Sementi antiche
- Ruggero Calvano
Non mi dispiace per voi, state a boccheggiare sotto una pensilina o al riparo della fragile difesa di un ombrellone colorato. Anch’io amo il mare, ma lo alterno alla montagna da metà luglio a ferragosto. E’ inutile sparare al massimo i condizionatori per ritrovarvi a sera con la gola a pezzi. Scherzo, è ovvio che vorrei stare al Blutango col mojito ghiacciato in mano. Ma la senilità dei miei anni mi ha fatto scegliere l’isolamento dell’inferno montano. Per aggravare le mie pene mi sono messo a capo della colonia penale di Khampusa city, e custodire i cattivi fa aumentare la temperatura, a volte boccheggio anche sulle ventilate vette dell’Aspromonte. E’ tempo bello quello d’estate a Khampusa. E’ tempo d’orto, e i nostri appezzamenti coltivati risplendono di pomodori, peperoni, melanzane, zucchine, cetrioli e ogni ben di Dio della terra. La vegetazione è in tripudio, il sangue verde scrosta le arterie e i fetenti non si beccheranno mai ictus o infarti; vivranno a lungo e Satana le loro anime nere se le dovrà sudare. Si sono messi in testa di salvare il mondo, i miei picchiatelli. Qualcuno di loro recita in continuazione una cantilena apocalittica, che contiene una profezia che ho sentito più volte. Oltre a essersi presi cervello e anima degli uomini, le multinazionali si sono appropriate del mondo vegetale; spiego, per i pochi che non la conoscono, la situazione del settore ortofrutticolo. Le industrie globali hanno il monopolio delle sementi e delle piante, per produrre ortaggi o frutti i semi o le piante da riproduzione ci vengono forniti dalle holding. Ora, una volta che ce le hanno date siamo a posto, se non ce ne venderanno altre dai frutti, dell’orto o degli alberi, ricaveremo i semi per garantirci la riproduzione. Non è più così da qualche anno però. Fate una prova semplice semplice: se da qualche parte vi fosse caduto un pomodoro della passata semina recuperatene i semi, metteteli a dimora nella terra, annaffiateli e aspettate. I giorni trascorreranno e nulla salterà fuori dall’orto. Tutto quello che ci vendono è sterile. Le piante o i semi che compriamo sono ibridi, non possono riprodursi, ci garantiscono il raccolto di un anno. Non è l’erba dell’Aspromonte né il nero di Pasquale, che non bevo da mesi, a farmi straparlare. Quello che vi ho detto è vero. Addio patate e angurie, se le multinazionali lo vogliono chiuderemo gli orti e anche i Verdi si mangeranno Bambi, sino a quando non sterilizzeranno anche lui. Ho sguinzagliato i miei fetenti in ogni angolo dell’Aspromonte, hanno dissotterrato i loro averi. Comprano sementi antiche, da antichi ortolani montanari. Quando non avrete lime e menta per i vostri drink e a noi che dovrete chiedere e nell’afa agostana sposterete le vostre flaccide terga verso i monti. Qui verrete, anche voi nelle fresche forre di Khampusa anche se non siete cattivi ma solo stupidi.