguardo, a Lui dobbiamo ricorrere se vogliamo essere salvi. Senza abbracciare la propria croce non si vive. E’ la croce delle nostre responsabilità e dei doveri del proprio stato, della fatica quotidiana, della sofferenza che non ti aspetti. Tante croci abbiamo conosciuto ai bordi delle nostre strade: le croci di coloro che hanno perso la vita nei tanti incidenti avvenuti sulle nostre strade, le croci di tanti giovani e di tante famiglie distrutte».
E chiaramente il pensiero del vescovo che parla e scandisce bene le parole, non poteva non andare ai paesi colpiti dal devastante terremoto, ai tanti migranti morti annegati nel tentativo di trovare una nuova patria, alle vittime della violenza più cieca, e «dei tanti uccisi dalla violenza di un terrorismo senza senso, stroncati da un fondamentalismo che non rispetta la vita donata da Dio. Tanti sono stati le croci sui luoghi di lavoro, causati da incidenti evitabili se fossero state rispettate le norme di sicurezza. Al punto che viene logico domandarci, Dov’è Dio? Se nel mondo c’è il malese ci sono uomini affamati, assetati, senzatetto, profughi, rifugiati? Dov’è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre? Dov’è Dio, quando malattie spietate rompono legami di vita e di affetto? O quando i bambini vengono sfruttati, umiliati, e anch’essi soffrono a causa di gravi patologie? Dov’è Dio, di fronte all’inquietudine dei dubbiosi e degli afflitti nell’anima?”. Sono domande che non trovano risposte. Possiamo solo chiederlo a Gesù. E la sua risposta è: “Dio è in loro”, soffre con loro».
Per poi chiedere perdono per tutte quelle persone, «criminali di una mafia senza anima» che con la loro condotta hanno macchiato e violentato luoghi così belli e carichi di storia.«La Croce di Polsi è testimone silenziosa e senza voce di tutto il male compiuto dagli uomini della ‘ndrangheta votati alla morte. Spesso uomini che si trincerano dietro una falsa devozione ed una fede che tale non è. I resoconti delle indagini condotte dalla magistratura ci dicono che tanti uomini di ‘ndrangheta hanno frequentato questi luoghi. Sono venuti sin qui, ahimè, non per pregare, ma per stringere alleanze di morte o per dichiarare guerre di mafia e progettare strategie criminali. Proprio qui a Polsi, ove i nostri avi eressero questo bel santuario destinato ad essere luogo di preghiera e di incontro con Maria ai piedi di questa Croce. Questo luogo sacro è stato purtroppo profanato da tanto sangue innocente. Chi piange quelle vittime! Chi può far loro tornare il sorriso, la gioia della vita! Siamo qui questa sera per chiedere perdono per quanti hanno ucciso e profanato questo luogo. Perdono per i sicari che si sono prestati ad essere strumenti di morte. Perdono per quanti hanno stimato la vita meno di un bossolo di lupara!» Ed è per questo - ha continuato - «che se è vero che nei pressi di questo Santuario “si è consumata l’espressione più terribile della profanazione del sacro ed è stato fatto l’insulto più violento alla nostra fede e alla tradizione religiosa dei nostri padri” (come ebbe a dire il mio stimato Predecessore, mons. G. Morosini), desidero che questi luoghi siano purificati con la preghiera e la penitenza».
A tale proposito ha chiesto a tutti i fedeli presenti a Polsi «di fare una giornata di digiuno ogni anno il venerdì precedente la festa del 2 settembre. Con tale atto penitenziale, e accostandosi al sacramento della Riconciliazione, è possibile sperimentare la misericordia ed il perdono di Dio. Perché la Croce - ha concluso monsignor Oliva, - ci rivela che siamo il termine dell’amore infinito di un Dio che ci ama come se ognuno di noi fosse unico davanti al suo amore».