Menu
In Aspromonte
Cinema: Il docufilm “Terra mia” da San Luca ad Altamura

Cinema: Il docufilm “Terra mia…

di Cosimo Sframeli - ...

Recovery: UeCoop, per 80% imprese Calabria aiuti solo fra un anno

Recovery: UeCoop, per 80% impr…

C’è un clima di sfiduc...

Bovalino: La Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, dott.ssa Racco, scrive alle autorità competenti in merito alla situazione scuola, al fine di evitare un sacrificio ingiusto ai bambini calabresi

Bovalino: La Garante per l’Inf…

La Garante per l’infan...

Coldiretti, nubifragio nel crotonese: «dopo la grande paura il bilancio dei danni sarà pesante»

Coldiretti, nubifragio nel cro…

I violento nubifragio ...

Coldiretti, in vigore l’etichetta Made in Italy per i salumi. La trasparenza che tonifica l’economia calabrese ed è valore aggiunto per i suinicoltori

Coldiretti, in vigore l’etiche…

Adesso non conviene ba...

Bovalino, conclusi i lavori di ampliamento della Scuola dell’Infanzia di Borgo e di riqualificazione con messa in sicurezza del plesso scolastico

Bovalino, conclusi i lavori di…

L’Amministrazione Comu...

Federaccia e AA.VV. Calabria sulla VINCA al Calendario Venatorio 2020-2021

Federaccia e AA.VV. Calabria s…

Reggio Calabria 2 nove...

Coldiretti Calabria, i cinghiali sono troppi: la Regione intervenga con piani di abbattimento selettivi

Coldiretti Calabria, i cinghia…

Ci sono troppi cinghia...

Artigiani e produttori insieme al Parco dell’Aspromonte ad Artigiano in Fiera

Artigiani e produttori insieme…

Oltre un milione di vi...

Nel Parco dell’Aspromonte vive una delle querce più vecchie del mondo

Nel Parco dell’Aspromonte vive…

Una Quercia di oltre 5...

Prev Next
Antonella Italiano

Antonella Italiano

:

A tutti coloro che sono capaci di amare…

Credo che sia il modo più bello di morire, quello che hai scelto tu. Chiudere gli occhi, raggomitolata nel calore del tuo corpo, e inseguire un sogno. O, almeno, mi illudo che lo sia, perché così mi raccontano, e perché a questa verità mi fa comodo credere

E rido mentre tento di immaginare il tuo paradiso: campi sterminati che non finirai mai di perlustrare, fonti d’acqua in cui giocherai, ma senza fare il bagno, e magari qualche osso che un buon padre ti porgerà.

E quei bigotti che credono non ci sia posto per te, incapaci di amore ma con un rosario in mano, io inviterei all’essenziale; perché è nella semplicità della tua vita l’essenza della vita stessa. Una semplicità in cui hanno pescato le più grandi icone di tutti i tempi, quelle da loro stessi venerate e mai comprese.

No, io non credo che tu non abbia un’anima, riconosciuta anche ai farabutti più incalliti, ma delle questioni teologiche oggi me ne frego; d’altronde so per certo che hai avuto un cuore, perché ha scandito ogni attimo della tua vita a quattro zampe, sempre troppo breve per me che, da te, ero stata scelta per accompagnarla.

E rido se conto il numero di tutte queste parole, quanto a te sarebbe bastata la mia mano contro il muso per essere felice. Non sapevi neanche leggere… e non è detto che sia stata una sfortuna.

Scrivo non per condividere un dolore, o per ridere di esso prima che lo facciano altri. Un dolore è incondivisibile, necessario e intimo. E chi lo deride è incapace di amore.

Scrivo affinché chi legge trovi un po’ di tempo, e che lo faccia subito, per allungare la mano ad altri esseri meravigliosi come te; e magari decida, in questa bella giornata di sole, di lasciare tutto per mezz’ora e portarli a spasso.

Scrivo per riportare la misura della vita alla vita stessa. All’importanza della tutela dell’ambiente in cui viviamo e non dei partiti politici, all’importanza dell’amore e dei rapporti semplici, con gli uomini così come con gli altri essere viventi, all’importanza di contenere i tempi di ogni discussione, per finalizzarla a obiettivi utili e non a sterili diatribe.

Voglio ridere di cuore, mentre ti penso scorrazzare libera o tormentare qualche coniglio, e mi impongo di credere che la terra non sia un peso per te, ma un passaggio naturale.

E ti sono accanto, rincorrendoti nel tuo stesso sogno, mentre dal nostro mare, così ampio e soleggiato, arriva un messaggio alla vita che è più forte della tristezza.

Lo raccoglierò a modo mio, secondo le mie possibilità, piangendo e ridendo, perché così è giusto.

Spero solo di trovarci, oggi, tutti coloro che sono capaci di amare e tante piccole grandi Diana come te. Di vederle correre sulla spiaggia, scavare nella terra, spaventarsi delle onde, abbaiare ai passanti. 

E far disperare e imprecare i padroni che si sono scelte. 

417184 3468397026548 182384489 n-172x300

Bianco, torrente Rizzo. Sversamenti di fogna in mare (video e foto)

In questi giorni numerose segnalazioni sono giunte al consigliere autonomo Antonio Pratticò (ex delegato all’Ambiente dell’Amministrazione Canturi, oggi dimissionario dalla maggioranza) di un grave problema di igiene pubblica che affligge la zona nord del lungomare di Bianco: sversamenti di reflui urbani nel torrente Rizzo e successivo sversamento a mare.

Il consigliere autonomo, questa mattina alle 9.00 e dopo aver verificato l’attendibilità delle segnalazioni, ha avvisato le autorità competenti, chiedendo l’intervento d’urgenza della Capitaneria di Porto.

Il problema è aggravato dalla mancanza di cartelli con divieto di balneazione, nel torrente Rizzo così come nelle altre cinque zone interdette di Bianco, per un totale di 2 chilometri di costa. Numerosi cittadini, infatti, all’oscuro dei divieti (perché assenti a ridosso delle aree a rischio) continuano a frequentare le spiagge normalmente.

Ci auguriamo che si intervenga subito per sanare il problema all’origine (anche l’aria nei pressi del Rizzo è irrespirabile) e che si effettuino le analisi delle acque per confermare nelle zone definite “non a rischio” l’effettiva balneabilità.

Le immagini (e il video sotto) sono state scattate meno di un’ora fa.

Africo: la Fiera dinnanzi alla Commissione Straordinaria

  • Published in Eventi

Si possono fare convegni, manifestazioni, incontri sportivi o culturali: gli africoti non ascolteranno. Li si può rimproverare di ogni azione fatta, indicando loro la strada della “legalità”, ma se è la stessa di tante associazioni antimafia a scopo di lucro, con la promessa della redenzione e del perdono divino, gli africoti non ascolteranno.

L’unico modo per arrivare alle orecchie e al cuore di questo popolo è provare a comprenderlo, spostando l’indice dal suo petto al cielo, bestemmiando la fame che l’ha visto prigioniero fino a cinquant’anni fa, e la forma, ostentata nelle case e sulle vie pubbliche, che tutt’oggi stenta a lasciare il passo alla libertà.

 

Ci arriveranno, gli africoti, agli obiettivi più ambiti, essendo abituati come pochi alle salite impervie; e sceglieranno di indossare una camicia bianca, la stessa con cui il presidente Bombino si è mostrato in piazza San Salvatore. Ma non sia più la scelta secolare tra la fame e il malaffare, e quella linea che divide i due mondi, demarcata con forza dal Presidente, non sia un muro invalicabile in cemento armato, ma lavoro e opportunità.

 

Se lo Stato comprenderà cosa ha nel cuore Africo, Africo ascolterà; e deciderà quale strada scegliere – come è giusto – per libero arbitrio e non per bisogno.

 

Sulla piazza, antistante la chiesa, i bambini si inseguivano a flotta, gli anziani se ne stavano in fila sulle panchine, e le donne chiacchieravano animatamente all’ombra degli stand. Come fosse il giorno della festa patronale.

 

Nel frattempo giungevano dalla provincia le autorità invitate per l’occasione; il prefetto, le forze dell’ordine, professori e politici di ogni dove, per sancire un 15 luglio divenuto una tacca nella storia: la rinascita di Africo antica. Un annullo filatelico, fortemente voluto dalla Commissione straordinaria, è il ricordo che la cittadina condividerà con il mondo. Sulle cartoline, realizzate dall’Accademia delle Belle arti di Reggio, squarci del vecchio borgo; le tappe che ogni africoto porta nel passo fin da bambino: il frantoio, la chiesetta di San Leo, i sentieri sterrati, le ginestre spinose.

 

Ci vuole stomaco per scommettere su Africo; stomaco, intraprendenza e coraggio. E l’ardire di garantire la mansuetudine di un popolo ribelle e mai domato, che solo i cataclismi hanno piegato e mai gli uomini. E la follia di farlo, guardando la fiera negli occhi, fino ad allungarle la mano.

 

Ecco cosa è successo questo 15 luglio. Si è reso pubblico un accordo di programma che permetterà all’Ente Parco, all’Università Mediterranea e al Comune di ricostruire il paese montano danneggiato strutturalmente dall’alluvione del ‘51, e mai esistito come coscienza di popolo, mai vissuto come paradiso e casa, piuttosto subìto per malattie e povertà. Centinaia di bimbi falciati dalle privazioni sono il patrimonio di sangue che le mamme hanno lasciato alla terra, vessazioni che i vari governi hanno fomentato dimenticando Africo e la sua gente, fino a fare diventare quel sangue la quotidianità. E gli africoti incapaci di piangere i loro stessi figli. Così avvezzi alla morte e al dolore, che anche la morte e il dolore sono diventati, per Africo, la quotidianità.

 

Questo raccontano i vecchi, questo scrisse Saverio Strati, rappresentato dal sindaco di Sant’Agata, Domenico Stranieri, e contro questo lottò Zanotti Bianco, il cui messaggio è affidato alla presidente di Italia Nostra, Angela Martino, e al regista Giovanni Scarfò, ideatore del docufilm “Le rovine del mezzogiorno d’Italia.”

 

Si è parlato di imprese e di lavoro, con Nino Marcianò, presidente di Confesercenti Calabria, e di cultura e associazioni, con il professore Gianni Curatola. E l’Ente Parco, che ad Africo ha chiesto un grande sforzo in termini di territorio, si impegna il 15 luglio, in piazza, a restituirle tanto in termini di opportunità.

 

Del pregiudizio, che offende e condanna gli africoti, non è immune la Commissione straordinaria; spesso osteggiata dalla politica e dal territorio, o rallentata da iter burocratici e da osservanze imposte dal Ministero, necessari per garantire il rispetto della Costituzione, quindi della Legge.

 

Commissione straordinaria e cittadini: facce in antitesi dello stesso pregiudizio. Volutamente tenute distanti per evitare quello che il 15 luglio ad Africo è avvenuto.

 

La fiera che non morde la mano a chi la allunga con coraggio, e sguardi che si scambiano anni di storie avverse, uguali e contrarie nel dramma. Lo zero che torna in paese per riportare tutto all’origine, l’annullo che convalida di aver pagato il debito.

 

Della commissaria Tancredi, donna intrepida, in piedi a guardare la fiera al centro della scena, io voglio conservare un unico ricordo: lei, in ginocchio, in un angolo sperduto di montagna, con le mani giunte in segno di preghiera. Ognuno interpreta a modo suo; il mio è romantico e inattuale.

 

Immagino volesse ringraziare Dio per tanta bellezza, espressa attraverso il peso, dunque il segno, che un luogo lascia nell’anima del visitatore. E bestemmiarlo per il dolore immenso, che qui ha scorso come un fiume in piena: i colori improvvisi della primavera, nel silenzio di Africo, nero come la morte.

 

 

 

 

Siderno: Pino Macrì ricostruisce il mistero della Dea Persefone di Locri

Venerdì sera, al Circolo Culturale L’Ariete, a Siderno (v. Gramsci, 17), Pino Macrì presenta la sua ultima fatica letteraria: Sulle tracce di Persefone, due volte rapita.

Si tratta di un libro-inchiesta che, sulla base di un corposo corredo documentario quasi totalmente inedito, ricostruisce tanto le fasi franco-tedesche della vendita (illegale) del capolavoro assoluto dell’arte antica, quanto alcuni fondamentali aspetti del trafugamento dell’opera dal suolo locrese. E facciamo riferimento a Locri, perché, pur mancando tuttora la prova definitiva, la “pistola fumante”, le circostanze analizzate nel libro sono talmente tante che è quasi impossibile, adesso, affermare il contrario: in realtà, la trattazione è articolata in due parti: si va dalla letterale demolizione di tutte quelle prove che, in maniera molto superficiale, hanno sinora purtroppo indotto in grave errore molti esperti del settore, attribuendo alla città di Taranto il luogo del ritrovamento, alla presentazione di numerosissime prove (tutte circostanziali, in verità) che rendono, però, del tutto convincente le ormai celebri rivelazioni rese dall’anziano Giovanni Giovinazzo, esattamente cinquant’anni fa, nel corso di una memorabile conferenza stampa organizzata dal compianto Prof. Incorpora.

Su tutte, peraltro, il decreto di archiviazione del Giudice Scuteri, che, nel chiudere l’inchiesta per identificare eventuali autori del trafugamento, in concorso con l’acclarato responsabile Vincenzo Scannapieco, dopo aver valutato il fascicolo delle “prove” tarantine, ritenne, al contrario che, al di là di qualsiasi dubbio, la statua di Dea in Trono conservata al Museo di Berlino altri non era se non la c.d. Persefone trafugata da Locri!

L’interesse della serata, comunque, travalica la pura e semplice presentazione di un libro, per quanto meritorie e/o degne di attenzione possano essere le rivelazioni di Macrì: non è un caso se il Sindaco di Siderno, On. Pietro Fuda, ha assicurato la propria presenza: è fortemente auspicabile, infatti, che, in tempi di sconvolgimento dell’assetto amministrativo del territorio dell’ormai defunta Provincia di Reggio, inglobato nella straripante presenza della Città Metropolitana, una delle poche alternative di autonomia gestionale rimaste al territorio della Locride sia in quell’idea di Distretto Culturale e Turistico che proprio Fuda propugnò appena qualche mese fa in un seguitissimo convegno appositamente organizzato dal Lyon in quel di Siderno. In quest’ottica, proprio la vicenda del trafugamento della meravigliosa statua può fungere da collante e simbolo di una rinascita del territorio attraverso una lotta senza quartiere per il ritorno del capolavoro nella sua sede naturale: la Locride!

Potrebbe anche apparire, questa, una battaglia con poche speranze di riuscita: in molti, soprattutto fra i ”tarantinisti” (come definisce Macrì, con un azzeccato neologismo, tutti quelli che, ancorchè calabresi, si sono schierati e si schierano tanto per l’origine tarantina della statua quanto per la presunta legittimità del suo acquisto da parte del potentissimo Altes Museum berlinese, per il tramite, addirittura, del Kaiser Guglielmo II) la ritengono tale.

Non noi, che, con Macrì, siamo convinti che una forte battaglia politica possa anche avere il sopravvento, se condotta in maniera opportuna, sulle ragioni dello stretto tecnicismo giudiziario, che prevede, in ogni caso, la sopravvenuta prescrizione per il reato di acquisizione illecita di un bene del patrimonio storico nazionale: davvero la Germania non batterebbe neanche un grammo di ciglio se fosse messa con le spalle al muro attraverso un’inoppugnabile dimostrazione di un illecito commesso? Certo, è possibile: ma non è proprio la politica l’unica arte in grado di rendere possibile l’impossibile (o presunto tale)?

deapersefonelocri-doc

  • fb iconLog in with Facebook