Menu
In Aspromonte
Cinema: Il docufilm “Terra mia” da San Luca ad Altamura

Cinema: Il docufilm “Terra mia…

di Cosimo Sframeli - ...

Recovery: UeCoop, per 80% imprese Calabria aiuti solo fra un anno

Recovery: UeCoop, per 80% impr…

C’è un clima di sfiduc...

Bovalino: La Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, dott.ssa Racco, scrive alle autorità competenti in merito alla situazione scuola, al fine di evitare un sacrificio ingiusto ai bambini calabresi

Bovalino: La Garante per l’Inf…

La Garante per l’infan...

Coldiretti, nubifragio nel crotonese: «dopo la grande paura il bilancio dei danni sarà pesante»

Coldiretti, nubifragio nel cro…

I violento nubifragio ...

Coldiretti, in vigore l’etichetta Made in Italy per i salumi. La trasparenza che tonifica l’economia calabrese ed è valore aggiunto per i suinicoltori

Coldiretti, in vigore l’etiche…

Adesso non conviene ba...

Bovalino, conclusi i lavori di ampliamento della Scuola dell’Infanzia di Borgo e di riqualificazione con messa in sicurezza del plesso scolastico

Bovalino, conclusi i lavori di…

L’Amministrazione Comu...

Federaccia e AA.VV. Calabria sulla VINCA al Calendario Venatorio 2020-2021

Federaccia e AA.VV. Calabria s…

Reggio Calabria 2 nove...

Coldiretti Calabria, i cinghiali sono troppi: la Regione intervenga con piani di abbattimento selettivi

Coldiretti Calabria, i cinghia…

Ci sono troppi cinghia...

Artigiani e produttori insieme al Parco dell’Aspromonte ad Artigiano in Fiera

Artigiani e produttori insieme…

Oltre un milione di vi...

Nel Parco dell’Aspromonte vive una delle querce più vecchie del mondo

Nel Parco dell’Aspromonte vive…

Una Quercia di oltre 5...

Prev Next
Antonella Italiano

Antonella Italiano

:

Lettera al Presidente Giuseppe Bombino

Caro Presidente,

camminiamo assieme da ormai cinque anni e di cose, con questo nostro giornale, ne abbiamo scritte e dette tante.

Confronti duri, tutti tesi all’Aspromonte: tra Lei stretto dalla burocrazia e dai passaggi ufficiali, doverosi per un’istituzione; e noi che ci sentivamo liberi, ribelli, veloci di agire, di parlare, di sognare.

E intese straordinarie, tutte tese all’Aspromonte, perché il cuore infondo è sempre stato lo stesso e le vittorie lo hanno dimostrato: dalla malinconia dei borghi abbandonati alle luci dei Festival più ambiti; dai laboriosi orti di casa all’Expo di Milano; dalle capre lasciate - secondo costume - a pascolare ovunque agli ovili controllati e a norma; dalle piccole produzioni famigliari a delle vere e proprie scuole per pastori e produttori con cui si è ottenuto il rispetto delle regole e il giusto mercato per i prodotti.

La sua intuizione, Presidente, è aver compreso che l’Aspromonte non era solo una montagna, e in quanto tale caratterizzata da flora e fauna e planimetrie, ma era in primo luogo gente che aveva voglia, necessità di tornare a casa. Il suo coraggio, Presidente, è di essersi mosso ai limiti del potere che la carica all’Ente prevedeva per concedere alla gente, per ridare dignità a quegli uomini sgarbati che, con scarpe grosse e polverose, bussavano con insistenza alla sua porta. La sua sfida, Presidente, è di avere riacceso il fervore culturale riportando la vita in montagna, impegnandosi a costruirne soprattutto l’intelligenza, chè un popolo diviso, un popolo senza cervello sarebbe stato - fin da subito - un popolo destinato a morire.

Ed era quello l’unico modo per evitare che la nuova idea racchiusa nel termine – finalmente collettivo - di “aspromontani” venisse ancora frammentata nelle marine, defraudata della terra e dell’anima, uccisa come settant’anni prima l’alluvione aveva ucciso l’Aspromonte orientale.

È stato Lei, Presidente, a immaginare e a forgiare questo popolo resistente e previgente dei pericoli; giovane, colto, laborioso e benestante; e a fare in modo che le storie immortalate dal nostro Zanotti Bianco, tanto citato e amato nei convegni e negli articoli, siano quel passato da tenere lontano.

Presidente, Professore, Uomo: potrei chiamarLa in mille modi senza mai sbagliarmi. Ma di Lei io ho in mente il ragazzo, piombato all’improvviso nel cuore della montagna con quell’accento reggino che i provinciali detestavano, perché aveva un suono doloroso per chi - della città - ricordava l’abuso e il continuo esercizio di supremazia. Il ragazzo pronto, per questo, a dimostrare affrontando ogni prova: sia stata essa una strada sterrata, un dirupo, un preconcetto, un confronto arduo con gente diffidente e ferita.

Lei già sapeva, Presidente, che l’Aspromonte non era un nostro capriccio, una due giorni chic da fotografare e condividere sui social come esperienza unica, indimenticabile, dura ma da provare; che l’Aspromonte non era mai stato difficile, impenetrabile, oscuro, raggiungibile per “gentile intercessione”.

L’Aspromonte esigeva normalità, era un mondo con i suoi percorsi in salita e con quelli in discesa; con la polvere che preparava al piacere di fonti e cascate e fiumare in cui trovare sollievo; con le spine e le ginestre a tappeto nei boschi, e con frutti maturi e colori mutevoli in ogni stagione.

Erano gli uomini ad essere difficili per la montagna, quegli uomini da ella stessa partoriti ma talmente mutati negli anni, in vizi e costumi, da esserne divenuti inadeguati.

Per noi, e per i pochi che lo vivevano in totale dedizione, l’Aspromonte era l’essenza. E arrivare all’essenza voleva dire arrivare alla vita, quella depurata dai luoghi comuni e dalle chiacchiere.

Lei – all’improvviso - ci camminava in mezzo.

Silenzio. Ricorda la strada che portava ad Africo antica? L’Aspromonte pretendeva, imponeva il silenzio. Attenzione, sguardo attento e piedi saldi alla terra per potersi lanciare all’improvviso a superare un masso, un dirupo, una lingua d’acqua.

Fiato ed energia. Perché l’Aspromonte non era un albergo, un pranzo all’ostello, un punto d’arrivo; non è mai stato un porto in cui attraccare ma mare aperto, braccia, cielo e Dio a cui affidare l’ultima bestemmia.

Nel torpore delle notti che non conoscevano luce diversa da quella delle stelle, contavamo gli affetti volati via e se ci fosse qualcuno per cui valesse la pena tornare; ripercorrevamo gli anni, stando immobili per ore, seduti su un qualche masso, come bambini stanchi del gioco e del tempo perduto; quel tempo ci insegnava che proprio le amarezze nutrivano e ingrandivano i sogni, e che i grandi sogni per realizzarsi non potevano restare abbarbicati in montagna: dovevano passare dalla marina, dove tutto si scriveva e si compiva.

Li affidammo a Lei.

Oggi, Presidente, è tempo di stime e, a qualche giorno dalla fine del suo mandato, Lei sa già per certo che sarà ricordato per una serie di atti che hanno reso giustizia al territorio.

Tra questi l’elezione del sindaco di Africo a presidente della Comunità del Parco, Comune che sapeva bistrattato e mai premiato per l’importante fetta di territorio concesso all’Area Protetta; l’istituzione del Premio letterario Saverio Strati, strutturato insieme al giovane sindaco di Sant’Agata del Bianco con l’intento di dare lustro al Supercampiello, dimenticato per anni dalla sua terra. E sarà ricordato per avere acceso le luci su Precacore, borgo che – nascosto all’ombra della sua Samo - solo Lei avrebbe potuto scovare; e per l’incredibile gioco diplomatico che ha tessuto ottenendo 10 milioni di euro da investire sulla viabilità; e per i numerosi progetti e accordi di programma avviati in questi anni a discapito di sagre e di luoghi comuni.

Ma è l’attenzione con cui Lei ha raccolto ogni istanza a lasciare sgomenti; imparando a distinguere, pesare, valutare sul campo. È quel “noi” ribadito in ogni evento che ha fatto sentire finalmente grandi e degni gli aspromontani, persino giù alla marina.

È per avere camminato insieme ad essi, per cinque anni, guardando l’uomo prima che il lupo o il castagno, perché l’ambientalismo o l’idea di “area protetta” non diventasse fanatismo a discapito delle persone.

È una traccia importante, pesante, che non si è fermata alla terra ma ha scavato la roccia. E che resterà indelebile sull’Aspromonte orientale così come nella tradizione orale degli aspromontani. Il più grande atto d’amore che questo popolo può regalarLe.

antonella italiano

Samo. Si accendono le luci su Precacore grazie ad un Accordo con l'Ente Parco

È stato inaugurato lo scorso 26 aprile l’impianto di illuminazione dell’antica Precacore, un progetto inserito nell’ambito di un Accordo di Programma ben più ambizioso, stipulato tra il Parco nazionale d’Aspromonte e il Comune di Samo. Il primo step, dunque, di un percorso che vedrà il recupero e la fruizione del vecchio borgo di Precacore, fortemente voluto dal presidente dell’Ente Parco, Giuseppe Bombino.

Al tavolo dei lavori, oltre al sindaco Giovambattista Bruzzaniti e al presidente Bombino, anche il direttore dell’Ente Parco Sergio Tralongo, il prefetto di Reggio Calabria Michele di Bari, l’Arma dei Carabinieri; presenti anche i sindaci dei Comuni limitrofi, il neoeletto presidente della Comunità del Parco, Francesco Bruzzaniti, e il membro del Direttivo del Parco, Domenico Stranieri, accorsi per condividere quello che si è tradotto in un momento di grande commozione per la comunità samese.

L’area individuata per l’intervento è l’intero percorso pedonale che va dal vallone Santa Caterina fino alla vetta di Precacore, borgo costituito dai vecchi ruderi dell’insediamento originario e meta di molti visitatori. Il progetto è stato concepito nel rispetto dei valori paesaggistici del Parco nazionale e per consentire la fruizione del borgo nelle ore serali; ha previsto l’illuminazione di un percorso pedonale della lunghezza complessiva di 960 metri con un’avanzata tecnologia a led - la più performante rispetto ad altre sorgenti luminose finora adottate negli impianti di pubblica illuminazione – e l’installazione di 94 proiettori e fascio concentrato di 19 W, per un assorbimento totale inferiore ai 2mila W.

Ad aprire il tavolo dei lavori è stato il sindaco Giovambattista Bruzzaniti: «Abbiamo iniziato, fin dai primi giorni del nostro insediamento, a lavorare insieme all’Ente Parco per migliorare questo piccolo paese. Oggi ci ritroviamo ad inaugurare il primo intervento, ma stiamo già lavorando sul secondo passaggio: garantire la fruibilità di Precacore e completare l’antica chiesa di San Giovanni».

Il sindaco ringrazia per questo, oltre al Presidente Bombino, il consigliere Giovanni Brancatisano con delega speciale all’Ente Parco, per aver seguito attivamente il progetto.

A prendere la parola, dopo gli onori di casa, il presidente Giuseppe Bombino «Abbiamo voluto compiere la prima opera in seno a questo Accordo di programma che, metaforicamente, è la più significativa: portare la luce laddove la luce non c’era. Una luce che viene oggi consegnata ai giovani e ai bambini. L’Accordo di programma è molto articolato e complesso: prevede il recupero architettonico di alcune strutture, la messa in sicurezza di aree della rupe, l’installazione di opere funzionali alla fruizione del borgo e numerose attività di animazione, di accoglienza e di ospitalità diffusa. Un’opera significativa che vede un impegno particolare dell’Ente Parco e di tutta l’Amministrazione comunale».

Il Presidente esprime dunque la sua soddisfazione per i risultati ottenuti fino ad oggi, auspicando che quella luce sia metafora di fiducia e di speranza per chi abita il borgo, rivolgendosi in particolare ai giovani «perché possano immaginare anche una “non fuga”», il vero dramma delle aree più interne.

A chiudere gli interventi, il prefetto di Reggio Calabria Michele Di Bari «Mi auguro che quest’illuminazione sia lampada per coloro che amministrano e per l’intera comunità, perché le aree più piccole vivono numerose difficoltà in più rispetto alla città in termini di servizi e di qualità della vita». Ed aggiunge «La mia presenza vuole essere cerniera rispetto a ciò che si sta facendo, ma soprattutto un modo per spingere su ciò che deve essere ancora fatto e spingere perché tutta le fenomenologia della legalità abbia il sopravvento sulla rassegnazione e sulla paura».

Dopo gli interventi, da un affaccio naturale sulla fiumara La Verde, proprio dinnanzi a Precacore, si è tenuta la cerimonia di accensione delle luci del borgo seguita da una grande festa che Samo ha voluto condividere con gli ospiti e con le istituzioni.

Fiumara Pintammati. Eternit e gomme d'auto a due passi dal Rifugio delle Anime Randagie

È molto critica la situazione delle nostre fiumare, vene d’acqua a diretto contatto col mare, divenute - tra il malcostume dei cittadini e la negligenza degli amministratori - sedi abusive di rifiuti di ogni genere.

Al Pintammati, torrente al confine tra Ardore e Bovalino, esiste da molti anni una vera e propria discarica a cielo aperto. Una discarica che non gode del “colpo d’occhio” di Scinà, ma che vanta un deposito di eternit e di gomme d’auto di tutto rispetto.

Roba normale, insomma.

Su contrada Coltura, davanti alla dormiente “isola ecologica”, si affaccia una vera e propria oasi di abbai e amore: il Rifugio delle Anime randagie. La Bovalino dei volontari, dei cinofili, della civiltà che riesce a far scuola – in materia di canili e loro gestione – agli altri paesi della Locride.

Decoro e una nuova visione del randagismo sono gli elementi innovativi del progetto.

Ma, proprio alle spalle del rifugio, sede di decine e decine di visitatori, si consumano i peggiori misfatti ambientali: a qualche metro dal Pintammati e per gran parte del corso della fiumara sembra di essere dallo sfasciacarrozze. Materiali di grossa pezzatura (carrozzerie di auto e parabrezza di camion)e materiali di piccola pezzatura (plastiche e rifiuti di ogni genere); materiali biodegradabili (animali in decomposizione) e materiali cancerogeni (eternit).

Uno sfracello? No, la situazione gode anche di un certo ordine. È ammirevole infatti la decisione di depositare decine di copertoni nelle vecchie strutture seminterrate del “Tiro a piattello”.

Segno che, pur nella necessità, resiste il gusto estetico.

E arriverà la vegetazione, alta e rigogliosa, che camufferà la spazzatura.

E arriverà il fuoco che brucerà la vegetazione che camufferà la spazzatura.

E arriverà la fiumara che spegnerà il fuoco che brucerà la vegetazione che camufferà la spazzatura.

E, infine, torneranno gli zingari con i copertoni… 

Il Comune di Africo apre le porte a quindici studenti dell’Euclide di Bova e del Mazzini di Locri

  • Published in Eventi

Con la legge 107 del 2015 è stato introdotto l'obbligo di Alternanza Scuola Lavoro per tutti gli alunni dell'ultimo triennio delle scuole secondarie di secondo grado nella misura di 200 ore nei licei e 400 ore negli istituti tecnici e professionali.

L’Alternanza Scuola Lavoro rappresenta un’importante opportunità formativa e orientativa per gli studenti, riferita al mondo del lavoro e delle professioni e ad una loro diretta conoscenza nella realtà del territorio. L’esperienza di tirocinio diviene occasione per riscontrare come tutte le discipline possano trovare applicazione concreta nell’esecuzione delle professioni e nelle procedure lavorative quotidiane.

Sono circa quindici gli studenti selezionati tra l’IIS Euclide di Bova marina e i Licei Mazzini di Locri ad aver chiesto di svolgere l’Alternanza presso gli uffici comunali di Africo. Una proposta che è stata accolta dagli amministratori e dai dipendenti con grande entusiasmo e che ha aiutato i ragazzi ad apprendere attraverso il fare - “learning by doing” – le regole legate alla gestione di pubblici uffici, oltre allo scambio e alla condivisione dei contenuti e delle conoscenze e alla messa a disposizione delle diverse abilità.

Saranno 60 le ore totali da svolgere all’interno degli uffici, gestite tramite turnazioni rigorosamente controllate dai tutor.

Il sindaco Francesco Bruzzaniti e il consigliere con delega alla Cultura Nunzio Zavettieri esprimono grande soddisfazione per questa nuova sinergia con gli Istituti superiori di Bova e di Locri, un ulteriore passo avanti della comunità africese.

a.i.

  • fb iconLog in with Facebook