Vino, bottega, Centuvinti e Trissetti. I "40 diavoli napoletani"
- Tiziano Rossi
Si tratta del passatempo più praticato e, forse, più amato dai calabresi. Non a caso "briscola", "scopa" e "tressette" hanno divertito e, sicuramente, continueranno a divertire intere generazioni di giovani e anziani. Gente che di buon mattino s'insedia nei bar e, tra una mano e l'altra, ragiona, medita, riflette, discute, litiga e non sono sporadici i casi in cui fa pure a botte.
Fino a qualche anno fa il gioco più praticato era quello del patruni e ssutta (o "gioco della legge"): tra i sei giocatori che prendevano parte al singolare divertimento, veniva stabilito chi doveva essere il "padrone" (o conduttore del gioco) e chi il "sotto" (sotto-padrone o servo). La posta in palio, generalmente costituita da una dozzina di birre, doveva essere distribuita tra i vari partecipanti al gioco, seguendo un rigido protocollo di regole, talmente irritanti, che molto spesso sfociavano in veri e propri rancori. Questo perché, il più delle volte, il "padrone" e il "sotto" si accordavano (in precedenza e all'insaputa degli altri) circa la persona che bisognava ubriacare o quella che bisognava lasciare all'urmu (così era detto il giocatore che si alzava dal "tavolo" senza avere assaggiato neppure un goccino di birra). Si capirà bene come, questo modo di divertirsi, molto spesso, dava luogo a risse.
È inutile soffermarsi sulle regole e sulle modalità dei vari giochi a carte che, come si sa, in linea di massima sono simili e non differiscono di molto da un paese all'altro. Ci riesce gradito, in questa sede, mettere, invece, in risalto alcuni aspetti peculiari del gioco della "briscola" ('u centuvinti), delle sue regole e del quanto mai caratteristico e nutrito glossario usato dai calabresi durante lo svolgimento del gioco. Cominciamo col dire che, le dieci briscole contenute nelle carte (napoletane), si dividono in due categorie: brìsculi vestuti (briscole grosse) e brìsculi spogghjati (briscole piccole), a ciascuna delle quali è associata una 'nzinga (segno particolare generalmente fatto con un movimento del viso, delle labbra, degli occhi, ecc.). Ve le riportiamo così come le abbiamo viste fare e, forse (a furia di vederle), anche imparate.
SEGNI PER LE BRISCOLE
Asso: si arriccia il naso.
Tre: si strizza l'occhio.
Re: si gonfiano ambedue le gote.
Cavallo: si gonfia una sola gota.
Donna: si mostra la punta della lingua (chiaro riferimento alla lingua delle donne che parlano troppo).
Le briscole piccole sono tutte le altre (due, quattro, cinque, sei e sette). Per chiarire meglio le idee, entriamo in un bar e avviciniamoci a un tavolo da gioco per seguire una divertentissima briscola a quattro. Prima che "la partita" si inizi, i due compagni stabiliscono una carta convenzionale cui fare riferimento durante il gioco. Se, ad esempio, si sceglie come carta di riferimento il "quattro" e un giocatore in mano ha il "sei" di briscola, si dice che egli è "sopra di due" rispetto alla "carta d'intesa".
In tal caso tra i due potrebbe intercorrere il seguente dialogo:
«Aundi si'?»
«'Nchjanu ddu'»
(«Dove sei rispetto al segno?» «Sono sopra di due»).
I calabresi in questo tipo di attività si sono rivelati dei veri e propri maestri e ne sanno sempre una più del diavolo.
Le frasi tipiche della briscola in quattro
- 'Ndaj'u ddu' (Ho una briscola piccola)
- Scindu unu (Sono giù di uno: il tre)
- T'ha guard'a manu? (Ce l'hai una briscoletta?)
- Sugnu jà (Sono al segno: il quattro)
- Sugnu sulu (In mano ho solo una briscola o niente del tutto)
- Mi rimovu (Ho un'altra briscoletta)
- U 'nda' un'i undici? (Hai un carico da undici?)
- 'Nd'haju 'na piccirija (Ho una briscola piccola)
- Pass'a piccirìja (Gioca la briscola piccola)
- A 'mmazzi? (La superi la briscola dell'avversario?)
- Fatt'i fatti to'! (Non mettere nè briscole nè punti)
- 'Nda 'u so'? (Hai il carico dello stesso seme giocato dall'avversario?)
- Va' lisciu petra! (Gioca una carta che non sia né carico nè briscola nè punti).