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Antonella Italiano

Antonella Italiano

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Ospedale di Locri. Massimo Scura: «Forse i politici vorrebbero gestire loro le assunzioni...»

Il prossimo lunedì 26 giugno, presso il palazzo della Cultura di Locri, i sindaci della Locride guidati dal presidente di AssoComuni, Rosario Rocca, incontreranno il direttore generale dell'Asp di Reggio Calabria, Giacomino Brancati.

L’iniziativa – come riportato nel comunicato stampa - “è finalizzata a riportare l'attenzione delle Istituzioni sulla grave crisi che, ormai da tempo, ha messo in ginocchio l'ospedale di Locri e il sistema sanitario della Locride”.

All’incontro sono stati invitati i vertici della Regione Calabria, della Città metropolitana di Reggio, la Diocesi di Locri-Gerace e le sigle sindacali.

Non sarà presente, invece, Massimo Scura – commissario ad acta della Sanità calabrese - che in questi anni si è battuto per far assumere il personale necessario alle aziende ospedaliere e alle Asp.

A lui, rivolgiamo qualche domanda.

Per quanto riguarda l’ospedale di Locri, nel 2015, proprio lei Commissario ha firmato numerosi Decreti di assunzione. Potrebbe spiegarci i motivi per cui non sono mai stati applicati dai direttori dell’Asp di Reggio succedutisi in questi due anni.

«I commissari che si sono succeduti, proprio perché commissari e quindi precari non hanno mosso paglia. Oggi finalmente c'è un dg che ha una programmazione di tre anni davanti a sé. Quanto al Dca 50 del 13/03/2017 non pubblicato dal dirigente Fatarella e la cui pubblicazione al Burc è stata vietata anche a me (ho presentato due esposti alla procura per presunta omissione di atti d'ufficio) alcuni dg hanno comunque assunto. Altri non hanno avuto il coraggio, tra questi Brancati.

È inutile sottolineare che, in assenza di una norma diversa, che non esiste, il decreto 50 anche se firmato solo dal commissari è perfettamente valido».

Nell’ultimo decreto (il Dca 50/2017, appunto) a firma del Commissario (il cui stralcio alleghiamo nella galleria in basso) erano state previste ben 16 assunzioni per l’ospedale di Locri. E, nei decreti che Scura in questi anni ha cercato di fare applicare, le assunzioni per tutta la Calabria sarebbero state centinaia.

In un primo decreto (quello del 2015, numero 87) Scura previde - solo per le aziende ospedaliere reggine - l’assunzione di 30 infermieri a tempo determinato.

Con il Dca 55/2016, per l’Asp di Reggio Calabria, previde l’assunzione di 96 unità tra dirigenti medici, fisioterapisti, infermieri, O.S.S. e tecnici di radiologia; e altre 71 assunzioni per le aziende ospedaliere della nostra provincia.

Nel Dca 54/2016 previde l’assunzione di personale al reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Locri (1 dirigente medico e 5 ostetriche), e altre ancora con il Dca 134 del 20/12/2016.

Assunzioni che non sono mai state avviate, o completate solo parzialmente, e che trovano continui "ostacoli" nelle Asp e nel sistema politico regionale, come lui stesso spiega.

Chi e perché, Commissario, ha disatteso le sue direttive? La Politica in questa circostanza l’ha supportata?

«Chi ha disatteso è detto sopra. Perché andrebbe domandato loro. Forse la politica avrebbe voluto assumere lei le 592 unità del DCA 50. Vi ricordate la posizione del Presidente e del Consiglio regionale contro le 616 assunzioni autorizzate con il DCA 134 del 20/12/2016?».

Il governatore, qualche mese fa infatti, esordì sulla stampa definendo "tali provvedimenti privi di idonea motivazione in ordine ai bisogni di salute dei cittadini calabresi".

Bovalino. A Bosco Sant'Ippolito uno dei 18 siti più inquinati della Regione Calabria (VIDEO)

Quasi un anno fa la testata “in Aspromonte”, supportata dai media nazionali, denunciò i copiosi sversamenti di fogna nella fiumara Careri, in quantità tali da pregiudicare la balneabilità di tutta la costa bovalinese, persino nella stagione attuale.

Ma, oltre ai reflui fognari, il Careri presentava una problematica importante: le ingenti quantità di rifiuti solidi che intasavano il letto alla foce, per tutta la sua estensione.

È una storia lunga quella della località “Scinà”, sita “nel Comune di Bovalino a 2 chilometri dal mar Ionio, a 500 metri dall’abitato di Mastro Massera e a 700 metri dall’abitato di Bosco Sant’Ippolito”. Una storia di inciviltà e di politica assente, di finanziamenti misteriosamente scomparsi o annunciati e mai arrivati, di incompetenze amministrative di cui paghiamo il prezzo a distanza di molti anni.

Ci arriviamo nel primo pomeriggio a Scinà, dopo aver percorso la provinciale fino a Bosco Sant’Ippolito, da lì svoltiamo per l’ex campo sportivo (una struttura in totale abbandono) e proseguiamo fin alla fine della strada: al confine con il Careri.

Quello che troviamo è sorpredente: tonnellate e tonnellate di rifiuti abbancati sul lato sinistro della fiumara. Una montagna dilaniata ai fianchi, ad ogni piena, che vomita veleni sulle spiagge bovalinesi.

Il sito di Scinà fu individuato dalla Regione Calabria (già dal 2012) come tra i 18 più ad alto rischio inquinamento, e per la sua bonifica fu proposto un finanziamento di 5,4 milioni di euro.

Scrissi, proprio nella primavera del 2012, un articolo per il settimanale la Riviera, che riporto per intero:

L'opposizione sta perdendo colpi. É evidente se le rimostranze verso il sindaco Mittiga si accendono per avere rinviato il consiglio di “ben” tre giorni, da martedì 20 marzo a venerdì  23 marzo. “Un gesto di grave irriverenza politica ed istituzionale” secondo la minoranza. Imperdonabile.

Così l'opposizione si spende in comunicati stampa, apostrofando “l'atteggiamento” del Sindaco come “caratteristico di chi è erroneamente convinto che, con la cosa pubblica e gli interessi della comunità, si possa indecorosamente continuare a giocare”. E, ancora, definendo il rinvio “un maldestro tentativo per distogliere l'attenzione della stampa, dei consiglieri di opposizione e dei cittadini dai veri problemi della comunità, al fine di  dirottarla verso polemiche tra la stessa”.

Ma dov'era Tommaso Mittiga quel famoso martedì? Sembra che il “maldestro” sindaco e i suoi “maldestri” assessori, Delfino e Ferrò, si siano recati all'incontro a Palazzo Alemanni, organizzato dalla Regione, per parlare di bonifica dei siti ad alto rischio. Il Comune di Bovalino, dunque, è stato convocato dal presidente della Giunta Regionale, Giuseppe Scopelliti, insieme ad altri 17 comuni calabresi. Dichiara l'assessore Pugliano nell'incontro tenutosi a Catanzaro: «Parte finalmente in Calabria l'attività di bonifica del territorio per disinquinare e ridare in uso ai calabresi spazi che non mettano a rischio la salute dei cittadini. Abbiamo voluto far condividere, ai Comuni interessati, gli interventi messi in campo dalla Regione sui 18 siti ad alto rischio, con l'utilizzo di 400 mila euro recuperati dal bilancio regionale per consentire l'adeguamento dei progetti del decreto legislativo 163/2006 e, quindi, rendere appaltabili i lavori».

Il sindaco Mittiga, nel suo intervento, ha evidenziato la necessità di creare una cabina di regia, coordinata da Gualtieri, direttore generale dell'ambiente, con il compito di seguire le amministrazioni comunali nel percorso di finanziamento: dalla progettazione alle procedure di appalto, fino alle esecuzioni delle opere. La proposta del Sindaco bovalinese ha trovato il consenso dell'assessore Pugliano, di Gualtieri e degli altri comuni, e ha ottenuto il finanziamento per la bonifica del torrente Bonamico e del torrente Careri, un finanziamento di 5,4 milioni di euro. Checché ne pensi l'opposizione, alla causa pubblica questo “maldestro” rinvio del Consiglio non ha potuto che giovare.

L’amministrazione era all’epoca guidata dal sindaco Tommaso Mittiga e, proprio all’opposizione, stava l’attuale sindaco bovalinese Vincenzo Maesano, che siamo certi saprà darci esaustive e rapide spiegazioni sull'esito di questi incontri in Regione; perchè sul “Piano operativo generale di interventi per la bonifica dei siti inquinati - Piano stralcio siti ad alto rischio” la situazione di Bovalino risultava allarmante già da allora (nella galleria in basso gli stralci del documento).

Che fine hanno fatto, dunque, questi 5,4 milioni di euro?

Sono mai stati finanziati dalla Regione Calabria al Comune di Bovalino?

Se si, come mai non sono stati ancora impiegati per la bonifica del sito, che inquina le spiagge bovalinesi ad ogni pioggia?

Se no, a causa di chi sono stati persi? Cosa fece, scrisse o disse - all'epoca dei fatti - l'opposizione?

La bonifica della località Scinà, inoltre, non figura nel “programma amministrativo” dell’attuale amministrazione, quindi non sarebbe stata giudicata "urgente", o tra le azioni politiche prioritarie per Bovalino; ignorata pur conoscendo bene il Sindaco (dapprima consigliere di maggioranza, poi passato all’opposizione) la gravità della situazione di Bosco sant’Ippolito, azione che non può intendersi certo come normale manutenzioni dei torrenti.

Ci auguriamo di avere presto delle risposte.

Editoriale. Quel chiosco a Campo Calabro in cui si insegna il sogno dell'Anarchia

di Antonella Italiano - Bonzo abita in un mondo tutto suo, fatto da un chioschetto da cui sforna calzoni, piadine, patate, e persino qualche piatto di pasta; cinque o sei tavoli all’aperto; una manciata di metri quadri sotto un albero, che protegge da foglie e uccelli con una rete stesa sotto i rami, e un gruppo di ragazzi che dal primo pomeriggio richiamano la sua attenzione: Bonzo le carte, Bonzo una birra, Bonzo cambiami i soldi.

E Bonzo sorride, a volte li apostrofa, li invita a servirsi da soli quasi che il conto non sia il suo. Vive in questa simbiosi col paese, immaginando così tutto il resto del mondo...

Bonzo si accosta con garbo ad ogni generazione, all’anziano come al bambino, e regala un saluto ad ogni classe sociale, persino al prete se si trova a passare, e coltiva sogni di libertà e uguaglianza anche ora che non è più un ragazzo. Lo fa per se stesso, per la sua ideologia, e persino per i concittadini che vedono in lui un pezzo di storia mai finita. Perché tutti conoscono il Bonzo, ma solo i più grandi sanno chi sia stato, e ancora in meno sono capaci di associare un volto alla nomea che ha accompagnato, per contro, e in tutta Italia, le sue proteste e le persecuzioni subite. Persino noi finiamo per sbagliare e restiamo un po’ spiazzati, quando, giunti a Campo Calabro, chiediamo di indicarcelo all’uomo dietro il banco del chioschetto. Facile, sono io il Bonzo! E prende svelto un sacchetto di noccioline e qualche birra, ci fa accomodare al tavolino dove l’amico Pino già ci aspetta da un pezzo, sbriga qualche altra faccenda e si siede accanto a noi.

Bonzo veste una maglia bianca e grembiule, in eterno servizio della gente, che dal suo osservatorio sulla piazza del paese ascolta, osserva, consiglia. Vive in mezzo ad essa, totalmente. Poteva essere diverso, forse? Sarebbe stato reale, altrimenti? All’improvviso ci apre le porte del suo mondo, e ci fa sentire così ad un passo dalla vita, e così lontani da essa, che si tinge di surreale quell’incontro.

Sugli alberi gli uccelli fanno un chiasso assordante, i ragazzi vanno e vengono dal chiosco, si sente l’odore della terra e dell’autunno, si sente il fresco dell’imbrunire, e le parole che scorrono chiare e autoritarie ci trasportano nel tempo, nei luoghi, nel sangue, in ciò che da giovani avremmo voluto essere, negli anni in cui avremmo pagato ogni prezzo per l’idea.

Bonzo, capace di riaccendere e far ardere un concetto, attira come un altare sacrificale. Come lui, ci diciamo, sarebbe giusto vivere. Ma lui è unico, nella sua straordinaria, visibile, coerenza. E vive la sua scelta con impegno, sacrifico, buon senso e intelligenza.

Il pensiero, che in molti vantano di coltivare, si riscontra nella forma, nello stile e nei discorsi. Niente è un caso. In un mondo che si trasforma, Bonzo però non è rigido, o sarebbe fine a se stesso il suo vivere, e il pensiero morirebbe, perché troppo vecchio, stantio difronte al cambiamento. Per questo è capace di rimodellare i concetti in base alle esigenze, ai tempi e alla gente. E parla liberamente, e ci offre il suo aiuto, e neanche ci pensa a chiedere quale sia il nostro colore politico.

Quando giunge il momento, è triste salutarlo, aprire la porta del suo mondo e uscire con la stessa leggerezza dell’arrivo. Perché lui, circondato dai giovani e da qualche amico, resta lì, a combattere una battaglia ideale contro la corruzione e l’ignoranza del sistema che tutto governa; e lo fa in quel modo, vivendo a gusto suo, sfuggendo alle regole e ai comportamenti che la società invece impone continuamente al popolo.

Ci sentiamo di tradirlo, andandocene; ci promettiamo di provare a comprenderlo, una volta a casa. Ed è quando tiriamo le somme che focalizziamo quanto, nonostante gli acciacchi, egli somigli ancora a quel ragazzo che, negli anni Sessanta, capeggiò la protesta reggina, e che pagò col carcere e con le percosse ogni scelta. Un’epoca in cui per essere diversi ci voleva stomaco e coraggio. E non pensate, se passate a trovarlo dal suo chiosco a Campo Calabro, che egli desideri altro; egli ha già raggiunto ciò a cui ambiva: la libertà, l’uguaglianza, e l’acume per difenderle.

Bonzo è un anarchico, nella vita e nel pensiero. E, in quell’angolo di piazza che cura come fosse un giardino, compie ogni giorno la sua rivoluzione.

La riflessione. "E come un flusso arriva quella voce..."

Alla fine è tutto un flusso, in cui scorrono le nostre vite, diverse, distanti, in questa notte che lascia il passo al sole.

È un flusso a decretare insidioso la disfatta e la vittoria di un uomo. Legale, illegale, imposto, voluto, improvviso, studiato.  Cosciente.

Perché è un flusso persino il giudizio, ma troppo labile negli animi accecati dall’odio, da essere dimenticato già dal primo mattino. Ed è un flusso il cuore, a cui non si possono comandare gli affetti, né il buon senso, in cui imperano più o meno alla pari cattiverie e bontà; perché è a metà che semina il suo campo un uomo - se è un buon contadino - dividendo il raccolto tra la bella e la brutta stagione.

E questi, che urlano nel silenzio, sono gli spazi conquistati da bambini; angoli che hanno un po’ della nostra vita, ma attaccati al cuore come zecche, e così soffocanti da costringerci al ritorno. Continuamente.

Potrebbero mai bastare due sole mani per stringere tutto questo mondo, tra la via Garibaldi e il Corso Umberto? potrebbero mai dei desideri  arroganti, villani, contenere tutta questa vita? mentre corre oltre il mare,così libera, e ritorna. Tutte le volte che vuole. Tutte le volte che può.

E questo, che trema ad ogni evento, è il tempo di un uomo; insindacabile e sempre mal speso, almeno al giudizio di ognuno. Esso appartiene alla terra, di cui è vento, odore e ricordo. Terra svenduta e barattata. Proprietà privata che non appartiene a nessuno, se non a se stessa.

Come un flusso arriva quella voce che riporta il pensiero alla mia bambina. Un calore improvviso, inaspettato, e poi il ricordo del mare e della corsa sotto il sole verso l’altalena. La mia bambina è il mio curriculum. E, a giudicare dal sudore, anche il suo.  Assoluzione dai peccati ed espiazione delle pene, assieme.

C’è un dolore, un amore, più grande? Ci sono scuole più importanti di una vita che diventa altra vita?

Eccomi, dunque, sono qua.

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